Comitato Regionale

Emilia-Romagna

Speranze alle nuove generazioni

Il risveglio associativo in un'Italia diversa, complicata e difficile.

Una manifestazione pro Palestina - Foto di Matteo Angelinidi Vincenzo Manco

(editoriale da Area Uisp n. 10)


Credo che, all'indomani del voto delle regionali, non ci sia stato un bel risveglio per un gran numero di italiani. Le elezioni hanno disegnato una situazione complessa, complicata e difficile. Il blocco delle forze di centrodestra sembrerebbe mostrare un potere formidabile destinato a non essere scalfito per chissà quanto tempo ancora. È la prima volta che avverto un senso di vera preoccupazione non tanto legato all'esito elettorale ma piuttosto alla deriva culturale verso la quale vedo avviarsi il paese. Non riesco più a comprendere da che cosa sia stato causato tutto questo torpore che non pone più le coscienze in grado di rendersi conto di tutto ciò che intorno a noi sta accadendo e che, pertanto, non permette l'elaborazione di un pensiero critico. Viviamo tempi difficili e il tema della crisi è presente sia nel dibattito pubblico che nei discorsi della gente comune. Molti indicatori sulla condizione del nostro paese, sul versante economico, sociale, culturale, sullo stato di salute delle stesse istituzioni democratiche, ci restituiscono la fotografia di un'Italia che regredisce. Ogni giorno i mezzi di informazione ci propongono una rappresentazione del paese che oscilla tra ottimismo e pessimismo, producendo nell'immaginario collettivo l'idea di una società stregata dall'illusione del successo a basso costo o peggio, battuta all'asta in chissà quale luogo sperduto del pianeta.

È, però, una dimensione lontana anni luce dalla realtà della vita quotidiana: si tratta di un'immagine confezionata per produrre percezioni sempre più funzionali al controllo sociale. Uno degli effetti di ciò che sostengo può essere sicuramente individuato nella percentuale altissima di astensionismo che riguarda un po' tutto il territorio dello stivale. Eppure, accanto a tutto questo, c'è un'altra fetta consistente del paese che prova a reagire all'indifferenza e alla sfiducia. Una fetta di gente comune, fuori dalle luci della ribalta, che produce esperienze collettive, vive e si muove nelle associazioni, nei gruppi di volontariato, nella cooperazione sociale e che rappresenta il tessuto più vitale della nostra società. Poiché sono quelle le persone che si battono per affermare i diritti e la legalità e che producono solidarietà e cura per l'ambiente.

Non mancherebbero quindi risorse per una vera reazione alla crisi, basterebbe che si facessero scelte chiare in direzione della redistribuzione delle ricchezze, delle politiche di sostegno al lavoro, dell'equità fiscale. E invece continua l'attacco ai diritti sociali e civili che assume sempre più le sembianze di una vera e propria persecuzione nei confronti dei migranti. Abbiamo, pertanto, bisogno di interrogarci tutti, per poterci opporre con forza a questa deriva. Ma anche interrogarci sul consenso che le forze di centrodestra continuano a riscuotere, sulle cause che hanno potuto cambiare così nel profondo i valori condivisi e il senso collettivo della nostra comunità.

Per restare in argomento, l'immigrazione sta modificando il volto delle nostre comunità. Toccherebbe pertanto alla politica, al mondo della cultura e dei media aiutare le persone a capire cosa stia succedendo e trovare le ragioni di una possibile convivenza. Invece chi ha in mano gli strumenti per orientare l'opinione pubblica ha scelto di assecondare le paure, accreditare l'idea dell'immigrazione come minaccia anziché darne una rappresentazione reale, con le sue criticità e potenzialità. Oggi siamo davvero di fronte al rischio di un nuovo razzismo diffuso che nasce dalle pulsioni della vita quotidiana, dagli episodi di cronaca enfatizzati ad arte, dall'ansia di una società in difficoltà che non trova risposte al proprio bisogno di sicurezza e cerca rassicurazione nell'arroccarsi sulla questione dell'identità. Questa reazione rispetto all'integrazione denota un fastidio crescente per la diversità che porta sempre più spesso a negare l'uguaglianza come principio fondante della nostra democrazia.

