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Milano

Pier Paolo Pasolini, scrittore e giornalista sportivo

Lo ricordiamo così, a quarantun anni dalla morte. Praticante e cronista, amante dello sport popolare

Martedì 2 novembre è stato il quarantunesimo anno senza Pier Paolo Pasolini. Lo scorso anno l’Uisp dedicò una giornata di iniziative al poeta e regista nell’impianto Fulvio Bernardini, nel quartiere di Pietralata, una di quelle periferie romane che lui aveva raccontato. GUARDA IL VIDEO

A Pasolini piaceva lo sport autentico, istintivo e popolare. Odiava lo sport patinato e falso. Per ricordarlo abbiamo preso spunto da un articolo di Lina Grossi dal sito www.insegnareonline.it, dove si racconta come Pasolini, anche attraverso lo sport, avesse messo a punto il linguaggio della strada, il suo linguaggio. (leggi l’articolo).

La passione, in particolare, per il calcio si combina con la scrittura letteraria nel corso della collaborazione con il settimanale Vie Nuove sul quale scrisse articoli sui Giochi olimpici del 1960 a Roma. “Da troppo tempo lo sport è spettacolo – scrive Pasolini - Il prato erboso degli stadi e il ring sono dei palcoscenici: che hanno sostituito addirittura i palcoscenici veri. E’ inutile rimpiangere le cose che passano: bisogna coraggiosamente affrontare quelle che si presentano, nuove, portate da nuove necessità”.

Ne è conferma la conclusione dell’articolo – una sorta di breve racconto nel racconto, con finale didascalico - in cui sembra quasi contrapporre alla solennità e alla compostezza dei giochi olimpici, il coinvolgimento spontaneo e chiassoso di una gara dilettantesca di tiro alla fune, sulla spiaggia di Ostia, allo stabilimento Ondina, tra una comitiva di ragazze italiane e un gruppo di coetanee ungheresi che si erano casualmente incontrate sull’arenile.

“Devo dire la verità? Mi sono divertito di più alcuni giorni fa, a Ostia, allo stabilimento Ondina. Alcune ragazze si erano date da fare perché un gruppo di italiani – nati stanchi, ragazzi della periferia - si misurassero in alcune gare con un gruppo di ungheresi. Dopo infiniti sforzi organizzativi, nella spiaggia settembrina mezza deserta, coi suoi colori ancora coraggiosamente vividi al sole grigio, le gare sono incominciate. Bisognava vedere il pubblico! Delle donne, le sorelle e le mogli dei bagnini, le serve del ristorante, le ragazze del popolo che ancora erano lì, attorno ai capanni già scassati e deserti, parevano come impazzite. La spiaggetta, tra le due file di casotti gialli e rossi, era un vero palcoscenico: e gli urli, le risa, gli incitamenti! Naturalmente vincevano sempre gli ungheresi, colossi selezionati, potenti e meticolosi. Allora le donne italiane lanciando parolacce in romanesco, hanno sfidato al tiro alla fune le donne ungheresi: e ce l’anno fatta, hanno vinto, gridando come matte di gioia. E’ stata quella una vera riunione sportiva: lo sport ideale ha questa dimensione”.