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Emilia-Romagna

Media e migrazioni: come raccontare?

L’incontro del 12 ottobre, che anticipa il festival "Terra di tutti", ha visto ong e giornalisti confrontarsi sul ruolo dei media nella rappresentazione dei salvataggi nel Mediterraneo
di Francesco Mazzanti

BOLOGNA – "C'è stata superficialità nella narrazione mainstream delle migrazioni e dei salvataggi". È una sentenza netta quella con cui si è chiuso il dibattito Media&Migrations, tenutosi ieri, giovedì 12 ottobre, nella Sala Poeti del dipartimento di Scienze politiche dell'Università di Bologna. Un evento fortemente voluto dalla ong Gvc e che non casualmente è stato collocato in apertura del Terra di Tutti Film Festival, rassegna di cinema giunta alla sua undicesima edizione che ha al centro il racconto delle storie degli invisivibili.

Se di narrazione delle migrazioni si parla, il pensiero corre chiaramente al dibattito che ha animato i media nel corso dell'ultima estate, che ha visto le ong operanti nel Mediterraneo colpevolizzate al pari degli scafisti. "La maggioranza dei media – ha affermato nel corso del dibattito François Dumont, addetto stampa di Medici senza frontiere Italia – non si è concentrata sui fatti ma ha rilanciato le accuse. Noi abbiamo risposto portando i fatti al centro. Sono stati fondamentali Saviano e De Luca nel loro ruolo di opinion leader". Un atteggiamento da parte della maggior parte degli organi di stampa che, tra aprile e maggio, ha stravolto la reputazione dell'ong.

Da angeli del mare a scafisti, da eroi a trafficanti. Proprio per spiegare come sia potuta accadere una simile trasformazione nella percezione delle ong, Gvc ha voluto mettere intorno al tavolo giornalisti e operatori, per discutere sull'influenza dei mass media e sulla loro responsabilità nei confronti dell'opinione pubblica. Sono intervenuti il giornalista di La7 Andrea Casadio, la giornalista freelance Francesca Mannocchi collegata in video conferenza e il giornalista Mauro Sarti di Redattore Sociale a moderare il dibattito. Sul fronte delle ong, oltre al già citato Dumont, presenti Benedetta Collini, del team di ricerca e soccorso della nave Acquarius dell'ong SOS Mediterranée, e Michele Angioni, comandante dell'imbarcazione Astral di Proactiva open arms.

"Non è solo una questione umanitaria – ha dichiarato Collini – perché secondo varie leggi e convenzioni il soccorso in mare deve essere gratuito e obbligatorio". Una testimonianza ancor più siginificativa se si pensa alla storia di questa donna, che fino a un anno e mezzo fa studiava letteratura francese e ora ha scelto di stare in mezzo al mare a prestare soccorso. È lei che nel corso del dibattito racconta lo svolgimento dei salvataggi, dal primo contatto fino al lavoro in coperta dove si accolgono le persone che spesso hanno viaggiato "ammassati in duecento su imbarcazioni di 12 metri di lunghezza".

Anche il famoso codice di condotta sottoposto alle ong dal governo italiano, rifiutato a luglio da Msf, è stato oggetto di mistificazioni. "È una trovata mediatica che non ha peso giuridico – sottolinea Angioni della nave Astral – ma che è servita a criminalizzare i cattivi del momento". Molti volontari, al ritorno in Italia, soffrono il fatto di essere trattati come criminali. E nonostante il trattamento mediatico riservato a molti di loro, la presenza dei giornalisti a bordo continua a essere considerata fondamentale da Angioni: "Noi apriamo le porte a tutti e li integriamo nella vita della barca. Perché oggi se una cosa non viene raccontata è come se non fosse accaduta".

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