Nazionale

Integrazione e sport giovanile: l'importanza del ruolo dell'arbitro

Carlo Balestri, politiche internazionali Uisp, interviene dopo alcuni casi di discriminazioni in campionati di calcio juniores
Lo dice Carlo Balestri di Uisp e Mondiali Antirazzisti commentando quanto successo negli ultimi giorni sui campi di calcio e di basket: "L'arbitro, soprattutto a quei livelli, dovrebbe essere un educatore prima ancora che un tecnico del regolamento. Manca una cultura e una formazione adeguata degli operatori. Soprattutto nei campi da calcio periferici": Carlo Balestri, responsabile politiche internazionali Uisp e dei Mondiali Antirazzisti, commenta così quanto accaduto di recente sul campo da calcio di Poggio Rusco, provincia di Mantova. La partita è Poggese - Sant'Egidio, la categoria juniores. Un ragazzo di colore della squadra ospite fa un fallo, non cattivo, su un avversario che, dopo essersi alzato, gli urla in faccia “negro di m…" per due volte. L'allenatore del sant'Egidio, Riccardo Nizzola, vede e sente tutto e chiede spiegazioni all'arbitro, che sostiene di non avere sentito nulla. Così come non hanno sentito nulla né l'allenatore della Poggese né la sua squadra. Nizzola esce e va in tribuna, senza che l'arbitro ce l'abbia mandato. I suoi ragazzi, per solidarietà con il compagno insultato, si fanno espellere uno dopo l'altro, fino a restare in 6, numero che obbliga l'arbitro a sospendere la partita. 

"Avremmo dovuto essere in campo per capire esattamente le dinamiche. Ma se è davvero andata così… L'arbitro, soprattutto a quei livelli, dovrebbe essere un educatore prima ancora che un tecnico del regolamento, adeguatamente formato anche sul tema della multiculturalità. Ben venga, poi, lo spirito di solidarietà dei compagni del giovane insultato, ma avrebbe dovuto essere condiviso anche dagli avversari". 
Balestri racconta di quanto successo pochi giorni fa nel Varesotto, durante una partita di basket categoria allievi: un arbitro ha intimato a un atleta indiano di religione sikh di levarsi il turbante. Il ragazzo si è rifiutato perchè il suo credo non lo permette. Così, la sua squadra ha deciso di abbandonate la partita, con la solidarietà degli avversari. L'arbitro è stato cacciato e, alla fine, una gara di campionato si è trasformata in amichevole, con sul parquet anche il giovane sikh con il suo turbante. La decisione dell'arbitro era corretta, stando al regolamento, ma, come ha sottolineato il presidente della Fip Gianni Petrucci condannando l'episodio, "servono massima flessibilità e tolleranza, soprattutto nei campionati giovanili"

"I ragazzi vivono nell'esempio distorto del calcio maggiore, dei genitori sugli spalti, degli adulti che pensano che l'unica cosa importante sia vincere. Per questo, è necessario che gli allenatori e gli arbitri siano formati", dice Balestri. Così, per esempio, Uisp Bologna ha dato vita a “Oltre le regole: facciamoli giocare, lasciamoli giocare”, un progetto rivolto a ragazzini dagli 8 ai 14 anni (80 società sportive coinvolte, per un totale di 1.800 bambini). Un campionato senza classifica né cartellini, con tutte le sostituzioni che si vogliono, dove l'arbitro prima della partita incontra una rappresentanza dei genitori chiamati a tifare solo a favore e mai contro e in campo interrompe il gioco quando necessario per spiegare le regole, i codici e il fair play. (Fonte: www.redattoresociale.it)

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