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Emilia-Romagna

Verso una wellbeing society?

Questo il titolo del seminario promosso dalla Uisp e dall'Università di Bologna che si è tenuto lunedì 9 marzo nel dipartimento di Scienze dell'educazione del capoluogo emiliano-romagnolo

di Fabrizio Pompei


BOLOGNA - Sport, attività motoria e benessere nel mondo contemporaneo. Per discutere di questi temi, lunedì 9 marzo, nell'aula magna del dipartimento di Scienze dell'educazione, a Bologna, la Uisp e l'università Alma mater hanno organizzato il seminario "Verso una wellbeing society?". Punto di partenza del seminario è stato il libro "Questioni di ben-essere" (Franco Angeli, Milano 2013) scritto da Giovanna Russo, docente di sociologia dello sport e della comunicazione dell'ateneo bolognese. "Parlando di wellbeing - spiega - si ricade inevitabilmente anche sull'altra faccia della medaglia: lo sport, infatti, costituisce un'importante chiave di lettura dei tanti aspetti di malessere della nostra società contemporanea".

In che modo l'attività motoria può diventare sinonimo di disagio?
"Occorre tenere presente che la cultura del benessere corre il rischio di degenerare in fenomeni come quello del doping o della sport addicition: una vera e propria dipendenza. Del resto lo sport, oggi, occupa spazi che originariamente non gli erano propri sostituendo, in parte, la religione, la politica, l'impegno sociale. A mio giudizio, questa tendenza non è soltanto il frutto di una moda passeggera ma la risposta a un vuoto lasciato da chi ha fallito su altri terreni".

A cosa si deve questo fenomeno, per cui lo sport è stato caricato di significati ulteriori rispetto a quelli che gli erano sempre stati attribuiti?
"Con il passaggio dalla società moderna alla postmodernità abbiamo perso i nostri ancoraggi a determinati valori. Lo sport, l'attività motoria, l'attenzione alla salute sono divenuti una specie di nuova religione laica. È la risposta di questo momento".

Non crede che affidare allo sport questo compito possa costituire una deriva "pericolosa", tanto per i valori di cui si fa carico, quanto per lo sport stesso?
"Da sociologa non dovrei giudicare ma limitarmi a studiare un determinato fenomeno. Tuttavia credo che questa nuova accezione di sport abbia una reale valenza etica. Negli anni Settanta per wellbeing society si intendeva solo benessere materiale. Oggi, invece, non ci si limita più allo 'star bene' fisicamente: aderire a un'iniziativa sportiva consapevolmente significa condividere regole di vita. Lo si può fare da tifosi, andando allo stadio civilmente, o partecipando in prima persona a manifestazioni che promuovono, insieme all'attività fisica, il rispetto dell'ambiente. In questo modo lo sport diventa un luogo per educare alla civiltà e alla cittadinanza".

Questo genere di sport "civico" non appartiene però solo a una piccola minoranza della popolazione?
"Quasi un terzo degli italiani fa sport e lo fa con un obiettivo grande e importante come quello della salute. Anche se solo una nicchia guarda all'attività fisica anche come strumento per regole di vita civili e di benessere generale e collettivo, il numero di 'sportivi consapevoli' si sta allargando. Se fossi un investitore punterei su questo settore".

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