Comitato Regionale

Emilia-Romagna

Scusate se è poco!

La giocosa risposta della Uisp a insicurezza, crisi e xenofobia.

Foto di Matteo Angelinidi Vincenzo Manco

(editoriale da Area Uisp n. 11)


Si scrivono ancora fiumi d'inchiostro sulla pessima figura della nazionale di calcio ai mondiali sudafricani che non determina, almeno fino ad oggi, alcuno scossone nei palazzi romani dello sport. Segno dell'immobilismo in cui il paese si trova ormai da anni. Quindi le vuvuzela non suonano più, per quanto assordanti e fastidiose esse siano, per sostenere il tricolore italiano bensì per far sventolare i vessilli di altre nazioni semifinaliste come Germania, Olanda e Spagna. Ma come, caro presidente Abete, non ha detto che era in crisi tutto il calcio europeo e non solo quello degli italici confini? La verità sostanziale di tutto ciò che di recente accade nel panorama sportivo casalingo, a cominciare dalle recenti edizioni olimpiche, sta nella constatazione che il modello Coni vacilla. Si può dire che in casa Italia è da tempo che non si riesce più ad appendere medaglie o ad appoggiare trofei sui comodini. Se e quando ciò accade i titoli arrivano da atleti delle forze armate e non più da altri percorsi.

Cara Italia, basterebbe un po' più di umiltà! Sarebbe bastato assumersi la responsabilità (e la fatica?) di dover governare personaggi, non facili certo, come Balotelli o Cassano per darsi un barlume di speranza in più. Questo, per quanto mi riguarda, è il segnale da cogliere. Lippi, al di là dei suoi trascorsi meriti nei club e in nazionale si è fatto (involontariamente?) portavoce di un paese che non ha alcuna volontà di dare segnali di investimento nel futuro e soprattutto verso quella generazione che è difficile "da governare" ma che è in grado di sprigionare energie, linguaggi e competenze nuove. Si è scelto, invece, di intraprendere la strada più breve e più semplice: puntare sulle capacità salvifiche della vecchia guardia. Bene, i risultati sono sotto gli occhi di tutti!

Ma voltiamo pagina, quella descritta appartiene ormai alla storia e ci saranno fior fiori di commentatori e storici sportivi che scriveranno libri e giornali, pagine intere per dire quanto la Corea sia vicina o lontana e quant'altro. E se guardiamo alla pagina successiva, che cosa troviamo? Beh, troviamo i nostri Mondiali, quelli Antirazzisti: c'è la Uisp, c'è una visione del mondo (e non solo di quello sportivo) diversa, pronta a giocare la sua partita mettendo al bando le regole del fuorigioco e della presenza dell'arbitro. Perché in mezzo al campo preferiamo i mediatori culturali e giochiamo le nostre finali ai rigori; perché abbiamo la consapevolezza che la tensione agonistica non deve essere la misura con la quale si stabilisce chi vince e chi perde, almeno non la sola. I protagonisti sono gli ultras che vengono da ogni parte dell'Europa e del mondo, ma non solo. I nostri mondiali si sono aperti al territorio e hanno vissuto forme di "contaminazione" importanti e determinanti per la crescita numerica ma soprattutto culturale, che è la cosa che più ci interessa.

Tutti gli anni l'edizione si arricchisce di dibattiti, di confronti, di forme di condivisione autogestite e fortemente partecipate che permeano tutta la festa, gli stand, i bar, i ristoranti e non solo la "Piazza Antirazzista". In sostanza, un piccolo villaggio globale dove al centro mettiamo il tema dei diritti. In quel villaggio abbiamo a cuore gli italici destini e quelli internazionali e non quelli pallonari e basta. Venga la Lega Nord ad imparare come si costruiscono faticosamente le relazioni per produrre legami positivi tra popoli, culture ed etnie diverse.

