Comitato Regionale

Emilia-Romagna

Le pulci di mare

Un romanzo di formazione aggrappato al villaggio Anic di Ravenna, il quartiere degli operai del petrolchimico Eni. Recensione al graphic novel "Morti di sonno" di Davide Reviati

Il villaggio Anic, il mondo in cui cresce tra industria e pallone il protagonista Koplerdi Vittorio Martone


ATTACCAMENTO e dipendenza. Sono le prime due parole che mi vengono in mente dopo aver letto il graphic novel "Morti di sonno" del ravennate Davide Reviati (Coconino Press. Bologna, 2011 - seconda edizione. pp. 350 - € 17). Forse contribuisce all'evocazione di questi due termini il fatto che la storia si apra con un'immagine del mare di Ravenna, di due ragazzini che ci si tuffano dentro per uscirne ricoperti di "pulci di mare", prima che l'inquadratura si allarghi e mostri sullo sfondo, accanto alla costa, uno stabilimento industriale che riempie l'aria di fumi. Immagini che affianco sono commentate dalla scrittura incerta e sgrammaticata di un bambino che, nel primo tema settembrino alla riapertura della scuola, racconta la propria estate.

Le partite di pallone in notturna tra i bambini del villaggio Anic di RavennaIn questo romanzo a fumetti, differentemente dallo sgrammaticato protagonista - che ha il nome di Rino e il soprannome di Kopler -, Reviati si distingue per la qualità della narrazione e dei disegni, con un tratto a china fatto di grovigli di linee, quasi scarabocchiate, che riempiono e compongono sia gli ambienti che le figure umane. Figure quasi primitive nelle linee del corpo e rese con grande dinamismo nelle tante scene di movimento. Infatti è proprio il movimento al centro della storia, visto che il più profondo legame tra Kopler e i suoi amici ruota attorno alle interminabili partite di pallone che si giocano nei molti spazi verdi del cosiddetto "villaggio Anic", quartiere voluto dal presidente dell'Eni Enrico Mattei per gli operai dello stabilimento dell'Azienda nazionale idrogenazione combustibili situato poco fuori Ravenna.

Kopler si immagina in groppa al cane a sei zampe, simbolo dell'EniLa passione per il calcio - giocato e seguito come spettatori - accompagna tutta la crescita di Kopler e dei suoi compagni all'ombra del petrolchimico dell'Eni. Il polo industriale, anche quando non fisicamente in scena, è sempre presente: aleggia sul villaggio con i suoi fumi, con i pericoli di fughe tossiche, con la puzza del torrente Badarino - ma sarebbe meglio dire canale di scolo - che fisicamente e simbolicamente separa l'Anic dal centro di Ravenna. Kopler e i suoi amici - gente di periferia, rifiutati dai cittadini - sono ossessivamente attaccati a questo posto - anche loro come delle pulci di mare - che è stato costruito per ospitarli come un mondo a se stante e che prefigura già un futuro di operai dello stabilimento. Il loro destino è segnato (come quello del protagonista della canzone "The river" di Bruce Springsteen) già dalle origini e il fiume è simbolo di questo cammino già tracciato. E per rimanere in termini di suggestioni musicali, il romanzo "Morti di sonno" serve anche a scoprire un'Emilia-Romagna diversa da quella del "modello sociale", fatta di inquinamento e desolazione come quella raccontata dal ferrarese Vasco Brondi nell'album "Le luci della centrale elettrica".

Il petrolchimico dell'Eni, con le sue leggende e i suoi operai leggendariQuesta inusuale Ravenna - che in realtà con il calcio ha un altro legame che passa per le coltivazioni intensive di tappeto erboso per i campi da gioco - non è solo la città del re barbaro Teodorico (che Kopler e i suoi amici sentono vicino a loro e che addirittura sognano di incontrare nei pressi del mausoleo, non a caso simbolo di permanenza e attaccamento al luogo). Nel romanzo di Reviati la città romagnola si scopre molto più simile a una Bagnoli o a una Taranto, con gli operai che pur esposti alle intossicazioni sono pronti a difendere l'industria fino allo stremo. Così l'ineluttabilità e l'incombenza di questo destino e di questo legame accompagnano tutta la formazione di Kopler. In questo che a tutti gli effetti è possibile definire quindi come "Bildungsroman", appunto un romanzo di formazione, si sente un'altra incombenza mai accennata: l'eroina, che a Ravenna ha falcidiato più di una generazione e che puntualissima compare - senza la retorica del clamore - in una bellissima tavola a pagina 291.

I sogni di Kopler come giocatore della Spem, la Società polisportiva Enrico MatteiCon l'eroina arriva una cesura. Finisce il tempo dell'infanzia e quello dell'adolescenza e la parola passa a un Kopler vecchio, che è ostinatamente rimasto a Ravenna vedendo cambiare lo stabilimento nella nuova "Polimeri Europa", il villaggio Anic nel "quartiere San Giuseppe operaio" in cui il Badarino continua a scorrere ma di nascosto, interrato. Qui la voce narrante prende corpo - il corpo di Rino da adulto - e inevitabilmente perde forza. Nel finale c'è la parte più debole del romanzo: e non solo perché vengono meno la fantasia e la mobilità dirompente dei bambini, ma forse perché si azzera un po' la potenza narrativa, che infatti in chiusura lascia spazio al sogno (il processo di depotenziamento del racconto e del linguaggio mi ricorda quello di un bellissimo romanzo dell'ungherese Ágota Kristóf intitolato "Trilogia della città di K."). Il sogno conclusivo - con le rondini simbolo dell'infanzia trattenute in un gioco simbolo di spensieratezza - inneggia alla libertà. Innanzitutto alla libertà dal proprio luogo di appartenenza: come a ricordare che solo rinunciando all'attaccamento, solo nell'accettazione della perdita si può recuperare il passato.

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