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Lombardia

Calcio e disagio psichico

 

 

Calcio e disagio psichico: la benefica normalità della fatica e del divertimento

 

La tavola rotonda del Quanta Village di Affori, a Milano (che ha preceduto il quadrangolare tra squadre di pazienti psichiatrici), ha dato voce a vari soggetti che gravitano attorno al mondo del calcio e del disagio mentale e pensano che lo sport sia uno strumento di crescita e riabilitazione. Una bella occasione per tutti per capitalizzare anche a livello di pensiero alcune intuizioni che l'attività sportiva fa invece mettere in pratica. In platea, oltre agli operatori, ai medici dei centri diurni e a qualche genitore, soprattutto i pazienti dei servizi psichiatrici.

Un genitore, un paziente-calciatore, un allenatore, uno psichiatra, il presidente di UISP Lombardia, moderati da un consulente pedagogico, si sono confrontati su alcune questioni relative al come sfruttare al meglio gli effetti dello sport e in particolare:

-l'allenatore deve tutelare i propri pazienti-giocatori da sforzi eccessivi o deve spingere perché si migliorino?

-il gruppo, inteso come compagni di squadra, allenatore, arbitro, avversari, pubblico, è un limite o uno stimolo per uno di questi ragazzi?

Il genitore ha raccontato in generale degli effetti positivi che partecipare alla squadra del centro ha prodotto in suo figlio, Umberto e Alessandro, giocatore e allenatore, hanno sottolineato l'importanza di migliorarsi attraverso gli allenamenti e le partite e di come questo sia possibile soltanto trattando i ragazzi senza troppe cautele e attenzioni alle fatiche individuali, "come dei giocatori normali" a cui va spiegato il giusto movimento tecnico e tattico e stimolandoli a correre.

"I ragazzi vanno motivati a far emergere le loro qualità" ha detto il dottor Biffi del dipartimento San Carlo. "L'altruismo, lo spirito di sacrificio, se l'allenatore sa tirarli fuori  permette ai ragazzi di star meglio nella vita", trovando quindi un nesso tra le risorse che si mettono in atto nello sport, in particolare in quello di squadra, e quelle che si impiegano nella vita di tutti i giorni.

Un accento diverso ha messo Paolo Della Tommasa presidente UISP Lombardia, che ha indicato tra le abilità principali dell'allenatore quella di conservare la dimensione del divertimento e del gioco all'interno delle sfide e in generale della competizione. "Voglio proporre nel nostro campionato una classifica del gradimento delle partite in base al divertimento", in contrapposizione all'ossessione per la vittoria cui si assiste in molte partite giovanili e a cui i genitori contribuiscono notevolmente con le loro esortazioni da bordo campo.

Il gruppo e le sue potenzialità sono stati al centro della maggior parte degli interventi.

"La tensione in gruppo si smorza" ha aggiunto Umberto, "e comunque è meglio confrontarsi con avversari forti, anche se ti intimoriscono, perché si impara di più".

"Creare un gruppo è l'obiettivo che ci siamo dati introducendo il ritiro estivo, il che ha comportato per i ragazzi lo staccarsi dalle famiglie e dalle abitudini. Ha funzionato, è stata una scommessa vinta" ha detto il mister Alessandro.

"Giocare con altri e contro altri ragazzi può generare ansia" sostiene il dottor Biffi, "così come affrontare una sconfitta e dover ripartire, sono occasioni per rafforzarsi su questi aspetti che la competizione offre". E su questa linea si è espresso nel suo secondo intervento anche il presidente regionale dell' UISP che ha sottolineato l'analogia tra regole sul campo da gioco e nella quotidianità, aggiungendo l'importanza che un allenatore-educatore sappia far trovar soddisfazione anche nelle sconfitte.

"Lo sport di squadra è anche un po' teatro, assegna a ognuno un ruolo e lo obbliga a delle responsabilità ben precise legate a quel ruolo, un ruolo anche al di fuori dal campo e comunque sociale", interviene un educatore dalla platea.

Sport metafora della vita e allenatore parente stretto dell'educatore, questo in sintesi il messaggio che esce dalla tavola rotonda e che i ragazzi si sono portati sul campo, dove in azione a quel punto entravano i loro corpi. Come a dire che dopo la teoria subentrava la pratica, fatta di essenzialità e rapidità, poco tempo per pensare, idee chiare e molto istinto per agire. Anche qui sta il segreto del successo dello sport come strumento di benessere e anche di apprendimento, nella sua semplicità e fisicità. Anche per chi è portatore di una sofferenza mentale.

Luca Franchini
consulente pedagogico (blog: http://allenareducare.blogspot.it/ )

 

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