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Nuovi chiarimenti sul certificato penale per chi opera con minori

Certificato penale per chi opera con minori. Chiarimenti dal Ministero di Giustizia.

 

Primi chiarimenti in materia di certificato penale che “deve essere richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, al fine di verificare l'esistenza di condanne per taluno dei reati (NdR relativi allo sfruttamento sessuale dei minori) di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale), ovvero l'irrogazione di sanzioni interdittive all'esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori”.

La norma, si ricorda, è stata introdotta dall’articolo 2 del DLgs 39/2014, di recepimento della Direttiva 2011/93/UR ed il Ministero ha pubblicato sul proprio sito internet una Circolare, incentrata sulle procedure, una prima nota, relativa ai soggetti esonerati, ed infine una seconda nota legata alla tempistica in caso di nuova assunzione.

 

I soggetti esonerati.

Il Ministero di Giustizia chiarisce che “L’obbligo di tale adempimento sorge soltanto ove il soggetto che intenda avvalersi dell’opera di terzi – soggetto che può anche essere individuato in un ente o in un’associazione che svolga attività di volontariato, seppure in forma organizzata e non occasionale e sporadica – si appresti alla stipula di un contratto di lavoro; l’obbligo non sorge, invece, ove si avvalga di forme di collaborazione che non si strutturino all’interno di un definito rapporto di lavoro”. Ne consegue che non è da richiedere il certificato penale con riferimento a:

1. volontari;

2. percettori rimborsi spese forfettari di cui all’art.67, comma 1 lettera m) del TUIR (ossia i compensi sportivi erogati da associazioni e società sportive dilettantistiche nonché Federazioni, Enti di promozione sportiva, Disciplina associate ed i compensi erogati da bande, cori e filodrammatiche) in quanto non si configurano come rapporti di lavoro.

 

La procedura.

L’ufficio del casellario centrale sta operando sul sistema operativo per fornire al datore di lavoro il certificato penale con esclusivo riferimento ai reati indicati nella norma citata.

La norma autorizza il datore di lavoro/legale rappresentante dell’organizzazione a trattare dati giudiziari (quindi dati sensibili) limitatamente ai reati descritti, non a conoscere tutti gli eventuali precedenti penali del collaboratore e per acquisire il certificato penale sarà necessario esibire un modulo di prestazione del consenso da parte del diretto interessato.

Poiché oggi non è tecnicamente possibile fare una selezione dei reati, gli uffici locali forniranno al datore di lavoro l’attuale certificato penale del casellario giudiziale che è omnicomprensivo.

Il certificato quindi viene fornito dal casellario al datore di lavoro, non è il datore di lavoro che deve chiedere al collaboratore di recarsi in Tribunale per acquisire il documento e quindi consegnarlo all’ente. L’istanza viene inoltre presentata direttamente dal datore di lavoro in qualità di interessato (è lui per legge che è tenuto a richiederlo ed è lui che viene sanzionato nel caso in cui non lo abbia acquisito) e non con delega del collaboratore.

Il certificato del casellario giudiziale può essere chiesto a qualunque ufficio del casellario presso la Procura della Repubblica, indipendentemente dal luogo di nascita o di residenza dell’interessato o dalla sede legale dell’ente che rappresenta.

Il Ministero chiarisce inoltre che non devono essere bloccate le assunzioni: è sufficiente presentare l’istanza al casellario giudiziario e contestualmente acquisire dal diretto interessato una autocertificazione in merito all’insussistenza di tali precedenti penali.

 

I costi.

I costi sono quelli attualmente previsti dalla legge per il rilascio del certificato all’interessato, salvi i casi di esenzione dall’imposta di bollo, ossia: 1 marca da bollo da 16 euro; 1 marca per diritti da 7,08 euro se il certificato è richiesto con urgenza; 1 marca per diritti da 3,54 euro se il certificato è richiesto senza urgenza.

Se il casellario rilascerà un certificato per ogni collaboratore, bisognerà moltiplicare il costo delle marche da bollo per il numero dei collaboratori. Si auspica che in questo caso il documento sia unitario.

Sono fatte salve le ipotesi di esenzione dalla marca da bollo che, con riferimento agli enti associativi, sono previste per:

1) gli “atti, documenti, istanze, contratti, nonché copie anche se dichiarate conformi, estratti, certificazioni, dichiarazioni e attestazioni poste in essere o richiesti (…) dalle Federazioni sportive ed Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI” (ex art.27 bis dell’allegato B del DPR 642/1972, così come integrato dall'art.90 della Legge 289/2002). L’agevolazione è prevista per gli Enti ma non per le associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate;

2)  “Gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato di cui all'articolo 3, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, e quelli connessi allo svolgimento delle loro attività sono esenti dall'imposta di bollo e dall'imposta di registro” (ex art. 8 Legge 11/08/1991 n. 266). L’agevolazione riguarda pertanto le sole associazioni che abbiano ottenuto l’iscrizione nel registro delle organizzazioni di volontariato;

3)  Gli “atti costitutivi, statuti ed ogni altro atto necessario per l'adempimento di obblighi dei movimenti o partiti politici, derivanti da disposizioni legislative o regolamentari” (ex Articolo 27 ter dell’allegato B del DPR 642/1972).

