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Il Ciclista Weylant muore al giro d' Italia: le riflessioni della Uisp Emilia Romagna.

 IL CICLISTA WEYLANDT MUORE AL GIRO D'ITALIA: LE RIFLESSIONI DELLA UISP EMILIA-ROMAGNA

Intervista a Luciano Vincenzi, Presidente regionale della Lega Ciclismo:

"La sicurezza deve partire dalle scuole e dalle società cicloturistiche"

Wouter Weylandt, ciclista belga del Team Leopard, il 9 maggio ha perso la vita lungo la discesa del passo del Bocco, a una ventina di chilometri dall'arrivo della tappa del Giro d'Italia a Rapallo. "Come sportivi è ovvio - afferma Luciano Vincenzi, presidente regionale della Lega Ciclismo Uisp - che non possiamo far altro che esprimere profonda amarezza e profondo cordoglio per quanto è successo, associandoci al coro di dolore e dando ai familiari la nostra solidarietà, anche se questo ci espone al rischio di usare parola già dette e abusate. Detto ciò, è naturale per noi della Uisp il dovere di avviare una riflessione sul grado di sicurezza sia delle gare professionistiche che di quelle amatoriali".

Di che tipo di riflessione parli?
"I ciclisti sono sempre a rischio, anche nelle manifestazioni ben protette. Pantani finì contro una macchina nella Torino-Milano del Giro d'Italia, Fabio Casartelli è morto in una discesa come accaduto a Weylandt, Thomas Casarotto l'anno scorso è morto al Giro del Friuli. Bisogna rendersi conto che anche laddove c'è maggior controllo e maggiori disposizioni volte a garantire la sicurezza accadono ancora troppi incidenti".

Come Uisp Emilia-Romagna come ci organizziamo per garantire la sicurezza?
"Siamo all'avanguardia, perché abbiamo un apparato per gli amatori che nessun altra regione italiana si è dato. Ci sono corsi di formazione per chi organizza, per il personale di servizio a terra e per i motociclisti. Abbiamo stilato accordi con la protezione civile che garantisce la sua presenza. I nostri giudici non fanno partire una gara senza aver appurato la presenza del medico di servizio e di almeno due ambulanze. Ma sappiamo anche noi che questo non è sufficiente, poiché in gara basta poco perché ci sia un incidente. In più, c'è da fare un discorso sugli allenamenti. L'attenzione alla sicurezza stradale deve partire dalle scuole, dalle società cicloturistiche e dalla presa di coscienza dei cicloturisti che la bici è un mezzo che deve fare i conti con il codice della strada. Noi notiamo che per la dislocazione delle ciclabili e la loro composizione è impossibile per il ciclista rispettare sempre le regole. Non abbiamo la cultura nordeuropea di una ciclabile in cui tu entri sapendo di essere in una sede protetta".

Che tipo di lavoro state facendo con le istituzioni per trovare soluzioni a questi problemi?
"Noi abbiamo indetto degli incontro con i responsabili di Polizie municipali e Polizia stradale. Si tratta di appuntamenti itineranti in giro per la regione in cui ci ritroviamo anche con i vari assessori a urbanistica e mobilità. Da qui vogliamo partire per dare inizio a una campagna informativa il cui fine ultimo dovrebbe essere quello di mobilitare le istituzioni e impegnarle in un serio programma di sviluppo della mobilità ciclistica. Deve trattarsi di un percorso simile a quello che è stato fatto per abituare i ciclisti all'uso del casco: una scommessa che abbiamo vinto e che sta portando grossi risultati".

Intervista  a cura di  Vittorio Martone

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