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Settant'anni Uisp: "I vostri dirigenti e volontari sono operatori di civiltà"

Il giornalista Riccardo Cucchi è intervenuto all'evento organizzato a Roma per festeggiare il 70° Uisp. "Il senso dello sport è l'incontro tra le persone"

“Uisp 70 anni per il futuro – Società sportive: le antenne della coesione sociale” è l'evento nazionale che si è tenuto a Roma, martedì 27 novembre, per festeggiare i settant'anni della fondazione dell'Uisp. Tra gli ospiti della giornata anche il giornalista Rai Riccardo Cucchi, che ha ricordato di aver vissuto tanti anni al fianco dell'Uisp, nel suo ruolo di "testimone della realtà": "Grazie a voi ho allenato il mio senso critico rispetto a chi vede lo sport solo come affermazione di un ego". Di seguito pubblichiamo la versione integrale del suo intervento.

 

E’ un onore per me partecipare a questa celebrazione che è anche il riconoscimento delle istituzioni democratiche, direi di tutto il paese, al grande lavoro svolto dall’Uisp in questi straordinari e ricchi 70 anni di storia.

Personalmente li ho vissuti da testimone, secondo la splendida definizione del ruolo di giornalista che ci ha tramandato Enzo Biagi, quando affermava che il giornalista è – appunto - un testimone della realtà. E la realtà che ho potuto osservare nei 40 anni di lavoro nel servizio pubblico radiofonico, alla Rai e a Radio1, è stata una realtà tutta da raccontare oltre che da vivere in prima persona.

A cominciare dalla pioneristica e avventurosa narrazione delle prime esperienze del “ Vivicittà”, con il quale Radio1 ha stretto un patto di collaborazione ormai lontano nel tempo, ma ancora vivo e convinto. Ivano Maiorella ricorda i mezzi non sempre adeguati che avevamo a disposizione, ma anche il grande entusiasmo che ci travolgeva tutti, convinti come eravamo e siamo, che questa corsa rappresentasse la liberazione di un’ energia contagiosa. Un’ energia contagiosa che attraversava le vie di tante città e che metteva insieme podisti veri, atleti cioè riconoscibili, e tanti innamorati della corsa che si mescolavano tra loro portando – insieme alla fatica e ad una sana competizione – messaggi di speranza, di uguaglianza, di sensibilizzazione a temi centrali quali l’ambiente o l’accoglienza o la pace.

Abbiamo raccontato di corse che si svolgevano per vie cittadine – in contemporanea – ma anche all’interno delle carceri, o nei luoghi di guerra , di sofferenza e di disagio. E’ successo quando “ Vivicittà” è approdato a Sarajevo, una Sarajevo ferita che nutriva voglia di riscatto e libertà; è successo in Africa, in Kenia a Korogocho con il supporto di padre Zanotelli e dei comboniani; è successo in Iraq. E’ successo in molti altri posti.

E i nostri microfoni hanno testimoniato come una corsa, lo sport, possano essere non soltanto un momento di serenità e di gioia in mezzo alla sofferenza, ma anche uno spunto per ripartire, per dare voce alla speranza ed ai diritti. Perché lo sport è capace di promuovere valori. Ce lo insegna la storia dei popoli, a partire dall’antichità, quando per celebrare le olimpiadi si fermavano addirittura le guerre.

Vivicittà è stato, ed è, un luogo di valori positivi. Quei valori che l’Uisp promuove da sette decenni, ricordando a tutti, anche a noi che abbiamo raccontato lo sport dei professionisti negli stadi e in ogni angolo del mondo, che praticare sport è uno dei diritti inalienabili dell’uomo. A prescindere da dove sia nato.

Perché lo sappiamo, e non possiamo nascondercelo, che ci sono luoghi nel mondo e anche nel nostro paese, nei quali lo sport non è una priorità. Non può esserlo per colpa dell’emarginazione, della povertà, del disagio.

Sport per tutti allora diventa qualcosa di più di uno slogan. Diventa un progetto, una spinta verso quel principio di eguaglianza che dovrebbe informare tutte le società civili. Ma che, come tutte le conquiste, ha bisogno di lavoro, applicazione, pazienza e impegno. Ha bisogno di donne e di uomini che vi si dedichino, ha bisogno di volontà e di volontariato.

Vedo tanti operatori di civiltà – permettetemi di definirvi così – oggi qui alla Camera. Siete voi e coloro che vi hanno preceduti ad avere trasformato un’utopia in un progetto. Perché l’Uisp è oggi  radicata in ogni angolo del nostro paese, in ogni città, soprattutto in ogni periferia. Per promuovere lo sport, includere chi è fuori, promuovere civiltà.

Diciamoci la verità. L’accendersi dei riflettori sullo sport – quello che viene definito ormai grande sport – ha un po’ nascosto, forse travisato, il significato più autentico del fare sport. I grandi investitori hanno scoperto il mondo del calcio, della Formula 1, del basket o del motociclismo. Ed è giusto che sia così. Ma questa enorme attenzione affaristica, ci ha fatto forse perdere di vista il significato più profondo del “ fare” sport. Che non è vincere. E’sicuramente partecipare come ci ha insegnato De Coubertin, ma è soprattutto incontro. Incontro tra uomini e donne che si sfidano e si conoscono, che si confrontano correndo o giocando a calcio, dimenticando le diversità che producono divisione. Lo sport include e rende uguali.

Sono tutti valori fondanti per l’Uisp, voi lo sapete bene. L’ho imparato anche io da testimone del vostro lavoro sul campo.

L’Uisp in questi 70 anni, e in quelli che verranno, ha promosso e diffuso questi valori. Gli autentici valori dello sport. E per questo è giusto che questa mattina voi siate qui, alla Camera, espressione democratica del nostro paese a testimoniare che il valore dello sport è nel guardare tutti con lo stesso sguardo, nel dialogare con tutti allo stesso modo, nel non cercare le differenze, ma nel  favorire le uguaglianze.

Per questo credo che vi si debba gratitudine e riconoscenza.

Sapete, anche da giornalista posso dire di aver tratto vantaggio dalla cultura sportiva che si respira sui vostri campi di gioco e nei vostri tornei. Ho allenato il senso critico di fronte a chi pensa che lo sport sia soltanto l’affermazione di un ego, una volta tagliato il traguardo. E’ anche questo certo, ma è anche la capacità di voltarsi indietro e rispettare chi si è battuto. O magari aiutare chi è in difficoltà. Ma è soprattutto confrontarsi con i propri limiti e con gli altri, che siano più bravi o meno bravi di noi.

Portare questi valori nelle strade, nelle periferie, nei luoghi dove il messaggio non può arrivare, significa creare le basi della costruzione di un’autentica cultura sportiva. Che nel nostro paese spesso latita.

Ma significa anche promuovere crescita, rispetto e diritti. Perché lo sport non può e non deve essere appannaggio di chi ha di più e negato a chi ha di meno.

E correndo o giocando possiamo anche dirci che l’ambiente nel quale viviamo va rispettato e tutelato, che la pace è un valore da coltivare, che nessun essere umano deve essere emarginato.

Sono grato all’Uisp di avermi invitato questa mattina. Perché in questi anni di frequentazione con alcuni di voi è come se fossi tornato a scuola. Una scuola di vita, al centro della quale c’è lo sport, la voglia di stare insieme e di battersi senza urlare, ma con fatti concreti, con le cose da fare, perché gli ultimi non siano sempre ultimi. Non solo sul traguardo, ma soprattutto nella vita.

Grazie del vostro lavoro. E buon settantesimo compleanno.

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