Comitato Territoriale

Bergamo

Sì ai diritti. "Bergamo contro l'omofobia" con la Uisp

La deriva omofoba della Russia è sotto gli occhi di tutti. L’ambigua legge anti-gay promulgata da Putin vieta infatti alle associazioni e ai singoli individui di “fare propaganda LGBT”: in poche parole, se sei una donna lesbica, un ragazzo gay o una persona trans e vivi in Russia, devi chiuderti in casa, vivere clandestinamente la tua vita e i tuoi amori, abbandonare per sempre l’idea di costruire una famiglia con la persona che ami e sperare di sopravvivere all’omofobia dei tuoi concittadini. Numerosi infatti sono i gruppi organizzati sorti in seguito all’approvazione della legge anti-gay (se ne contano ben 455, fonte Espresso) – come ad esempio la violenta Occupy Pedofilyaj – che adescano giovani ragazzi gay e ragazze lesbiche per poi torturarli, umiliarli e postare video e foto su internet. Ragazzini ricoperti di urina, criminali nazisti che seviziano con bottiglie, botte e soprusi di ogni genere dei minorenni solo perché gay o vestiti in modo “troppo omosessuale”. Ed è questa la ragione per cui i capi di stato delle nazioni più influenti del mondo, tra cui Cameron, Obama, Merkel e Hollande hanno deciso di non presenziare all’inaugurazione dei giochi olimpici invernali di Sochi. Laddove i diritti umani vengono negati e brutalmente calpestati attraverso leggi liberticide che incentivano la diffusione della violenza fondata sull’odio categorizzato, la politica europea e statunitense ha risposto con il boicottaggio e una presa di posizione fortissima a favore dei diritti umani. Quella che dall’Italia non è arrivata (e che forse non ci si aspettava nemmeno). Se, infatti, Obama ha inviato due delegate dichiaratamente lesbiche in sua rappresentanza, Caitlin Cahow e Billie Jean King, gli atleti tedeschi indossano una divisa arcobaleno che simboleggia la bandiera del movimento LGBT, la Norvegia è stata rappresentata da un suo ministro apertamente gay accompagnato ai giochi dal marito, la Svezia ha organizzato un commovente flash mob per i diritti all’interno dello stadio di Stoccolma, il Canada ha diffuso un video ironico a difesa degli atleti LGBT, Google e The Guardian hanno colorato la loro intestazione di arcobaleno, il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon si è prodigato in un fantastico e dettagliato discorso contro l’omofobia e la snowboarder lesbica olandese Maas mostra il suo guanto rainbow alle telecamere di tutto il mondo, Letta decide di non fare niente. O meglio, qualcosa fa: presenzia ugualmente all’inaugurazione dei giochi, rilasciando un paio di dichiarazioni in merito all’importanza dei rapporti diplomatici tra Russia e Italia, a discapito dei diritti umani. D’altronde, con la Russia, ci accomuna una certa omofobia di stato, in quanto il nostro Parlamento non è ancora stato in grado di votare una legge valida contro l’omofobia. Nonostante le cose siano messe peggio in Russia, molti attivisti non demordono e tra manganellate, pestaggi e incarcerazioni portano avanti una battaglia coraggiosa, che potrebbe costare loro non solo la libertà, ma anche la vita. La visibilità è la loro arma: nonostante sia illegale, gli attivsti LGBT continuano a scendere in piazza e a fare informazione, correndo rischi altissimi. E la domanda che ci poniamo noi è proprio questa: cosa stiamo aspettando in Italia? E’ necessario attendere condizioni estreme per prendere coscienza dei diritti che ci spettano? A maggior ragione è nostro dovere manifestare, partecipare attivamente alla rivendicazione LGBT, smettere di nascondersi dietro la paura del giudizio altrui: dobbiamo esserci per noi stessi, per gli amici russi e per chiunque altro non ha la possibilità di scendere in piazza perché rischia la pena di morte, come in Iran.

In questo senso, l’associazione Bergamo contro l’omofobia cerca sempre di fare il suo piccolo, nel tentativo di sensibilizzare i cittadini in merito alle tematiche legate alla discriminazione omofoba nello sport. Da ormai quattro anni organizziamo un torneo di calcio in collaborazione con la UISP di Bergamo, evento che coinvolge squadre maschili e femminili provenienti da tutta Italia. Da qualche anno a questa parte, inoltre, sono stati numerosi i coming out di atleti provenienti da tutto il mondo, a partire dal basket fino ad arrivare al calcio. Ma non in Italia. Ma non in Russia. Eppure di fronte ai suicidi di giovani omosessuali, a leggi discriminatorie e all’assenza o addirittura alla privazione di diritti civili fondamentali bisognerebbe rispondere proprio così, con la propria visibilità, con la propria quotidianità. Perché l’omofobia non è più una questione privata, è un dato pubblico e come tale va affrontato, mettendo in gioco, nel vero senso della parola, le nostre vite private. Noi ci auguriamo che Sochi 2014 non sia soltanto un’olimpiade macchiata di sangue e discriminazioni, ma l’occasione in cui l’Europa e il resto del mondo possano continuare a far valere la loro posizione a difesa dei diritti LGBT, isolando il conservatorismo ortodosso russo e portando infine il Cremlino a rivedere le sue posizioni omofobe, liberticide e profondamente discriminatorie. Per questo anche Bergamo contro l’omofobia aderisce pienamente all’appello lanciato da UISP.  

 

 

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