Comitato Regionale

Emilia-Romagna

Coltiviamo lo spazio sociale!

Il percorso di risposte della Uisp dopo un ventennio di incertezze.

Foto di Matteo Angelinidi Vincenzo Manco

(editoriale da Area Uisp n. 12)

 

Sarebbe molto semplice parlare di ciò che sta accadendo nel paese proprio in questi giorni, di fronte al degrado politico, alla crisi sociale ed economica, alla deriva culturale. E magari fare un elenco delle responsabilità, delle scelte del governo su questi e tanti altri temi che riguardano la vita della nostra comunità nazionale. Scrivo proprio nel giorno in cui nel Parlamento si sta giocando una partita importantissima per il futuro di tutti, poiché ci sono le condizioni affinché si possa archiviare una lunga stagione che ha caratterizzato la scena politica ed istituzionale della nostra comunità nazionale. Sembra che stia per chiudersi quasi un altro ventennio: da tangentopoli ad oggi. Un periodo meno devastante di quello ben più famoso che precedette la seconda guerra mondiale ma comunque pericoloso per aver procurato danni sociali, economici, politici, culturali e morali al tessuto profondo del paese.

Il berlusconismo comincia a sgonfiarsi con la sua mediocrità culturale propinata attraverso la televisione ed i suoi modelli, attraverso una politica legata alla salvaguardia di se stesso dalla giustizia e accompagnata dall'idea di un individualismo sfrenato. Per anni ci hanno detto che occorreva archiviare tutte le categorie culturali del Novecento: eppure tutto è tornato ad essere merce. Dal corpo delle donne, a quello degli operai, dei precari, degli studenti, dei ricercatori e via via con tutto l'elenco.

L'esempio più fastidioso è l'atteggiamento di totale intolleranza che si è vissuto nel tempo verso tutti i corpi intermedi, le varie categorie sociali della concertazione, il Terzo Settore, lo stesso Parlamento. Tutti questi rappresentano luoghi, sedi in cui non solo il pensiero ma anche il corpo agisce, le persone lì si incontrano e per farlo usano, muovono, agiscono il proprio corpo. Si interloquisce invece con la moltitudine indistinta usando la mistificazione del popolo che ha votato e ha dato il proprio consenso. La si preferisce alla partecipazione democratica, cioè all'agire con il proprio corpo lo spazio della cosa pubblica. E la cosa pubblica, affermava Giacomo Ulivi, siamo noi stessi. Non posso, però, esimermi dal fare anche un passaggio critico circa le responsabilità delle forze progressiste in campo, poiché pur essendoci state difficoltà a volte oggettive abbiamo sofferto una posizione subalterna, a volte sfociata in berlusconismo di sinistra.

Penso, però, che sia arrivato il momento di pensare a un nuovo umanesimo. L'uomo, la donna, le persone con le loro diversità di pensiero, di corpo, di culture, di credo religioso, di orientamenti sessuali vanno rimesse al centro. Nel costruire percorsi in questa direzione credo sia necessario un nuovo patto sociale tra cittadini, corpi sociali ed istituzioni. In questa fase tutto il capitale umano deve essere aperto al confronto per trovare una via d'uscita al degrado morale, sociale e politico che stiamo vivendo. Per una rinnovata idea di welfare, poiché nella crisi in atto c'è il rischio di indietreggiare rispetto all'ampiezza dei diritti acquisiti. Penso qui ad esempio soprattutto alle donne che rischiano di essere sovraesposte e pagare le maggiori conseguenze sul terreno sociale ed economico.

Ma c'è bisogno di emancipare finalmente l'associazionismo sportivo e le società sportive diffuse su tutto il territorio verso un nuovo protagonismo sociale vero e riconosciuto. Da qui poi muovere i primi passi di una nuova pedagogia del corpo con cui rifondare un nuovo sistema di valori. Ho più volte sostenuto che l'associazionismo sportivo è presidio territoriale, è luogo di costruzione di legami sociali e di percorsi democratici. Poiché nell'associazionismo sportivo è naturale parlare e osservare delle regole di convivenza e di sviluppo del gioco e delle attività motorie. Perché l'associazionismo sportivo è protagonista del benessere individuale e collettivo, di una nuova idea delle città e degli spazi urbani, di un'idea diversa di sicurezza. Questo perché con l'associazionismo, e non solo quello sportivo aggiungerei, occupiamo e fruiamo lo spazio pubblico, lo agiamo con il movimento del nostro corpo. Noi della Uisp diciamo sempre che il primo ambiente è il corpo: rispettarlo vuol dire renderlo sicuro.

