Comitato Territoriale

Milano

Un articolo di Antonio Cederna del 1970 sui diritti dei più deboli

I diritti dei bambini... quelli di allora e quelli di oggi. Dei piú deboli, dei senza voce e dei senza rappresentanza. Era il giugno del 1970 e Antonio Cederna, padre dell'ambientalismo italiano, era un cronista del Corriere della Sera: periferie e bambini depredati degli spazi e del diritto al gioco, la storia del sacco di Roma, dell'illegalità e dell'abusivismo che diventano regola. E un'associazione, l'Uisp dello sport popolare, che sapeva intercettare diritti e bisogni delle persone delle periferie e li portava all'attenzione dell'opinione pubblica e della politica. Partendo dai diritti dei bambini. Apriamo Uispress con questo attualissimo articolo di 46 anni fa, in questi giorni di atmosfera elettorale, utile riflessione sulle città possibili.

"...Rincorrendo la palla tra le automobili parcheggiate o in movimento, tartassati dai vigili urbani, inspirando profondamente nei polmoni i gas di scappamento, i ragazzi di Roma (come di ogni altra grande città italiana) costituiscono una massa umiliata, condannata senza appello alla stasi coatta, un potenziale di energie fisiche e spirituali conculcate dal sudismo urbanistico di questi ultimi decenni. Qualche provvisorio sfogo è ancora consentito all’estrema periferia, dove le madri spingono le carrozzine nella sterpaglia dei lotti non ancora edificati: sterpaglia che è una miniera d’oro per la speculazione, così che, a mano a mano che le muraglie edilizie avanzano a ondate successive, lo spazio disponibile si allontana sempre più e, come nella lotta per la sopravvivenza, i più deboli restano indietro, riassorbiti da un unico compatto tavoliere di cemento che tutto soffoca e sommerge".

"Da qualche tempo tuttavia, grazie anche al decentramento amministrativo, un vasto movimento rivendicativo (di rivendicazione del diritto elementare alla salute psico-fisica) va salendo dai subumani quartieri periferici verso l’aulico, distratto, immemore Campidoglio. Abbiamo così potuto assistere ieri alla “marcia per il verde” dei ragazzi del quartiere Tuscolano, uno dei peggiori di Roma. Il Tuscolano scrive Giuliano Prasca, conoscitore dei più gravi problemi della periferia romana e animatore di iniziative del genere, è una “minaccia quotidiana, una sfida alla ragione: un dormitorio intensivo, un immenso parcheggio di uomini e macchine. Mille ettari con punte di mille abitanti per ettaro, una densità che supera qualsiasi decenza urbanistica: niente verde, niente parchi, niente giardini, niente impianti sportivi: il cemento e l’asfalto hanno colorato perfino l’aria. Terreni che nel 1951 costavano mille lire il metro quadrato oggi costano più di quarantamila: in cambio il sessanta per cento dei ragazzi in età scolare è affetto da paramorfismi e dismorfismi, dovuti in gran parte alla mancanza di qualsiasi spazio libero per l’esercizio ricreativo e sportivo”.

E’ abbastanza significativo che la “marcia per il verde” (organizzata dall’Unione italiana per lo sport popolare) abbia avuto luogo all’indomani della conclusione dei campionati mondiali di calcio, mentre ancora perdurava la grande eccitazione quasi a dimostrare che (come in occasione delle Olimpiadi) le imprese di alcuni specialisti non hanno alcun rapporto con la realtà del paese (e guai se avessimo vinto; oggi ci crederemmo un popolo sportivo); e quasi ad invocare dai giornali, che tanto sottile e critica serietà hanno posto nel commentare i fatti messicani, un minimo di attenzione e di impegno per quel che riguarda lo sport di massa, lo sport attivo, ricreativo e popolare, cioè i problemi di fondo dell’urbanistica, del verde, della salute pubblica". (di Antonio Cederna, dal Corriere della sera del 24 giugno 1970)