Nazionale

La lotta contro il doping è responsabilità di tutti

L'Uisp insieme a Libera e altri Eps rilancia il documento "Libera lo sport": coinvolgere anche Ministeri salute e istruzione

Lottare contro il doping è responsabilità di tutti: per questo Libera, ACSI, CSI, UISP e U.S. ACLI hanno realizzato questo documento, con l'intento di dare un contributo su questo tema.
Il documento è stato realizzato nell'ambito di "Contromafie - Stati generali dell'antimafia" (Roma 23-26 ottobre 2014) promossi da Libera, l'associazione presieduta da don Luigi Ciotti.
Il doping mina la credibilità di tutto lo sport e ne vanifica la valenza educativa e formativa, soprattutto rispetto ai giovani.
Per questo è nostro dovere intervenire: auspichiamo un salto di qualità sostanziale attraverso il quale il sistema sportivo cessi di essere il controllato, il controllore e, nel contempo, il  soggetto che valuta l'operato sia del controllore e sia del controllato.
La nostra proposta va in questa direzione, pur ponendo l'attenzione sulle competenze specifiche del CONI. Auspichiamo, pertanto, anche il coinvolgimento diretto del Ministero della Salute e di quello dell'Istruzione, affinché si possano moltiplicare gli sforzi affrontando efficacemente gli aspetti educativi e preventivi di un fenomeno degenerativo come il doping. Combatterlo è responsabilità di tutti.

Riportiamo integralmente il documento inviato da Libera al Coni a nome dell'Uisp e degli altri Eps che hanno contribuito a realizzarlo in occasione di "Contromafie" (Roma, ottobre 2014):

LIBERA LO SPORT

Contro il doping un nuovo modello sportivo

Questo è il nome che si è dato il gruppo di lavoro che, all’interno di Libera, ha il compito di offrire un proprio e specifico contributo in ambito sportivo. Esistono due forme di libertà: una libertà di… e una libertà da…

Per il gruppo Libera lo sport, a cui aderiscono ACSI, CSI, UISP e US ACLI, significa: lavorare perché gli atleti siano liberi di praticare esperienze sportive belle, divertenti, in compagnia…; e lavorare per liberare lo sport dalle incrostazioni, dalle devianze, dalle forme di illegalità che, purtroppo, lo indeboliscono come strumento di promozione sociale e culturale, lo allontanano dal servizio educativo.

Una rete sociale antidoping Iniziare dal doping è stato atto di coraggio e di consapevolezza. Sport e prevenzione: verso una rete sociale antidoping definisce un raggio di azione primario e strategico, per offrire più libertà agli sportivi e nello sport, per aprire ad un possibile nuovo modello di pratica sportiva. Toccare il doping in termini di rete sociale vuol dire confermare, perché anche di questo c’è bisogno, che lo sport è prevenzione; meglio: è promozione, è aggiungere, è incrementare la qualità della vita, è offrire un contributo al sistema di welfare del Paese.

Doping è drogare l’intera organizzazione sportiva, falsificare, mistificare; si tratta di una forza omicida che travolge passioni, mortifica e distrugge i colpevoli; non prevede risarcimenti né rimborsi, propone inganni e non consente conversioni. Alimenta la solitudine, già male del tempo, che in realtà, proprio nello sport, dovrebbe trovare un possibile antidoto.

Per affrontare una simile situazione, occorre mettersi insieme, fare squadra, condividere la partita da non perdere. Rete sociale è questo. Lo sport da solo non basta; non basta la scuola e non basta il ministero della Salute; e non bastano le famiglie né gli allenatori. Occorre, appunto, una rete di corresponsabilità e di convinzione su alcuni, semplici, chiari, punti di impegno. La si chiami piattaforma, manifesto, o come si vuole, le maglie della rete sociale contro il doping devono stringersi, i nodi devono rafforzarsi, perché già in troppi sono caduti nei buchi e non si rialzano:

- i sedentari, che prediligono il display al play crescono, divenendo immobili su cui, molto presto, saranno estese anche tasse e imposte;

- gli esclusi da un sistema prestazionale fine a se stesso, che, insoddisfatti di una proposta sportiva tutt’altro che inclusiva, ormai, negli under 14, superano il 34%... ogni anno; lo chiamiamo drop out, ma stiamo parlando di tutti quei ragazzini e quelle ragazzine che cacciamo dallo sport;

- i nostri under 12 sono i più obesi d’Europa…

No: il doping non è altrove. Si annida proprio qui. Quando la prestazione è talmente più importante di ogni altra cosa, la scelta è doparsi, anche per vincere il prosciuttino a fine gara. Darsi un aiuto per apparire all’altezza delle richieste risulta inevitabile. Lo ammettiamo per universitari e grandi dirigenti, perché l’ipocrisia lo suggerisce. In fondo, imbrogliare, modificare, pur di raggiungere il risultato, è… cosa nostra.

