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Milano

Italia-Serbia e Genova sfregiata: l'UISP si interroga sul calcio malato

Calcio bastardo, società malata. Gli ultrà della tigre Arkan hanno messo a ferro e fuoco Genova e lo stadio Marassi. Il calcio non c'entra si dirà, e invece no. Tutto in una notte stupida e folle. Nel paese della "tessera del tifoso" e in quello dove non si è più abituati a vedere - ed ospitare - gente sugli spalti, una banda di balordi ha potuto far scempio di violenza, di arroganza, di strumenti di offesa e di guerriglia. Dentro e fuori lo stadio. Le partite è meglio vedersele in tv, se qualcuno aveva dei dubbi ora è servito. Un ciccione mascherato di nero ha tenuto in stallo una diretta televisiva internazionale per quaranta minuti, uno spettacolo di cronaca nera sfiorata, di disgustosa retorica nazionalista. Le diplomazie sono al lavoro ma la sciagura resta. Ci auguriamo che qualcuno dei signori del calcio vada a chiedere scusa ai mille ragazzini genovesi e alle famiglie che ci avevano creduto. E insieme a loro anche l'Uisp. Vi riportiamo quanto abbiamo raccolto da due dirigenti Uisp, Tiziano Pesce e Alessandro Ariemma. A questi si è aggiunto anche Elio Di Summa, presidente Uisp Bari.


Questa è la giornata dei commenti a caldo perché troppi aspetti di questa vicenda sono ancora da chiarire. La magistratura aprirà un'inchiesta, e anche l'UEFA, vedremo. "Vissuta da genovese, da sportivo, e appassionato di calcio, da dirigente Uisp e da semplice cittadino, quella di ieri sera è stata un'esperienza terribile - spiega Tiziano Pesce, dirigente del calcio Uisp a livello nazionale e regionale, intervistato dai giornalisti tedeschi di Radio Colonia - Un'esperienza drammatica anche in virtù di come la città si era preparata all'evento: lo stadio gremito di famiglie, bambini e anziani con oltre 2000 ragazzi delle scuole di calcio locali venuti ad assistere ad una serata di gioco e sport"
E' chiaro che l'importanza del match valevole per le qualificazioni all'Europeo, ha avuto tra le sue conseguenze, quella di ampificare la visibilità degli scontri e di portare alla ribalta mediatica mondiale la violenza di una frangia: con essa il rischio di etichettare indistintamente tutti gli ultras come un fenomeno pericoloso e antisportivo, di fare di tutta un erba un fascio. Una lettura distorta dell'evento e del tifo. Inoltre il fatto che la guerriglia sia stata operata da stranieri, implica il rischio di leggere il fenomeno di ieri sera come qualcosa che non ci tocca, che non riguarda noi".
"Invece andrebbe visto e analizzato come un fenomeno anche nostrano: l'Italia è il paese che risolve il problema della sicurezza negli stadi con la tessera del tifoso senza un vero impegno di tipo preventivo. Quest'ultimo provvedimento, ribadiamolo, è uno strumento che rischia di nascondere ed eludere i veri problemi della violenza e del razzismo negli stadi".

"Quello che è accaduto ieri sera è stato l'apice di episodi di violenza ad opera dello stesso gruppo di facinorosi che già nel pomeriggio avevano asseragliato la città con lanci di fumogeni contro autobus e vetrine. Un episodio annunciato con l'obiettivo di far saltare la partita. Rimane il dubbio sul perchè la perquisizione nei settori italiani sia stata minuziosa al punto da invitare anche anziani e bambini a togliersi i cappelli, mentre nel settore serbo sono comparsi razzi in campo con tanto di pinza nelle mani del capogruppo.

"Tutto questo è avvenuto a due giorni dal prologo dell'Action week, che a Genova si è svolto sabato 9 ottobre con il "Trofeo Rude Boys & Girls 1987", organizzato da un gruppo di tifosi e tifose doriane. Un bellissima giornata di sport, con la grande partecipazione di un elevato numero di ultras, gare autoarbitrate sul modello dei Mondiali Antirazzisti e con una festa che è proseguita fino a notte fonda in un centro sociale con cibo e bevande. Questa esperienza rende ancor più stridente la contraddizione: troppo poco si fa per eliminare e prevenire episodi di violenza inaudita negli stadi".