Vogliamo aggiungere a questo la campagna di aggressione che è stata ordita attraverso i media alla prima donna che è stata costretta a ricorrere all'uso della RU486, la pillola abortiva contro la quale i neo eletti presidenti regionali della Lega Nord si erano scagliati affermando che nelle rispettive regioni non se ne sarebbe fatto uso perché non avrebbero permesso i rifornimenti agli ospedali appartenenti a quei territori? Ancora una volta il corpo delle donne viene usato come merce sulla quale speculare per soli fini di propaganda, nel tentativo di aggraziarsi la fetta più conservatrice dell'elettorato cattolico. Per non parlare dei fatti di Adro, paese del bresciano in cui a dei bambini non è stato riconosciuto il sacrosanto diritto al cibo, a nutrirsi, solo perché i genitori non avevano ancora ottemperato ai loro obblighi di pagamento delle rette in presenza di serie difficoltà economiche. Basterebbe leggersi la bellissima lettera dell'imprenditore benefattore, intervenuto a saldare i conti di quelle famiglie nei confronti del comune, per capire che possiamo ancora avere speranza di fronte all'imbarbarimento che si respira nelle relazioni sociali. Aggiungo a questo elenco l'uscita del Cardinal Bertone: il Segretario di Stato Vaticano ha fatto un'affermazione pesantissima asserendo che molti sociologi e altrettanti psichiatri hanno dimostrato che non c'è una relazione tra celibato e pedofilia, mentre molti altri affermano che invece ci sarebbe una relazione tra pedofilia e omosessualità. Un'affermazione per niente supportata da dati scientifici, detta invece per colpire deliberatamente la vita e la dignità delle persone omosessuali.

Sono solo alcuni esempi di tanti episodi quotidiani che stanno minando lentamente la coesione dell'intera comunità nazionale. È questa la deriva che mi preoccupa, perché continuando a chiudere spazi di libertà delle persone e a limitare loro diritti fondamentali si rischia di far sedimentare sentimenti di aggressività. Il numero che pubblichiamo è proprio dedicato a questo tema, osservato da diverse angolature ed esaminato nelle svariate cause che la potrebbero determinare. Lo sport praticato e l'attività motoria sono un ottimo strumento per poter invece aprire legami di conoscenza tra diversi: di fronte ad un pallone in genere non c'è bisogno di sapere da che parte vieni, ma basta riporre degli zaini per terra e si comincia a giocare, si fanno le squadre senza il bisogno di porsi domande sulla diversità della lingua, del colore della pelle. Anzi, il punto è inseguire un pallone e provare a farlo passare attraverso lo spazio che è stato creato simulando le porte. È uno dei terreni di mediazione sociale formidabile: comprendere oggi questa importanza sarebbe sufficiente per spostare risorse da alcuni capitoli di bilancio ad altri che devono riguardare più la prevenzione, la pianificazione, una visione cioè lontana degli obiettivi e che tende a saldare il benessere individuale con quello sociale.

Mentre scrivo mi trovo a Gerusalemme, a poche centinaia di metri dal campo profughi palestinese di Shu'fat nel quale la Uisp ha organizzato quest'anno la prima edizione di Vivicittà in Palestina, la corsa per bambini che si terrà in contemporanea anche nei campi profughi di Libano e Siria. I ragazzi correranno insieme per promuovere i diritti dei minori rifugiati, per aprire i confini del campo all'opinione pubblica locale ed internazionale e, soprattutto, per trascorrere una giornata di festa e di sport. Lo spirito di Vivicittà è di offrire ai bambini la possibilità di partecipare alla gara come momento forte di aggregazione e di solidarietà. L'esperienza maturata in 27 anni di attività in questa corsa, che la Uisp organizza in Italia e nel mondo, mette in condizione migliaia di persone di correre contemporaneamente sotto l'insegna della solidarietà, dell'integrazione, dei diritti e dell'ambiente.

Invito tutti a venire in questi posti: probabilmente, anzi sicuramente, cambierebbero il loro modo di pensare e capirebbero che la solidarietà umana prima di tutto è la condizione che permette la pacifica convivenza dei popoli e delle comunità. Entrando nel campo, tra il frastuono del traffico e il senso di precarietà assoluta ho cominciato ad avvertire un vero e proprio sentimento d'angoscia, siamo entrati nella realtà quotidiana e non in quella nascosta dai giornali. Stare lì per qualche ora ti dà subito l'idea di quali possano essere le cause che possono scatenare aggressività. In tutto questo, però, un'immagine bellissima e nello stesso tempo toccante: ci sono tanti bambini in giro per le strade e sono bellissimi anche se sembra abbiano più anni della loro età. Diamo speranza alle nuove generazioni, a tutte nel mondo, creiamo davvero le condizioni nelle nostre coscienze per garantire a tutti una convivenza pacifica e prosperosa.

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