Doparsi è davvero democratico e per tutti. Un paio di secondi, un motore di ricerca, una carta di credito e arrivi. Tutto a uso e consumo del cliente, per circa 600 milioni di euro all’anno nel bel Paese. Non male. Scusate: molto male!

 

Sport e promozione della salute

Lo sport dovrebbe fare bene, ma il modello prevalente ribalta i rischi e si è pronti a farsi male pur di vincere. Ecco perché una rete sociale parte della prevenzione e dalla cultura sportiva per contrastare il doping. In Italia, tutta l’organizzazione sportiva ha realizzato un prodotto che genera stress e abbandono, bassi livelli e tassi di sportività della popolazione. Se non si è bravi abbastanza, lo sport non si frequenta più. Una mentalità per cui il secondo è già perdente spinge indietro, allontana, esclude gli sportivi che desiderano stare bene.

Si rinuncia, in termini di politiche di welfare, ad uno strumento di prevenzione straordinario.

Le malattie cardiovascolari costituiscono la prima causa di morte fra donne e uomini. Sono anche la prima causa di disabilità e diminuzione della qualità della vita. In Europa ciò comporta, sommando i costi diretti, l’assistenza, la perdita di produttività, un costo di 168 miliardi e 157 milioni di euro. In Italia il costo è di 21,8 miliardi di euro . Da 11 1 studi condotti fra il 1975 e il 2006 sappiamo però che la misura della riduzione del rischio di malattie cardiovascolari in soggetti che praticano attività fisica oscilla tra il 20 e il 30%. Il costo del diabete in Italia nel 2000 è stato pari a 8,8 miliardi di euro. Nel 2007, analizzando i risultati di 10 studi prospettici su 300.000 individui, si è concluso che i soggetti abituati a camminare a passo veloce per 2,5 ore a settimana riducono del 30% il rischio di diabete mellito2. Associando l’attività fisica ad una sana e corretta alimentazione, la riduzione del rischio arriva al 58%, mentre il solo trattamento farmacologico (metformina) si ferma al 31%. L’attività fisico-sportiva riduce del 15-20% il rischio di carcinoma alla mammella; del 22% negli uomini e del 29% nelle donne il rischio di cancro al colon; del 20-40% il rischio di tumore dell’endometrio. Tiriamone le conseguenze, ricordando che nel 2004 affrontare le neoplasie è costato al S.S.N. 6,7 miliardi di euro.

Un ultimo dato riguarda l’obesità, che qualcuno definisce la malattia sociale di oggi e che riguarda il 30% della popolazione. La spesa sanitaria per una persona obesa supera del 25% quella per una persona con peso normale. È noto che alimentazione corretta e attività fisicosportiva hanno una forte correlazione nella prevenzione dell’obesità.

Introdurre tale strategia costerebbe in Italia 17 euro a persona, facendone risparmiare circa 25 a persona3, per un totale di circa 1,3 miliardi di euro. La seconda parte del Libro bianco sullo sport in Italia del 2012, fornisce ulteriori e più specifiche indicazioni. Il primo dato emergente è che, poiché circa il 60% della popolazione pratica attività, i benefici che implicitamente ne derivano sono dell’ordine di:

- 52.000 malattie evitate ogni anno;

- 22.000 morti evitate ogni anno.

In termini di controvalore economico si stimano:

- 1,5 miliardi di euro di risparmio sulla spesa sanitaria nazionale;

- circa 32 miliardi di euro di “valore della vita” salvaguardato.

1 Fonte: WHO; The American Heart Association Statistics Committee and Stroke Statistics

Subcommittee; European cardiovascular disease statistics 2008

2 Knowler et al., Reduction in the incidence of type 2 diabetes with lifestyle intervention or

metformin, N. Engl. J Med, 2002

3 F. Sassi, Obesity and the economics of prevention. Fit not fat, OECD

Basti pensare che la riduzione dell’1% di soggetti inattivi in Italia (circa 215 mila persone) porterebbe un beneficio incrementale annuo di 80 milioni di euro di risparmio di spesa sanitaria e non) e 1,7 miliardi di euro di Valore della Vita “salvaguardato”4. 