"Giudicate voi se questo è sport" si chiede Alessandro Ariemma, presidente Uisp Pesaro-Urbino dal sito internet del Comitato: "Serbi cattivi e violenti! Ultras pericolosi e antisportivi! Lo spettacolo della partita rovinata da un manipolo di facinorosi, bellicosi e fascisti organizzati. Questi i commenti abbastanza scontati e ovvi dei media e degli addetti ai lavori. Non c'è dubbio che la Serbia, rinata piccola dalle ceneri della ex-Jugoslavia e ridimensionata come prima della seconda guerra mondiale, sia rimasta stordita e incazzata per gli esiti del conflitto bellico seguito alla dissoluzione dello stato jugoslavo".
"I nazionalismi che continuano a riaffiorare in ogni occasione - prosegue Ariemma - sia dentro che fuori i confini dello stato Serbo, il rancore verso chiunque abbia impedito di mantenere le condizioni di preminenza impostate in tanti anni dallo stato voluto da Tito, non deve essere il pretesto perché nasca verso questa etnia un nostrano odio razziale. Vogliamo sperare che non tutti i Serbi si riconoscano in questo gruppo di scalmanati, definiti "bestie" dalla "rosa", come pure non tutti siano come gli aggressori violenti e omofobi del "gay pride" di Belgrado del 10 ottobre scorso".
"Quando nazionalismo, ossessioni omofobiche, impostazioni culturali intolleranti, credenze religiose integraliste si sommano tra loro e vengono in qualche modo anche sollecitati e sostenuti da qualche potere tutt'altro che occulto, è evidente che tutto può, alla fine, convergere verso atteggiamenti violenti e delinquenziali.Anche questo appuntamento sportivo "mancato" non si sottrae a questa logica "stupida e demenziale". L'UISP da sempre si impegna a costruire ponti culturali e spazi di condivisione attraverso i suoi numerosi progetti che intendono favorire condizioni di comprensione e tolleranza. Anche in realtà come quella dell'altra sponda dell'Adriatico. Lo sportpertutti, il gioco, possono essere gli strumenti utili al superamento delle divisioni e delle intolleranze".

Elio Di Summa, presidente Uisp Bari: "Di fronte allo scempio del calcio al quale abbiamo assistito in occasione di Italia-Serbia, la non partita di calcio di martedi sera, la mia coscienza è stata attraversata da paura, incredulità, sgomento. Sono sentimenti forti, ma anche molto contrastanti tra di loro".
"No, questo non può e non deve essere lo sport, se di fronte alla follia di uno spicchio di curva non siamo più in grado di prendere decisioni drastiche e consequenziali, se lasciamo sulle spalle di un solo arbitro la decisione più giusta : quella di rispedire tutti a casa. Quell'arbitro, per quanto ho visto, è stato lasciato solo dai dirigenti del palazzo deputati e pagati profumatamente per prendere provvedimenti..."
"La tristezza e l'impotenza, in quegli stessi minuti, sono stati scavalcati dalle splendide immagini che giungevano da un'altra parte del mondo, dalla miniera cilena. Lì una squadra di esperti geologi e ingegneri è riuscita in un miracolo: salvare vite umane. Un fatto che, con beffarda simultaneità, gettava anni luce di distanza tra la miniera San Josè e la becera follia dei criminali incappucciati che tenevano in ostaggio Marassi. E quando Florencio Avolos è uscito dalla capsula di metallo alle mezzanotte e cinque minuti, mi sono unito alle urla di gioia dei familiari, tecnici e giornalisti che erano lì. Con il viso solcato da una lacrima, in uno stato di profonda commozione mi sono detto che il mondo può essere e deve essere migliore. Basta volerlo e battersi per isolare la violenza".

Elio Di Summa Elio Di Summa, presidente Uisp Bari: "Di fronte allo scempio del calcio al quale abbiamo assistito in occasione di Italia-Serbia, la non partita di calcio di martedì sera, la mia coscienza è stata attraversata da paura, incredulità, sgomento. Sono sentimenti forti, ma anche molto contrastanti tra di loro".
"No, questo non può e non deve essere lo sport, se di fronte alla follia di uno spicchio di curva non siamo più in grado di prendere decisioni drastiche e consequenziali, se lasciamo sulle spalle di un solo arbitro la decisione più giusta : quella di rispedire tutti a casa. Quell'arbitro, per quanto ho visto, è stato lasciato solo dai dirigenti del palazzo deputati e pagati profumatamente per prendere provvedimenti..."
"La tristezza e l'impotenza, in quegli stessi minuti, sono stati scavalcati dalle splendide immagini che giungevano da un'altra parte del mondo, dalla miniera cilena. Lì una squadra di esperti geologi e ingegneri è riuscita in un miracolo: salvare vite umane. Un fatto che, con beffarda simultaneità, gettava anni luce di distanza tra la miniera San Josè e la becera follia dei criminali incappucciati che tenevano in ostaggio Marassi. E quando Florencio Avolos è uscito dalla capsula di metallo alle mezzanotte e cinque minuti, mi sono unito alle urla di gioia dei familiari, tecnici e giornalisti che erano lì. Con il viso solcato da una lacrima, in uno stato di profonda commozione mi sono detto che il mondo può essere e deve essere migliore. Basta volerlo e battersi per isolare la violenza".