Nel nuovo patto sociale ritengo anche importante coltivare un esercizio di recupero della memoria e non credo occorra per questo inventarsi chissà quale percorso. Ce lo abbiamo già, scolpito nella Carta fondamentale della nostra Repubblica: la ostituzione! Basta schiacciare il tasto del rewind per riavvolgere il nastro della nostra memoria condivisa, per ritrovare le ragioni profonde di un popolo che ha saputo riscattarsi ed emanciparsi da una crudele dittatura e che per raggiungere quest'obiettivo ha intelligentemente condiviso strategie comuni in un quadro di forze in campo diverse tra loro per formazione politica, culturale e sociale.

L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro! Negli anni dopo tangentopoli è questo il fondamento che ha subito maggiormente gli effetti del riposizionamento delle forze conservatrici in campo. La dignità del lavoro è stata offuscata dai costanti messaggi del guadagno facile, dell'apparire insignificante ma efficace, dei "tronisti" che diventano attori senza alcun passaggio presso una scuola di recitazione, del declassamento dell'impegno e della conseguente valorizzazione dell'effimero.

Nel nuovo patto sociale che auspico mi piacerebbe osservare una forte inversione di tendenza che possa tornare a favorire la centralità del lavoro, dei lavori, di quella forza fisica ed intellettuale che le persone mettono a disposizione della crescita collettiva del paese. Questo deve tornare ad essere il tema del lavoro ed è quanto mai necessario che le forze politiche più vicine a questa idea indichino sempre di più delle prospettive chiare che permettano alle persone, uomini e donne, di poter tornare ad investire nel proprio futuro, in una dimensione di mondo dove il domani non sia causa di ansie e di angosce ma invece la legittima aspirazione a vedere affermati e soddisfatti i propri bisogni materiali ma anche, perché no, i propri sogni. Ken Loach ci direbbe: il pane e le rose.

Su questo fronte la Uisp gioca una partita importante: un'organizzazione complessa e articolata come la nostra, radicata sul territorio regionale e nazionale, è un'opportunità di lavoro per tantissime persone; è luogo per l'affermazione e l'emancipazione di diritti che dovrebbero trovare maggiore tutela e attenzione nell'agenda politica quotidiana. Di fronte alla crisi ed ai tagli lineari del governo che stanno subendo le Regioni e le amministrazioni locali, la Uisp vuole essere un partner della concertazione sociale per trovare soluzioni alte, di garanzia nell'erogazione dei servizi alla persona e non vittima di scelte sulle eventuali priorità che porterebbero a considerare la questione sportiva e la cultura del movimento come residuale rispetto alle garanzie sociali da fornire. Lo abbiamo sostenuto più volte: oggi la cultura del movimento, la realtà sportiva di base, lo sport sociale e di cittadinanza sono una delle chiavi di lettura attraverso le quali riconnettere il tessuto sociale, soprattutto sui temi più difficili e complicati dell'agenda sociale.

Dall'integrazione multiculturale alle aree del disagio nelle città metropolitane, dalle politiche di genere e dei generi alle pari opportunità, dall'inclusione sociale alla sostenibilità ambientale. Tutto ciò rappresenta il nostro patrimonio costruito in più di sessant'anni della nostra storia, che ha radici profonde, dalle società di mutuo soccorso al movimento operaio fino alla resistenza per arrivare poi ai nostri giorni. Certo, anche noi con le nostre contraddizioni e difficoltà, ma con la consapevolezza di aver costruito nel tempo una grande risorsa per il benessere individuale e collettivo delle comunità (anche internazionali) e del paese. Vogliamo approfittare proprio di questa crisi per dare segnali di valorizzazione di tutto questo come tratto identitario di chi voglia farsi interprete di un reale percorso riformista sia sotto l'aspetto sociale ma soprattutto culturale dell'intero paese? Pronti a costruire risposte!

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