Esistono altri elementi da prendere in considerazione. Uno studio molto accurato afferma che l’assenza di attività fisica

• raddoppia il rischio di depressione (OR=2.3)

• raddoppia i disturbi di attenzione, in particolare a scuola (OR=2.1)

• triplica il rischio di disturbi psicosomatici, incluse le dipendenze;

• aumenta i problemi psicosomatici (OR=1.4), con un maggior rischio (quasi raddoppiato) di comportamenti fuori dalle regole fino a comportamenti anti-sociali5.

Chi vive lo sport è maggiormente portato alla serenità, alla solarità, ad apprezzare l'ambiente circostante, le sue bellezze, i suoi dettagli. Non è forse un caso che anche Amleto, ormai preso dalle vicissitudini, colleghi il suo stato d'animo a una sorta di apatia che gli fa evitare l'esercizio fisico e gli rende poco interessante il mondo. Dice il protagonista dell'opera shakespeariana: Ultimamente, ma non saprei dire perché, ho perso tutta la mia allegria, ho tralasciato ogni abitudine d'esercizio fisico; ed invero il mio umore si è di tanto aggravato, che questa magnifica struttura della terra mi sembra uno sterile promontorio...6. La scienza lo ha capito: i gangli basali, che coordinano i nostri movimenti, modulano anche i meccanismi di motivazione, ricompensa, dipendenza e abitudine. Ossia le quattro caratteristiche cardinali che ci guidano, sia nei comportamenti generali positivi della nostra vita, sia - quando sono alterate – negli aspetti negativi. Gioco e sport spingono al movimento e ridonano gli entusiasmi.

Ci stiamo muovendo su questa relazione: sport e salute. Discorso iniziato nel 1986 ad Ottawa, quando su carta si sono introdotti paradigmi innovativi sul tema in questione. Nella  dichiarazione promulgata nella città, si legge: La salute vista, dunque, come risorsa di vita quotidiana, non come obiettivo di vita: un concetto positivo, 4 Cfr. Il libro bianco dello sport italiano, CONI, 2012 5 Kantomaa MT et al., Emotional and behavioral problems in relation to physical activity in youth, Med. Sci. Sports, Exerc 40 (10): 1749, 56, oct 2008 6 W. Shakespeare, Amleto, Atto II, scena II che insiste sulle risorse sociali e personali, oltre che sulle capacità fisiche. Di conseguenza, la promozione della salute non è responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma supera anche la mera proposta di modelli di vita più sani, per aspirare al benessere7.

Le proposte

E allora… Come scritto nella presentazione a questo seminario, ci piacerebbe rilanciare un po’ di speranza e di cultura sportiva, per salvaguardare e garantire una passione e un’esperienza di vita che è cara agli italiani. Da qui, da ora, il gruppo Libera lo sport lancia l’idea di una “rete sociale antidoping”. Una chiamata a raccolta di chi ama e crede in uno sport “pulito” che possa trasmettere i valori più alti alle giovani generazioni. Bisogna far comprendere però, che proprio per questo, lo sport deve essere maggiormente valorizzato, nell’ambito educativo, del welfare e dell’inclusione sociale, e come straordinario mezzo di medicina preventiva.

E allora… alcune proposte. Libera lo sport, in un percorso di approfondimenti e confronti che sono stati attivati tra gli enti aderenti, intende avanzare alcune proposte:

a) trasferimento di tutte le competenze antidoping ad agenzia istituita ad hoc. Nel riconoscere che la legislazione italiana e il centro antidoping del CONI rappresentano delle avanguardie, Libera lo sport non ritiene che questo significhi accontentarsi. In termini di prevenzione, di  promozione, di tutela, di accompagnamento di coloro che sbagliano, si può e si deve fare di più. Si immagina, in particolare, un’entità capace di disegnare progetti di prevenzione condivisi, in cui ci sia corresponsabilità fra soggetti pubblici e privati, fra il mondo della scuola e il mondo dello sport, tra enti di promozione sportiva e federazioni. L’obiettivo sarebbe valorizzare quanto conseguito finora, consentendo a ciascuno di dare il meglio. Una volta tanto, però, insieme, e non in un quadro frammentato e confuso di politiche di prevenzione e di contrasto, di azioni culturali e formative troppe volte “splittate” su più fronti e poco efficaci in termini di efficienza e di efficacia. Nello stesso tempo, si eliminerebbe definitivamente il conflitto controllore/ controllato che ha alimentato troppe volte azioni di sistema 7 Carta di Ottawa per la promozione della salute illecite e molto spesso fondati sospetti e accorate preoccupazioni.

