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Lombardia

La nuova frontiera della salute: l'Uisp fa sul serio

L'Uisp lancia un doppio appuntamento, ad Orvieto (21 ottobre) e Roma (Move Congress, 22-24 ottobre). I numeri della sedentarietà

L'Uisp è impegnata sul versante della salute e degli stili di vita attivi con due iniziative che la vedranno protagonista tra il 21 e il 25 ottobre. Da Orvieto a Roma: si comincerà il 21 ottobre nella città umbra con il workshop nazionale "Stili di vita & salute" e si proseguirà nella capitale dal 22 al 25 con il Move Congress. Un passaggio di testimone che vedrà l'Uisp e i suoi dirigenti di tutta Italia in prima fila sui temi del diritto all'attività motoria e del benessere.

Il divario tra nord e sud d’Italia si rileva in molti aspetti, economici, sociali, culturali. Con il sistema PASSI (Progressi Aziende Sanitarie Per la Salute in Italia) dell’Istituto superiore di sanità, che monitora la popolazione che si rivolge alle aziende sanitarie locali relativamente ad alcune variabili, tra cui l’attività motoria, è stato verificato anche un gap relativo alla sedentarietà. Dopo l’approfondimento dedicato alla situazione del nord Italia, in occasione del primo workshop “Stili di vita & salute” organizzato dall’Uisp a Trento il 20 giugno scorso, ora andiamo a verificare la situazione al centro sud. Ci aiuta in questo lavoro il dott. Massimo Trinito, membro del gruppo tecnico nazionale PASSI, che interverrà al workshop Stili di vita & salute”.
“Lo scenario da tenere sempre presente è che la sedentarietà è causa di diverse patologie, dalle malattie cardiovascolari al diabete, ai tumori del seno e del colon. È comprovato che sia un comportamento che incide fortemente sulle condizioni di salute”, afferma Trinito.

Nello specifico cosa ci dicono i dati PASSI sul centro sud?
“Dai dati emerge come la distribuzione della sedentarietà gravi più al sud che al nord: il valore più alto è in Basilicata, il più basso nella provincia autonoma di Bolzano, fanno eccezione Molise e Sardegna, ma le altre regioni del centro-sud presentano tutte un livello di sedentarietà più alto della media nazionale. Nel 2013 mentre i sedentari al nord erano il 23,3%, al centro si arrivava al 27,6% e al sud addirittura al 39,8%. Questa disomogeneità di distribuzione dei sedentari è valida per il 2013, ma nell’analisi del trend dal 2008 al 2013 non si registra alcuna differenza significativa intervenuta in questi anni, il gap di 16 punti rimane stabile”.

“Per quanto riguarda la distribuzione tra fasce d’età o sesso, al centro la sedentarietà è associata con la maggiore età, sopra i 35 anni, infatti, è molto maggiore. Al sud, invece, è più omogeneo anche tra i ragazzi, solo sopra i 50 anni la sedentarietà diventa più importante, purtroppo non perchè prima si faccia più attività fisica, ma proprio perchè distribuita anche tra i giovani. Al centro le donne sono maggiormente sedentarie, mentre non c’è differenza al sud, dove uomini e donne sono sedentari alla stessa maniera. È importante notare che sia al centro che al sud la sedentarietà aumenta con la diminuzione del livello di istruzione e la crescita delle difficoltà economiche”.

Da dove partire, secondo lei, per invertire questa tendenza?
"Segnalo due aspetti della questione: la metà di chi è parzialmente attivo ritiene di fare attività sufficiente, questo evidenzia una non corretta percezione dell’attività motoria svolta e di quella necessaria. Su questo aspetto il medico di famiglia potrebbe svolgere un ruolo importante, perché è un punto di riferimento del cittadino ed è sempre ascoltato. Inoltre, Passi rileva che un intervistato su tre riferisce che un operatore sanitario si è interessato all’attività che svolge. Questa percentuale dovrebbe essere implementata e sarà oggetto di intervento da parte delle Aziende sanitarie locali”. (E.F.)

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