 

Le sanzioni.

Nel caso in cui sia accertato l’inadempimento, l’ente è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000,00 a 15.000,00 euro.

Si applica in questo caso l’articolo 16 della Legge 689/1981 che prevede la possibilità di pagamento in misura ridotta entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.

L’importo sarebbe in questo caso pari ad € 5.000. La sanzione si applica inoltre per ogni omissione – quindi si moltiplica per il numero di persone in relazione alle quali non è stato richiesto il certificato penale - ma ricorre il c.d. cumulo giuridico (ex art.8 della L.689/1981) per cui la sanzione totale non sarà superiore a 15.000 euro, nel caso in cui ci sia pagamento in forma ridotta.

 

Gli innumerevoli dubbi …

Al di là della circolare, alla cui lettura integrale si rinvia, può essere opportuno esaminare alcuni aspetti controversi.

1) Decorrenza dell’adempimento.

Il Decreto è entrato in vigore il 6 aprile. La norma però testualmente recita che “deve essere richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento

di attività professionali o attività volontarie”. L’adempimento sembra pertanto fare riferimento alla fase che precede l’instaurazione vera e propria del rapporto di lavoro: si parla di chi intenda impiegare al lavoro, non quindi del soggetto che attualmente occupa al lavoro o coinvolge in attività lavorativa. Se fosse quindi così, tali adempimenti troverebbero applicazione alle fasi preassuntive o alle instaurazioni di rapporti successivi al 6/4/2014 e pertanto non dovrebbe essere fatto con riferimento a quanti siano già collaboratori dell’organizzazione. Sul punto però il Ministero non sembra affatto chiaro.

2) Obbligati o esonerati?

Non c’è dubbio che sia da richiedere il certificato penale quando si instaura un rapporto di lavoro subordinato e si ritiene sia anche dovuto nel caso di rapporti di lavoro autonomo, con particolare riferimento a titolari di partita iva e collaboratori, anche a progetto, sempre che l’attività comporti un contatto diretto e regolare con minori. Dubbi potrebbero essere sollevati con riferimento ai lavoratori autonomi occasionali, in quanto la prestazione non può in ogni caso superare i trenta giorni con lo stesso committente nel corso dell’anno. Dubbi potrebbero inoltre essere sollevati con riferimento ai collaboratori accessori percettori di voucher: in questo caso però la normativa non prevede più come requisito la temporalità della collaborazione ma l’entità marginale del reddito prodotto che po- trebbe pertanto comportare una attività in ogni caso continuativa.

Si attendono quindi gli opportuni chiarimenti da parte del Ministero.

3) Cosa si intende per attività organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori?

Agevole è l’accezione assegnabile al termine ‘contatto diretto’, più complessa è l’interpretazione del termine ‘contatti regolari’. Si è portati a ritenere che tali siano i contatti frequenti, periodici, non sporadici, ma in assenza di riferimenti temporali precisi ogni fatto deve essere valutato prudentemente caso per caso, stante peraltro la novità dell’adempimento qui esaminato e l’importante misura punitiva prevista dal legislatore. A titolo esemplificativo, l’attività dell’educatore che organizza attività continuativa con minori si intende soggetta all’obbligo. Il personale amministrativo che opera in una struttura educativa ma che non ha un contatto diretto se non occasionale non dovrebbe rientrare tra i soggetti in relazione ai quali chiedere il certificato.

4) Certificato penale e tutela della privacy.

Il trattamento dei dati contenuti nel certificato penale rappresenta trattamento di dati sensibili, trattamento lecito solo a fronte di previsione di legge o a seguito di autorizzazione emanata dal Garante, che deve specificare le rilevanti finalità di interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e di operazioni eseguibili (ex art.27 del Codice). La legge prevede che l’ente sia tenuto a richiedere il certificato penale esclusivamente con riferimento a determinati reati mentre la Circolare gli impone di acquisire un certificato penale generale, finché l’ufficio del casellario centrale non sarà tecnicamente in grado di fornirmi il certificato penale specifico.

Cosa succede se il diretto interessato non presta il consenso per il trattamento di dati in ragione del fatto che andrei a trattare informazioni che la legge non mi consente in ogni caso di acquisire?

Cosa succede se il collaboratore firma il modulo di consenso predisposto dal Ministero, in cui si specifica che il consenso è per il trattamento di queste specifiche informazioni, e poi contesta la violazione della privacy perché sto trattando informazioni che esulano dall’autorizzazione che mi ha fornito?

Per concludere, il trattamento dei dati sensibili presuppone l’adozione di particolari misure di sicurezza, sarà in particolare necessario: conferire per iscritto l’incarico al trattamento di questi dati ad un collaboratore; conservare i certificati in armadio ignifugo chiuso a chiave; nel caso in cui dovessero essere scansionati, e quindi conservati anche su supporto informatico, si renderà necessario adottare tutte le misure di sicurezza contemplate dall’allegato B al DLgs 196/2003 recante “Disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza” tra le quali la nomina dell’amministratore di sistema (come chiarito nel Provvedimento del Garante del 25/6/2009).

 

 

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