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La scomparsa di Carlo Vittori: trent'anni fa l'intervista con l'Uisp

L'allenatore di Pietro Mennea è scomparso il 26 dicembre. Nel 1985 l'Uisp lo intervistò e gli dedicò la copertina de "Il Discobolo"
 
Carlo Vittori, lo storico allenatore di Pietro Mennea, è deceduto il 26 dicembre scorso a 84 anni ad Ascoli Piceno, dove era nato e dove viveva. L'Uisp gli dedicò una copertina del Discobolo esattamente trent'anni fa, quando "il professore" era nel pieno della sua attività. "Si trattò del riconoscimento alla carriera e alla competenza di un uomo assolutamente rigoroso nella sua attività di tecnico", ricordaSalvatore Farina, presidente Uisp Sardegna, che rimase a lungo in contatto con Vittori per la comune adesione all'associazione dei tecnici di atletica leggera, Assital. "L'ho sentito l'ultima volta un mese fa - prosegue Farina - mi parlava del suo ultimo libro 'Nervi e cuori saldi' sui fondamenti dell’allenamento dei giovani, per i quali è importante la formazione più che la motivazione. E si diceva un po' deluso di alcune scelte della Fidal, come quella di privilegiare l'attività su strada rispetto alla pista".

L'Uisp intervistò Carlo Vittori nel Discobolo, all'epoca il mensile dell'associazione, nel numero di gennaio-febbraio 1985 (la copertina nella foto). In quell'occasione il tecnico toccò molti argomenti e parlò delle sue innovazioni nell'allenamento: "Di invenzioni se ne fanno pochine. Si possono collegare tra loro esperienze diverse, perfezionare, correggere. Lo sforzo è stato quello di isolare le componenti della prestazione di un velocista, di elaborare un modello bioenergetico e biomeccanico della prestazione che ci consentisse di allenare tenendo conto del complesso gioco di tutti i fattori. All'epoca fu una rivoluzione perchè facemmo passare concetti come l'allenamento, i suoi cicli, le sue variazioni ma soprattutto le sue quantità, nel senso della quantità di lavoro. Era l'idea che l'allenamento non è sempre lo stesso, che muta col tempo e può essere programmato anche negli anni, quell'idea era veramente nuova".

Che cosa conta per diventare un campione? "Il temperamento soprattutto - rispondeva Vittori - L'attitudine al lavoro, la capacità di reggere allo stress. L'allenamento ti dà un terzo, il resto è talento e temperamento. Questa del talento è una cosa importante, non si può allenare il brocco come se fosse campione, si rischia di rovinarlo. Il talento è anche un fattore di temperamento, è un atleta che non si fa male. Il talento certe cose sa evitarle. Poi c'è l'ambiente. Il nostro è un ambiente chiuso. Nello sport vanno avanti quelli che hanno un carattere chiuso, i conformisti, quelli che parlano a sproposito non hanno grande avvenire".

Un consiglio per gli allenatori alle prese con i giovani? “Apertura mentale, disponibilità a mettere in discussione tutto e il contrario di tutto, di studiare l’allenamento che ci può dare ancora cose incredibili. Ai ragazzi posso solo dire di fare sport solo se non è uno sfogo, una fuga da altri problemi, di lavorare duro e di non rinnegare se stessi solo perché c’è in ballo un po’ di notorietà”.
Lei è un uomo controcorrente professore… “No, forse sono solo uno che vede delle cose che non gli piacciono e che lo dice apertamente”.

Vittori ha sempre avuto parole durissime sul doping nell'atletica. Anche molto di recente aveva detto la sua, in occasione del deferimento dei 26 atleti azzurri per i mancati controlli.

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