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Lombardia

Fondi europei: è possibile utilizzarli più produttivamente?

Risponde Manco, Uisp: servono meno burocrazia e migliore valutazione dei progetti per garantire investimenti rivolti ai cittadini

Un mare di soldi che affoga in un mare di carta: “Fondi europei, il grande spreco da 7 miliardi”. Era questo il titolo-denuncia che campeggiava lunedì 7 luglio nella prima pagina del quotidiano La Repubblica. L’economista Tito Boeri presentava dati e commenti di una ricerca di Peretti e Teoldi, per conto della Voce.info, che hanno passato al setaccio i 504 mila progetti di formazione realizzati negli ultimi cinque anni. In conclusione quali sono i benefici? Ignoti, rispondono i ricercatori. In più ci sono da registrare gli eurofurti che dal 2003 ad oggi hanno raggiunto la cifra di un miliardo e duecento milioni, dice la Corte dei Conti.

Ergo: vale la pena che l’Italia spenda il doppio di quanto riceve dall’Europa? Ovvero, 16,5 miliardi nel 2012, di cui 2,9 per FSE e Fesr, cioè imprese e infrastrutture? C’è qualcosa di strutturale che non funziona nei Fondi europei visto che la Germania, prima della classe in tutto, riesce a spendere al massimo il 60-70% delle risorse a sua disposizione?
Boeri individua tre problemi: pesantissima burocrazia, assenza di valutazione ex post ed errata divisione dei compiti tra Stato e Regioni.
Il prossimo ciclo di programmazione dei fondi europei, quello che arriverà al 2020, prevede un volume di denaro che può arrivare ad 80 miliardi, tra finanziamenti e cofinanziamenti.

Qual è il punto di vista dell’Uisp sui fondi europei?
Risponde Vincenzo Manco, presidente nazionale Uisp:
“L’Uisp da una quindicina di anni elabora e gestisce progetti che hanno al centro lo sport come strumento di inclusione e coesione sociale. Presentiamo progetti selezionati, siamo molto attenti alla verifica e alla trasparenza nell’utilizzo dei fondi, coinvolgiamo direttamente la nostra rete associativa territoriale. Siamo interessati al loro andamento, in termini di efficacia ed efficienza, in quanto associazione di promozione sociale e sportiva e in quanto parte del terzo settore. Non a caso stiamo dedicando approfondimenti tematici a questo argomento, sia in quanto Uisp sia come Forum del terzo settore. Per questi motivi penso che i fondi europei siano un’occasione importante e da non perdere: il nostro Paese e il terzo settore devono imparare ad utilizzarli meglio e a verificare le ricadute del lavoro svolto. Questa è la strada”.

Come?
“I fondi europei dovrebbero essere un volano di buone pratiche, invece l’impressione è che diventino una continua rincorsa per evitare di non spenderli e rimandarli al mittente, cioè l’Europa stessa. Il risultato è che spesso si spende alla cieca senza una strategia. Nella programmazione 2007-2013 l’Italia ha speso meno del 60% dei fondi a disposizione. Ad oggi l’Italia deve spendere ancora il 41,5% ovvero circa 3 miliardi e abbiamo tempo sino alla fine del 2015”.

Quali sono i problemi maggiori da affrontare?
“Non c’è chiarezza normativa e amministrativa. Il nostro apparato burocratico ha difficoltà a stare dietro al complesso delle normative europee per rendicontare i fondi assegnati. L’Europa chiama l’Italia ad un maggiore controllo amministrativo. E questo dovrebbe essere interesse dell’Italia stessa, visto che è chiamata a cofinanziare i progetti. Il problema è che nessun progetto di questo ultimo periodo ha avuto una valutazione d’impatto rispetto alla ricaduta sul territorio. L’obiettivo di questi fondi è la crescita del Paese per questo è vitale valutarne l’impatto. La burocrazia europea è concentrata sui controlli nella fase precedente a quella dell’assegnazione dei fondi. La conseguenza è l’assenza di verifica ex post ed ha ragione Boeri a sottolinearlo”.

Che cosa può fare il terzo settore?
“Il terzo settore dovrebbe occuparsi più sistematicamente di aree che le sono proprie, come l’inclusione e il contrasto all’esclusione sociale. Occorre incentivare la realizzazione di reti ed evitare che vengano create strutture ad hoc ed imprese sociali mordi-e-fuggi, senza una certificata storia alle spalle e destinate a sparire al termine del progetto. Per il terzo settore sarebbe fondamentale avere azioni di accompagnamento rispetto alle tematiche che vengono promosse. I fondi sociali dovrebbero permettere la messa in rete delle competenze, progetti grossi e complessi che dovrebbero essere gestiti da reti pubbliche e del privato sociale per promuovere formazione e occupazione".

Quale ruolo potrebbe giocare l’Uisp per migliorare l’utilizzo dei fondi?
“Incentivare la progettazione su tematiche trasversali, come quella dell’ambiente e dell’inclusione sociale, in chiave sportiva, ad esempio ripensando e riprogettando l’impiantistica sportivaper finalità di sport sociale, più vicine ai bisogni di tutti i cittadini. Ad esempio se vai all’estero incontri cartelli che ti spiegano che un certo museo è stato costruito o ristrutturato seguendo determinati indirizzi sociali orientati proprio dall’utilizzo dei fondi europei. Ci aspettiamo che questo possa avvenire anche in Italia".

Che cosa chiede l’Uisp?
“Che l’Italia recepisca in fretta le linee guida dell’Europa sia a livello nazionale, sia regionale - conclude Manco - Linee guida chiare da parte del ministero del Lavoro e Affari sociali. Le Regioni devono attrezzarsi con esperti per dare linee guida chiare che rispondano alle necessità del territorio. Prima una selezione oculata dei progetti e al termine una valutazione analitica degli interventi, accompagnata da opportuni controlli e verifiche. All’Europa chiediamo di credere di più nello sport sociale e di destinare risorse specifiche. Un passo in avanti è stato fatto con Erasmus plus anche se riteniamo che grazie all’esperienza di questi anni sul terreno dell’inclusione sociale e della coesione lo sport può meritare una autonoma linea di intervento”. (I.M.)

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