La nostra storia, quella dei sessantadue anni della Uisp non è fatta di ipocrisia. Tutt'altro, la nostra cultura ci dice che il mondo deve essere fatto di accoglienza, di integrazione, di multiculturalità, di pluralismo. I nostri padri costituenti, anche quelli che hanno fatto la Uisp nel '48, ci hanno insegnato che la realtà va guardata in faccia se la si vuole modificare verso un costante progresso civile, sociale e politico-culturale dei popoli. Noi non ci nasconderemo mai di fronte alla complessità del mondo e non liquideremo mai il fenomeno delle migrazioni dei popoli con l'idea "ognuno padrone a casa propria". Tantomeno nasconderemo migranti in qualche capannone industriale per farli lavorare in condizioni di lavoro sottopagato per poi non permetter loro di sedersi sulle panchine dei salotti buoni delle nostre città.

Siamo la Uisp dei diritti, dell'accoglienza, stiamo dalla parte di chi sostiene che chi nasce in Italia è italiano e non si discute, perché non abbiamo paura di perdere la nostra identità se assume il significato di tenere insieme ciò che siamo oggi con un'idea di futuro che abbiamo in mente. Questa è la sintesi che va trovata per quanto ci riguarda. Diritti, ambiente, solidarietà: è questo il nostro Dna!

Da Pomigliano al Parlamento, l'idea che si vuole far passare è quella di un progressivo indebolimento della soglia dei diritti fondamentali. Di fronte alla crisi noi stiamo con gli operai e per la difesa del posto di lavoro, ma soprattutto della dignità del lavoro al quale occorrerebbe dare nuova centralità per riaprire una nuova stagione delle tutele e dei lavori in genere. Facciamo sentire, ogni giorno, il nostro sostegno in tutte le iniziative contro la cosiddetta legge bavaglio, a questo governo diciamo: intercettateci pure, le nostre partite, le nostre gare, le nostre grandi manifestazioni sportive non sono truccate. Ci sentirete parlare, invece, del famoso "terzo tempo", di quale sarà la trattoria di turno dove andremo a mangiare tutti insieme, vincitori e vinti, poiché la nostra storia e la nostra attività sportiva ci insegnano che c'è un bisogno estremo di rispetto, di riconoscimento delle diversità, di socialità che abbatte le solitudini che una società sempre più complessa necessariamente crea e spesso nasconde.

Nel carcere di Rebibbia si sono costituiti circoli Uisp, siamo entrati in uno dei luoghi deputati alla clausura per offrire spazi di libertà. Perché anche chi ha sbagliato e legittimamente deve scontare la sua pena non lo debba fare in uno stato di angoscia e di restrizione che minano la dignità umana bensì nell'ottica di una ricostruzione del proprio tratto morale proiettato verso il reinserimento sociale una volta riguadagnata la libertà.

Questa è l'idea di società civile che abbiamo, nella quale vogliamo crescere e verso la quale ci interessa spendere tutte le nostre energie per tenerla sempre pronta ad essere soggetto attivo di una nuova visione sussidiaria, soprattutto in questo periodo di crisi, laddove però la lettura non sia il surrogato di ciò che l'ente pubblico non sarà più in grado di fare ma legittimazione di un nuovo protagonismo integrato e consapevole.

Nadia Urbinati, in un'intervista rilasciata di recente, usa una metafora pallonara dicendo che sono ormai diventate tante le coppe del mondo che stiamo vedendo sfumare nel nostro paese, con un chiaro riferimento alle scelte dei tagli che questo governo prevede nella manovra finanziaria soprattutto nei settori scuola, università e istituzioni culturali. Mentre l'altra interessante notizia è che l'associazione dei contribuenti tedeschi ha rimproverato alla Merkel di essere andata in viaggio in Sudafrica per seguire la nazionale di calcio tedesca sostenendo dei costi a carico della comunità del tutto ingiustificati in questa particolare fase economica.

Proprio perché condivido sia la Urbinati sia la preoccupazione dei contribuenti tedeschi, li invito a venirci a trovare a Casalecchio di Reno, a vedere da vicino i Mondiali Antirazzisti della Uisp. Perché noi alziamo sempre una coppa al cielo e la preferita è quella che chiamiamo "Coppa degli invisibili", che diamo a quella squadra che per un qualunque motivo, spesso un diritto negato, non ha la possibilità di partecipare alla festa e di raggiungerci. E intanto, dall'altra parte, organizziamo il tutto mantenendo i prezzi a un livello molto popolare e l'ingresso alla festa e alle gare totalmente gratuito. È questa la nostra risposta concreta alla crisi dei valori e alla crisi economica. Scusate se è poco!

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