Nazionale

Il ricordo di Pietro Mennea, scomparso due anni fa

In occasione della fiction di Rai Uno in onda il 29 e 30 marzo
 
Aspettando la fiction che lo racconterà in tv, celebriamo a due anni dalla scomparsa un mito dello sport italiano. Il 21 marzo 2013, infatti, veniva a mancare Pietro Mennea, atleta straordinario, vincitore di un oro e due bronzi olimpici e di un argento e un bronzo mondiale. Rai Uno lo celebra con una fiction, "Pietro Mennea. La Freccia del Sud", che verrà trasmessa domenica 29 e lunedì 30 marzo, interpretata da Michele Riondino. 

"Pietro Mennea voleva mettere ordine nel disordine del mondo - scrive Valerio Piccioni su Sportweek, il settimanale della gazzetta dello sport, di sabato 21 marzo - Cercava sempre un metodo nelle cose che faceva. Ha vissuto quasi 61 anni ma pensando ai molti capitoli della sua storia, ragazzo, atleta, studente, professore, dirigente calcistico, eurodeputato, avvocato, sembrano tanti di più. E non gli bastavano. Racconta la moglie Manuela: "Durante la lotta contro il tumore diceva al medico: 'Non posso morire, ho ancora tante cose da fare'". Oltre la pista. Dov'era stato straordinario con 528 gare tra il 1968 e il 1988. Un record del mondo, 19"72' sui 200 metri, tutt'ora d'Europa. Il primato del velocista che si è allenato di più al mondo".

"Non era un tipo facile, qualche volta davvero intrattabile. Ma Fidal e Coni gliene fecero tante, durante e soprattutto dopo l'atletica. Forse dopo la formidabile stagione '80 cominciò un altro Mennea. Si ritirò, riprese, si ritirò, riprese ancora. L'atletica divenne amore e odio, voglia di scappare e imbattibile calamita che ti riporta indietro. Vennero medaglie mondiali, altre finali olimpiche, nuove emozioni. Ma era come se Pietro non fosse più a casa sua. Forse fu il doping, visto sulle facce e sui muscoli di alcuni avversari, ma anche nella tentazione, sconfitta in una battaglia non facile, di cadere pure lui nella rete, subito dopo Los Angeles '84. Si sentiva spremuto dall'atletica, ma non ne poteva fare a meno. Solo nell'88, dopo Seul, disse basta". 

Per leggere l'articolo integrale di Piccioni clicca qui

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