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Vi racconto la mia piccola storia

Attore, docente di arti drammatiche ed ex militare dei corpi speciali siriani: Orwa Kulthoum, rifugiato siriano, in questi giorni è a Bologna al Terra di tutti film festival con il suo ultimo film. Ma non può più tornare in patria

di Yuri Calabrese


BOLOGNA
- Momento di grande commozione la mattina dell'11 ottobre quando, alla conferenza stampa di presentazione del "Terra di tutti film festival", tenutasi al cinema Lumière di Bologna, è intervenuto l'attore siriano Orwa Kulthoum, protagonista del documentario "Echoes of the shadows" della regista libanese Dima Al-Joundi. Il film verrà proiettato al festival sabato 15 ottobre e tratta delle vita di tre artisti siriani che vivono in Libano, connesse attraverso l'arte, la nostalgia e l'incertezza del ritorno alla terra d'origine.

"Vi racconto una mia piccola storia". Ha introdotto così il suo racconto Orwa. Un uomo di trentasei anni, ex militare dei corpi speciali, artista, attore ma anche docente di arti drammatiche in Siria: da lì è dovuto fuggire, andando in Libano. Perché "già nel 2006 - spiega - avevo avuto problemi di censura per uno spettacolo e per le mie prese di posizione contro il regime. Quando nel 2012 è arrivata la chiamata alle armi, mi sono rifiutato di combattere per Bashar al Assad e sono scappato. Sono un disertore".

In seguito in Libano ha partecipato ad una web serie dal titolo "Speranza". La serie narra la storia di tre famiglie a Damasco durante la guerra, denunciando varie problematiche, tra cui quella dei ragazzi obbligati a diventare combattenti ed è proprio questa la parte di Orwa.  Probabilmente la partecipazione alla web serie è una delle cause per cui due sere fa, all'aeroporto di Beirut, gli è stato vidimato il passaporto con un timbro che gli impedisce di rientrare in Libano. Se ci provasse la conseguenza è una: il rimpatrio in Siria, dove verrebbe immediatamente richiamato alle armi, finendo a combattere per il regime.

È scappato perché è un artista che racconta ciò che vede e lo racconta senza dire bugie. "Dalla frontiera della Siria alla frontiera del Libano c'era tantissima gente - narra Orwa - e un viaggio che sarebbe dovuto durare solo un'ora e mezza è durato otto ore. Ho visto bambini che piangevano perché avevano bisogno di acqua e cibo e persone che stavano scappando a piedi, senza macchina. In quel momento ho promesso a me stesso che avrei detto sempre la verità su ciò che vedo". Ora è in Italia e non può tornare indietro. Ha un visto di una sola settimana, come invitato per la partecipazione al "Terra di tutti film festival".

I direttori artistici dell'iniziativa, Jonathan Ferramola di Cospe e Stefania Piccinelli di Gvc, hanno affermato di essersi già attivati per aiutare Orwa anche contattando un avvocato. E ora cosa fare? "È molto semplice - dice Orwa, quando gli si pone la domanda sul cosa farà nel futuro - devo continuare a portare il mio messaggio e continuare ad essere forte com'ero prima e come cerco di essere sempre". Lui ora non può raggiungere i suoi cari, sono in Siria. Deve richiedere asilo qui, e lo considera un segno del destino essere proprio qui in Italia. Come afferma lui "Ci sarà un motivo".

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