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La politica sportiva ai Mondiali Antirazzisti

Il 3 luglio, nella festa Uisp di Castelfranco Emilia (MO), Damiano Tommasi, Cécile Kyenge Kashetu e Renzo Ulivieri hanno discusso insieme ad altri ospiti del futuro di un calcio che appare sempre più in crisi

Il dibattito nella Piazza Antirazzista di Bosco Albergati, a Castelfranco Emilia (MO)della redazione Uisp

CASTELFRANCO EMILIA (MO) - "Diamo un calcio a questo calcio": è stato questo il titolo del dibattito con il quale si è conclusa la terza giornata dei Mondiali Antirazzisti Uisp, in corso di svolgimento a Castelfranco Emilia (Mo) sino a domenica 5 luglio. Hanno partecipato all'incontro vari rappresentanti del mondo del calcio, dell'associazionismo sportivo, del giornalismo e della politica. Che futuro ha questo calcio? Esiste ancora il calcio dei valori? "Gli aspetti economici del calcio - ha detto Damiano Tommasi, presidente Associazione italiana calciatori - rappresentano il binario sbagliato per prendere delle decisioni. Gestire lo sport solo con riferimento al modello aziendale fa perdere di vista gli aspetti fondamentali di rispetto, passione ed integrazione".

"Il controllo del rispetto dei principi come quello della correttezza - ha detto Renzo Ulivieri, presidente Assoallenatori - non dovrebbe essere una responsabilità specifica del Coni ma dovrebbe coinvolgere le istituzioni e la politica in maniera diretta, senza deleghe". All'ex allenatore del Bologna ha fatto eco Cecile Kyenge Kashetu: "La politica - ha affermato l’europarlamentare - ha una grande responsabilità: è necessario un approccio al mondo del calcio che valorizzi le differenze. Nulla come il calcio permette di far interagire culture diverse attraverso un linguaggio universale. C'è già uno strumento che va in questa direzione: si tratta dei Mondiali Antirazzisti, un modello da esportare".

"Se il calcio è il riflesso della società non siamo messi bene - ha detto Vincenzo Manco, presidente Uisp -. Come ripartire? La Uisp fa cinque proposte: riconquistare le radici popolari del calcio, riequilibrare le risorse a disposizione, affermare la trasparenza come metodo condiviso, sancire una nuova definizione di sport che attualmente è ferma al 1942, data di costituzione del Coni. Infine il governo chieda la verifica dei risultati raggiunti dai vari soggetti sportivi coinvolti".

"Il calcio viene visto come un fenomeno lontano - ha affermato Carlo Paris, direttore Rai Sport - ed è diventato troppo esasperato. Anche per i giornalisti esistono barriere per entrare in contatto con la vita reale dei calciatori". Da dove ripartire dunque? Da scuola e valori educativi. Matteo Marani, direttore del Guerin Sportivo, ha rilanciato la dignità del calcio come etica di un racconto capace di trasmettere valori e interesse. "Oggi questo tipo di cultura fondante è stata soffocata da interessi meramente economici. La Uisp ha presentato l'esperienza del Calciastorie: rapportarsi direttamente alle storie dei calciatori di serie A e degli altri sportivi per recuperare i valori dell'integrazione attraverso i loro racconti di vita. Questo significa che la responsabilità di allenatori ed educatori è molto alta, dai campi di serie A sino a quelli di periferia".

Un appello a superare le discriminazioni è arrivato anche da Katia Serra, ex nazionale di calcio e responsabile femminile dell'Aic: "Ci sono ancora problemi di accesso alla pratica sportiva per le donne e stereotipi da superare nel calcio. Serve l'impegno di tutti per abbattere i pregiudizi. Denigrare un bambino perché viene superato da una bambina significa trasmettergli un preconcetto sbagliato".

"C'è un potere narrativo nel calcio e in una palla che rotola che prescinde dal livello professionistico o sociale di una qualsiasi partita - ha affermato Luca Di Bartolomei, giornalista e responsabile sport del Pd -. Dagli anni Ottanta a oggi il calcio ha visto un incremento delle barriere tra calciatori e tifosi e questa distanza non è stata colmata nel tempo da un miglioramento delle infrastrutture e dei servizi. Da questo obiettivo occorre ripartire per rifondare il calcio". Tra gli ospiti anche Massimo Paganin, ex calciatore di Inter e Bologna: "Nel momento in cui un calciatore ha passione per il calcio è impensabile che possa fare quello che non si dovrebbe: vendere le partite. Se siamo arrivati a questo punto è perché si sono persi i valori morali e il senso di responsabilità".

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