Quale educazione fisica. E come?

di Massimo Davi - responsabile della formazione Uisp Emilia-Romagna

BOLOGNA - Quando Alex Corlazzoli afferma che i "professionisti" delle scienze motorie e sportive vengono utilizzati solo nella scuola secondaria e alle superiori, afferma il vero. Forse siamo il paese nell'Unione europea in cui l'attività motoria e sportiva nella scuola primaria ha subito più maltrattamenti. Andamento altalenante negli anni (e nei governi): prima sì, ma con le società sportive e su progetto specifico; poi con il diritto allo studio (progressivamente ridotto nelle sue risorse); poi fuori tutti; poi si è pensato che bastasse da sé l'attività extra-scolastica e quindi sparizione globale della possibilità; poi si potrebbe fare ma solo con insegnanti interni e via di seguito.

Personalmente credo che alla base di un tale approccio ci sia una sostanziale incompetenza, con conseguente sottovalutazione della materia, sul tema delle attività motorie e sportive. E mi verrebbe da allargare i confini, la sottovalutazione non è solo riferita all'ambito scolastico ma più in generale prima filosofico, poi culturale e dunque metodologico-didattico. Insomma la ricchezza dell'educazione motoria è nota (e a volte nemmeno) solo agli addetti ai lavori. Loro sono i portatori di una consapevolezza che lega l'importanza della materia all'esigenza di professionalità. Questo anche di fronte a un documento con cui l'Unione europea traccia le proprie raccomandazioni in merito alle azioni e alle politiche a sostegno di un'attività "motoria" che sia in grado di prevenire e allontanare l'eventuale venir meno della salute e, di conseguenza, favorevole alla acquisizione e al mantenimento di forme di benessere.

Proprio perché muoversi è bello, gli intrecci legati all'importanza delle attività motorie come materia scolastica - oltre che all'ambito educativo si pensi alla modalità di trasmissione di valori e di cultura, agli aspetti della salute, alla qualità degli ambienti urbani (il riferimento alle città camminabili) e all'ambiente in generale (attività in ambiente naturale), alla presenza di servizi, alla mobilità turistica (si pensi solo all'uso della bicicletta) - ci segnalano come il movimento ci accompagni ovunque e per tutta la vita. Ovunque, ma non a scuola! Pare.

Tanto per cominciare ogni scuola dovrebbe avere una palestra; o meglio ogni scuola dovrebbe essere una palestra, intendendo per palestra sia il suo significato classico di luogo per l'attività motoria, sia quello di luogo in cui diviene possibile imparare, sperimentare, fare esperienza. Un laboratorio permanente per tutti, in cui la modalità dell'apprendere si confronti con la verifica degli apprendimenti. Le emozioni e il rapporto con le motivazioni assumono, in questa chiave, un'importanza strategica anche nell'individuazione di quel luogo, laddove la pratica viene condotta. In questa chiave e con questo plusvalore l'attenzione alla professionalità dei "magister" assume un'importanza determinante, tale da continuare a far ipotizzare, da parte di molti addetti ai lavori, la necessità di inserire un laureato in scienze motorie e sportive nella scuola primaria. Insomma, un professionista da utilizzare non solo come docente, ma anche come possibile formatore di maestri e maestre, perché come afferma Corlazzoli far fare "ginnastica" ai bambini è cosa alquanto delicata.