Nazionale

Calcio e razzismo: in Italia un tema spesso sottovalutato

Il caso Muntari ha riaperto una questione ancora non affrontata dal sistema sportivo italiano. Interventi di R. Chiodo, M. Valeri e C. Balestri
 
Dopo aver subito gli insulti razzisti, per il calciatore del Pescara, Sulley Muntari, è scattata anche la squalifica per una giornata (poi annullata dalla corte sportiva d'appello della Federcalcio): è evidente che nel calcio italiano sono molte le cose che non vanno, sui regolamenti, sulla loro applicazione, sui riflessi nella scarsa cultura dello sport e del “rispetto” nel nostro Paese. Durante la 34° giornata di campionato Muntari è stato vittima di cori razzisti e poi ammonito dall’arbitro per le richieste di interrompere la gara, ed è giunto fino ad abbandonare il campo in segno di protesta, ma ha raccolto la solidarietà dell’Onu.

A proposito dell’episodio la Rete fare-Football against racism in Europe parla di pessimo esempio: “Al bambino, come a tutte le altre persone presenti allo stadio, si è dato un messaggio sbagliato – ha detto Raffaella Chiodo, presidente Rete fare - affermando che chi protesta perché non sopporta più le offese razziste, sbaglia a chiedere l’intervento dell’arbitro, e viene anche punito con la squalifica”.

Oltre ai tifosi l’attenzione si è focalizzata sui calciatori, che potrebbero diventare i veri protagonisti e promotori di una campagna educativa che affronti seriamente il problema del razzismo nel calcio italiano. “A differenza degli altri paesi europei in Italia non c’è una consapevolezza sui temi dell’antirazzismo, soprattutto da parte dei giocatori – ha affermato Mauro Valeri dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali - Non ci vogliono mettere la faccia, perchè sanno che sarebbe un impegno serio da portare avanti. Nell’ultima campagna dell’Uefa, Respect, per dire no al razzismo c’erano calciatori di tutti i paesi, ma in quello spot non c’era nessun italiano. L’Italia su questo tema è stata moto disattenta, anche il movimento antirazzista non ha dato la debita importanza agli episodi che avvengono negli stadi”.

Sono tante però le esperienze di squadre multietniche e antirazziste che portano avanti progetti di inclusione ma vincono anche sul campo. A Roma la ‘Liberi Nantes Football Club’ è la prima squadra di calcio in Italia interamente composta da rifugiati e richiedenti asilo che dal 2008 disputa il campionato di terza categoria, fuori classifica, con il sostegno di Uisp e Unhcr. Altra storica e vincente esperienza è quella di Afro Napoli United: dopo due promozioni consecutive domenica sarà in campo per i play off promozione al campionato di Eccellenza. Ma non finisce qui. Sempre a Roma troviamo l’Atletico diritti, una squadra composta da immigrati, detenuti o ex detenuti, studenti universitari che nasce dalle associazioni Progetto Diritti e Antigone con il patrocinio dell’Università di Roma Tre. Salendo a Nord a Milano troviamo Black Panthers Football Club, squadra di calcio popolare nata dall’incontro del centro sociale Lambretta con i migranti ospiti nel centro di via Aldini. Infine a Torino la Balon Mundial Onlus utilizza lo sport come strumento educativo per favorire l’aggregazione e la partecipazione, e per promuovere la diversità e le identità culturali.

Un’esperienza che da oltre vent’anni lavora per rendere lo sport promotore di integrazione e accoglienza è senz’altro quella dei Mondiali Antirazzisti Uisp, in programma dal 5 al 9 luglio in provincia di Modena. “I calciatori dovrebbero diventare i testimonial di una campagna seria contro le discriminazioni nello sport, portando avanti anche la parte educativa, come ha fatto Muntari in campo – è l’opinione di Carlo Balestri, ideatore Mondiali Antirazzisti - E come facciamo noi da vent’anni con i Mondiali Antirazzisti. Continueremo a farlo, anche attraverso tante altre iniziative tese a sollecitare e sensibilizzare i cittadini su questo argomento, che non va mai trascurato e su cui bisogna agire più consapevolmente e in maniera sistematica”.

ASCOLTA L’AUDIO del GrsWeek di venerdì 5 maggio che ha affrontato la questione razzismo nel calcio. (Elena Fiorani)

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