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Milano

Le Olimpiadi di Rio hanno parlato anche di diritti e sentimenti

Dalle storie di atlete e atleti messaggi di apertura e sensibilità. Sul linguaggio c'è ancora da lavorare. Parla M. Claysset
I Giochi olimpici di Rio de Janeiro hanno tenuto banco per tutto il mese di agosto: il racconto sportivo ha legato insieme molte storie, emblema spesso di contraddizioni latenti che attraverso l’amplificazione mediatica sono diventate di dominio pubblico. Nel corso dei Giochi si sono fatte largo tematiche sui diritti e contro l’omofobia, anche grazie alla scelta di Rachele Bruni, medaglia d’argento nel nuoto di fondo, che ha dedicato l’affermazione alla sua compagna Diletta. Inoltre, la partita di beach volley Germania–Egitto: che ha visto da una parte le ragazze tedesche in bikini e dall’altra le atlete egiziane vestite. Con la polemica sul burkini esplosa dopo l’ordinanza di alcuni sindaci della Costa Azzurra che lo vietavano. 

Ne parliamo con Manuela Claysset, responsabile nazionale Uisp per le politiche di genere: “Durante i Giochi olimpici di Rio, alcune storie hanno evidenziato con semplicità, parlando di sentimenti e di relazioni, temi di rilievo nell’ambito dei diritti e delle pari opportunità. La vicenda di Rachele colpisce per la naturalezza con cui è stata gestita e mostrata al mondo. Credo sia un aspetto importante, perché altre storie simili etero o omosessuali si sono verificate durante i Giochi, mettendo al centro la spontaneità e semplicità di un legame affettivo. Potrebbe essere il segnale di un mondo sportivo che si apre e diventa più accogliente, per tutti. La presenza delle donne, in crescita, è un altro messaggio positivo: le donne devono ancora conquistare molto, in tema di diritti e di pari opportunità, però dalle Olimpiadi è emersa una forte voglia di affermarsi e di esserci. Come accaduto sui campi di beach volley, per le atlete egiziane, episodio che apre molte riflessioni e ripropone il tema della libertà di scelta: se un abbigliamento è scelto liberamente la posizione va rispettata, diverso il caso di obblighi o costrizioni”.

“Se arrivano segnali positivi dalla presenza femminile e dalle vicende personali delle atlete in gara, la stessa cosa non si può dire dell’evoluzione del linguaggio nel nostro paese - conclude Claysset - Sia in rete sia sui quotidiani abbiamo letto espressioni scorrette: alcuni atteggiamenti e modalità di descrivere e rappresentare le atlete sono stati veramente poco felici, trasmettendo messaggi sessisti e irrispettosi. Come dato positivo segnalo la forte presa di posizione del mondo dello sport, ma anche di rappresentanti politici e istituzionali, che dimostra maggiore consapevolezza dell’importanza della comunicazione”. (E.F.)

 

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