Nazionale

Cambiamento: parola chiave per esprimere le potenzialità dei Giochi

Per Mimma Calligaris e Monica Pietrangeli lo sport è un terreno in cui si “giocano” i cambiamenti, culturali e sociali, del nostro Paese e non solo

 

28 maggio 2019: il manifesto 'Media, donne e sport' è stato il primo passo di un nuovo cammino per una diversa informazione nello sport, libera da stereotipi, consegnando centralità alle atlete, alle tecniche, alle dirigenti, alle giornaliste. 'Road to Tokyo' avrebbe potuto essere il sottotitolo, la meta si è spostata di dodici mesi, ma adesso ci siamo, le Olimpiadi e le Paralimpiadi sono ormai alle porte. Sarà un’edizione straordinaria, in tutti i sensi. Le gare si svolgeranno in stadi, piscine, campi blindati. Non ci sarà il pubblico ad assistere alle competizioni. Le delegazioni sportive saranno ridotte all’osso. Così la presenza delle giornaliste e dei giornalisti. E, purtroppo, i numeri sono ancora troppo sbilanciati: per la carta stampata italiana, su 119 accreditati, le colleghe sono solo 8, una su 23 fotografi, 7 su 96 per la narrazione scritta. Non va meglio nella delegazione Rai, dove le colleghe raggiungono appena il 10% del totale.

Così, mentre applaudiamo alla prima telecronista che ha raccontato l'Italia alla finale degli Europei, Katia Serra, dobbiamo fare i conti con chiusure e sottovalutazioni: “Troppi ancora non accettano che una donna possa parlare di calcio”, sottolinea Serra, ma vale, ancora, purtroppo, per la quasi totalità delle discipline.

Le poche, i pochi, che saranno a Tokyo saranno gli occhi e le bocche di tutte e tutti noi. Attraverso le loro narrazioni arriveranno nelle nostre case le gare e le storie, i risultati e il 'dietro le quinte', in tutta la loro spettacolarità e bellezza,
Come chi si allena per un nuovo record e ha preso una rincorsa lunga anni, ci aspettiamo che questa edizione faccia fare un salto in avanti al giornalismo sportivo italiano. A Rio una collezione di brutture: “Il trio delle cicciottelle sfiora il miracolo olimpico”, per raccontare il 4° posto della nazionale femminile di tiro con l'arco, ma anche “argento a Rio e oro in bikini per disegnare il lato B di Rossella Fiamingo”, solo due esempi, nei titoli e nei contenuti, di cosa intendiamo per cattivo giornalismo sportivo, quello che esalta gli stereotipi (alcuni sport non sarebbero adatti alle donne, lo spettacolo sportivo è meno divertente di quello degli uomini, le donne che praticano sport sono troppo maschili) e rimane impermeabile ai cambiamenti, che fatica a usare il linguaggio di genere quando parla di sport femminile. Che arranca di fronte ai numerosi, innegabili, successi nazionali e internazionali delle atlete italiane, testimonianze continue dell’esistenza di un ambiente sportivo femminile vivace e in fermento (lo dicono anche i numeri di Tokyo, dove gareggeranno in 36 discipline 384 atlet, 198 uomini, 186 donne). Facciamo i conti, troppo spesso, con un racconto, per parole e immagini, che continua a preferire i maschi, non riconoscendo, spesso proprio a partire dai vocaboli scelti, questo mondo appassionato delle donne. Un giornalismo che, quando parla delle discipline al femminile è prodigo di particolari sulla vita privata e meno sulle prestazioni, con una gerarchia, sbagliata, che privilegia l'immagine esteriore al risultato

Certo, la responsabilità di questa dispari opportunità non è solo del giornalismo. Gli stereotipi ammantano le scelte delle federazioni sportive innescando circoli decisamente poco virtuosi, con le squadre femminili, tranne qualche rara eccezione, relegate a una scarsa visibilità, e dunque poco seguite da pubblico e tifosi nonostante innegabili successi e record. C'è un gap preoccupante di rappresentanza nelle federazioni (una sola donna presidente, nello squash) e nelle società stesse, dove esiste una evidente sproporzione ai vertici e negli staff tecnici. La riforma, ancora sulla carta, porterebbe un professionismo femminile apparentemente invocato, ma nei fatti osteggiato.

Noi giornaliste, e giornalisti, dobbiamo assumerci la responsabilità di aiutare e sostenere il cambiamento. Strumenti ne abbiamo: proprio il manifesto 'Media donne e sport', voluto da Giulia e Uisp e sottoscritto da Cpo Fnsi e Cpo Usigrai, e il volume che ora è tra le pubblicazioni della Fondazione Murialdi, sono il risultato di un confronto e di una riflessione, tra chi pratica e chi racconta, per combattere una rappresentazione inadeguata da parte dei media e creare le condizioni per ribaltare i numeri e ampliare gli spazi. C'è il contratto di servizio della Rai, e ci sono la 'Carta europea dei diritti delle donne nello sport' e la normativa dell’Unione Europea contro le discriminazioni fondate sulla razza, la religione, le convinzioni personali, la disabilità, l’età e l’orientamento sessuale, ormai recepita nel diritto nazionale di tutti gli stati membri.
Lo sport è, sempre più, un terreno in cui si “giocano” i cambiamenti, culturali e sociali, del nostro paese e non soltanto. L'augurio è che l'appuntamento con le Olimpiadi e le Paralimpiadi, così tanto atteso, simbolo di una auspicata sconfitta della pandemia, sia raccontato nel modo giusto. Soprattutto per i milioni di ragazzi e ragazze che le seguiranno da spettatori o aspiranti atleti, confidiamo in un linguaggio rispettoso, capace di esprimere la nuova realtà dell'universo sportivo. Fatto di un variegato mondo di culture e provenienze, di religioni o convinzioni differenti, di diverse abilità, scelte sessuali, identità di genere e generi, fatto di uomini e donne, che ne saranno protagonisti e che dovranno raccontarlo. Per tutti e tutte. (Mimma Calligaris, presidente Cpo Fnsi e vicepresidente nazionale Ussi - Monica Pietrangeli, coordinatrice Cpo Usigrai)

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