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Defibrillatori: la Corte dei Conti per ora blocca il decreto Balduzzi

Sarà quantomeno ritardata la discesa in campo dei defibrillatori. La norma di legge che ne rendeva obbligatorio il possesso da parte di ogni società sportiva, è infatti “ferma” alla Corte dei Conti. Le 120mila società sportive dilettantistiche italiane tirano così un sospiro di sollievo, anche perché, da una recente indagine, solo il 4% di queste risulta già in possesso di un defibrillatore, mentre sono ancora meno quelle dotate di personale in grado di utilizzarlo. Il rischio, quindi, è di avere un’apparecchiatura salvavita ferma a prender polvere.

La presenza di un defibrillatore portatile utile in caso di arresto cardiaco, doveva essere resa obbligatoria per legge. Lo avrebbe stabilito l’articolo 7 comma 11 del cosiddetto decreto Balduzzi, varato il 26 Aprile 2012. Ma il provvedimento è “fermo” alla Corte dei Conti, per cui non esiste ancora una data certa relativa alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Secondo la legge, le società sportive dilettantistiche e quelle professionistiche, “tranne quelle che svolgono attività a ridotto impegno cardiocircolatorio”, dovevano dotarsi di defibrillatori semiautomatici, le prime entro Ottobre 2013, le seconde entro Ottobre 2015, con oneri a loro carico. Dal Ministero della Salute confermano però che la “Corte dei Conti ha posto dei rilievi. Ma la risposta ai quesiti sollevati – aggiungono – è stata trasmessa e stando alle risultanze dei tecnici non dovrebbero esserci ostacoli all’entrata in vigore della norma”. Il Coni s’è affrettato ad inviare una lettera a tutte le società sportive ricordando che il decreto Balduzzi non è stato ancora pubblicato ed ha chiarito che non esiste alcun obbligo da ottemperare, visto che la legge non risulta effettivamente in vigore.

Gianni Petrucci, quando era ancora presidente del Coni scrisse una lettera all’allora ministro della salute Renato Balduzzi con la quale, pur apprezzando le finalità del provvedimento, chiese un giusto equilibrio “che tenesse conto in particolare delle società e associazioni sportive dilettantistiche”. Si tratta di migliaia di realtà, sparse su tutto il territorio che – secondo il Coni – se gravate da oneri economici, ivi compresi quelli degli operatori in grado di utilizzare questi defibrillatori, oggettivamente non riuscirebbero a stare in piedi e sarebbero costrette a cessare le proprie attività o, comunque, a evadere la previsione legislativa.

Diverse società sportive già sono dotate di defibrillatori. Li hanno avuti a seguito di donazioni o come risultato di concorsi benefici. Ma il vero rischio è che questi apparecchi stiano in un angolo a pigliar polvere, perché nessuno è in grado di utilizzarli, come già confermano tanti responsabili di società che dichiarano la propria arretratezza sul piano della formazione di operatori in grado di utilizzarle.

In Lombardia, tra le regioni messe meglio, circa l’8% delle società interpellate è già dotata di defibrillatore, ma solo il 3% di queste presenta al suo interno personale che sa dove “mettere le mani”. Percentuale simile in Piemonte e Lazio, leggermente più bassa in Veneto, Emilia RomagnaToscana e Marche. E più si scende, più aumentano i problemi. In Calabria solo l’1% delle società è già a posto, anche se la formazione è al 3%. Mentre non c’è nessuno che è in grado di utilizzare questo presidio in Sicilia, in Sardegna ed in Campania, dove comunque la percentuale di possesso è bassissima.

 

 

 

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