b) non solo anti Libera lo sport crede che vada investito sulla cultura sportiva e sulla conoscenza degli sport. Un plurale che vuol dire lo sport di tutti e di ciascuno, per tutti e per ciascuno, capace di soddisfare le qualità e il divertimento, soprattutto dei più piccoli. A livello giovanile soprattutto, sono in forte trasformazione i modelli di fruizione dei servizi sportivi e la stessa loro erogazione risente in termini di qualità della proposta e di finalità della medesima. Una rete sociale antidoping si impegna a sperimentare metodologie e discipline innovative, a far conoscere prima che a far competere, a mettere in gioco il corpo per farlo crescere e non solo per farlo vincere. Qui si mettono in gioco la formazione degli educatori sportivi e la cultura legata a farmacologia spiccia ed abuso medico. Occorre liberare lo sport anche da ques ta ecces siva medicalizzazione nella formazione degli istituti di scienze motorie, perché si sta perdendo il valore in sé e per sé dello strumento sportivo. Si tratta di una deriva che riguarda tutta la società. Raccontare che la pratica sportiva può sostituire pasticche, sciroppi e dintorni è azione importante. Una rete sociale allora mette a disposizione competenze differenziate, unisce scuola e medici, operatori sportivi e amministratori locali.

c) eventi Libera lo sport. Libera lo sport propone, sia a livello nazionale, sia a livello territoriale, la promozione di eventi denominati Libera lo sport. La rete sociale antidoping è, infatti, costituita di reti locali che possono promuovere giornate di sensibilizzazione e sport, seminari, convegni, corsi di formazione, ecc., che vedranno impegnati gli enti aderenti. Un percorso da un Contromafie all’altro sarà così costellato di azioni di risonanza e conferma delle alleanze di  quanti hanno a cuore gli sportivi e le sportive. Libera lo sport si impegna a dare visibilità comunicativa agli eventi, sostenendoli con: schede organizzative e didattiche, presenza di relatori, azioni di comunicazione. A livello nazionale, Libera lo sport assume i seguenti impegni, attraverso gli enti aderenti:

- incontro dei comitati medico-scientifici delle associazioni sportive, al fine di condividere linee di intervento e di prevenzione comuni;

- organizzazione di due convegni all’anno sul contrasto al doping, in cooperazione con Libera, per monitorare il fenomeno e valutare le comuni azioni preventive e promozionali;

- costituzione di un osservatorio inter-associativo per la raccolta e la valorizzazione di buone pratiche di contrasto al doping.

d) perdono per gli atleti dopati negli ultimi 10 anni. Il modello di riferimento è ai tribunali morali che nel ‘900, a partire dalla verità, hanno riconciliato, attraverso il perdono e il reinserimento, crimini e illeciti di rilevanza assoluta. Immaginiamo un sistema di collaborazione e di seconda opportunità per chi ha sbagliato, ma anche in grado di distinguere l’errante dall’errore. Il perdono produce frutti inimmaginabili e Libera lo sport dice agli atleti, scoperti e non, vittime di doping, che non sono soli, ma che devono sostenere la verità per ottenere il perdono. Lo sport ha più confidenza con le pene che con il perdono. Il punto non è che sia amnistia o indulto, ma che si proponga un tempo per far emergere la verità, si offra una seconda occasione per chi è davvero pentito e lo sport riconfermi la sua capacità di accogliere, orientare e dare speranza. Libera lo sport chiede anche a questi atleti di divenire testimoni attivi di azioni di contrasto al doping, anche con presenze negli eventi locali, soprattutto a tutela degli atleti più giovani e di quelli più promettenti, affinché siano salvaguardati i veri talenti.

Conclusioni

Noi di Libera lo sport siamo convinti che ci siano le condizioni, proprio ora, perché il sistema sportivo si scuota dal torpore che lo avvolge. Togliere la polvere accumulatasi del doping significa ripulire settori importanti che ci interessano da vicino. Siamo sicuri che è possibile, a condizione che lo si faccia insieme: CONI, federazioni, enti, scuole, università, medici, tecnici, dirigenti, arbitri… Atleti e loro famiglie! Una rete sociale antidoping è un atto di amore verso lo sport e gli sportivi tutti che nello sport mettono, come qualcuno ha scritto, se stessi e il loro universo umano8. 8 R. Barthes, Lo sport e gli uomini

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