Nazionale

Ciclisti sulle strade, vite e non birilli. Prosegue l'inchiesta Uisp

Prosegue l'inchiesta dell'Uisp ciclismo su biciclette e sicurezza. In questo articolo l'intervento di Davide Cassani, della nazionale italiana di ciclismo

 

L'inchiesta su biciclette e sicurezza curata da Roberto Babini, della redazione Uisp Ciclismo, prosegue con l'intervento di Davide Cassani, Commissario tecnico della nazionale italiana di ciclismo.

Pare che ai giorni nostri siamo ancora in guerra, una guerra urbana dove non ci sono vincitori ma solo vinti.
Stando alle cifre dei decessi, che raccontano una brutta storia, perdono tutti: automobilisti, pedoni e ciclisti. Una storia di vittime, un morto in bici ogni 30 ore, 17mila incidenti, insomma cifre da pelle d’oca, e dopo aver ascoltato Roberto Sgalla, uno dei massimi esperti in Italia di sicurezza stradale, siamo andati a bussare alla porta di Davide Cassani, CT della nazionale italiana di ciclismo.

Insomma Davide che succede?
"Troppi, davvero troppi incidenti, tanta maleducazione, troppa disattenzione per le regole, che pure esistono, ed occorre dirlo, nessuna categoria è esclusa dal rispetto delle regole anzi, chi chiede rispetto dovrebbe essere il primo ad osservarle".

Hai proposto in questi giorni un riassunto, un decalogo di regole come un “santino”, vuoi ricordarlo? 
"1. In allenamento non si è in gara. In una rotatoria o incrocio, rallentate per vedere il pericolo. Io ho avuto due incidenti, e in tutte e due le volte la macchina non mi ha visto. Io avevo la precedenza e sono stato preso. Dobbiamo pensare a quello che fa l’automobilista, non tirare dritto anche se abbiamo la precedenza.

2. Rispettare sempre le regole del Codice della strada. Vuol dire essere noi ciclisti per primi a comportarci bene. Se le rispetto, posso arrabbiarmi se qualcun altro non lo fa. Altrimenti non siamo credibili.

3. Montare le luci sulla bici magari anche il radar-auto. Luci anteriori e posteriori, insegniamo ai bambini a montarle. Dobbiamo essere educatori prima che direttori sportivi. Mi fa rabbia vedere che i bambini non ce l’hanno. Facciamoci vedere. E non mi stacco più dal radar che mi annuncia con un bip l’arrivo di un’auto alle spalle. Costa qualche centinaio di euro e incorpora anche la luce.

4. In bici sempre con casco e indumenti molto visibili. Sul casco c’è poco da aggiungere. Sugli indumenti, scegliete sempre colori fluo, come fanno le squadre professionistiche in allenamento. Io vedo sempre tanti corridori tutti neri.

5. Non tagliare mai le curve, fermarsi al semaforo rosso. Che senso ha correre così? Stiamo sempre a destra. La bici è un gioco bellissimo, ma quando siamo in strada non è più un gioco. Al semaforo ci si ferma. Che cos’è un minuto in più rispetto alla vita?

6. Non usare mai i cellulari, togliersi le cuffiette. Sembra ovvio, ma non lo è. Bisogna pedalare concentrati e sentire quello che avviene sulla strada.

7. Nelle gare cicloamatoriali, se siete staccati pedalate con la massima prudenza. Bisogna essere consapevoli che non sono tante le Granfondo con il traffico chiuso dal primo all’ultimo corridore. Ci potrebbero essere delle auto.

8. Serve una campagna di sensibilizzazione per tutti gli utenti della strada. Nel Codice della strada la bici è ancora chiamata velocipede. La politica deve sforzarsi per trovare il sistema di renderla uguale agli altri mezzi di trasporto. A livello globale serve una grossa campagna di sensibilizzazione, ogni giorno muoiono 10 persone sulle strade, non è accettabile. Non è un problema solo dei ciclisti, ma di tutti quelli con cui dividiamo le strade. Per non parlare della loro condizione: buche e altro.

9. L’educazione stradale alla bici deve iniziare già ai quiz per la patente. C’è molta ignoranza su come comportarsi quando si vede un ciclista. Non si sa come superarlo, si ignorano le distanze. Serve un’educazione stradale quando si va a scuola guida per prendere la patente.

10. Mantenere la calma: sulla strada serve dialogo. Se l’automobilista suona il clacson, io alzo la mano come per dirgli che l’ho sentito, so che lui c’è e appena posso lo faccio passare. C’è bisogno di dialogo sulla strada, arrabbiandoci non risolviamo nulla. Tanti incidenti sono causati da chi ci vede pedalare in gruppo e ci odia. Ci vuole dialogo e tempo, serve sensibilizzazione reciproca e tolleranza. Servirà tempo. Capiranno che ci siamo pure noi".

Non temi che alcuni suggerimenti possano poi portare all’inasprimento delle norme, come ad esempio l’introduzione ad assicurazione o targa alla bici?
"Può essere, per me al primo posto c’è la sicurezza e non la penalizzazione. Non ci sarebbe bisogno di nulla se il metro con cui si misura tutto fosse il reciproco rispetto. Mettere la parola “ciclista” nel codice come categoria da proteggere non lo ritengo sbagliato, se serve questo  per sederci ad un tavolo e parlarne… parliamone". (Roberto Babini, redazione Uisp Ciclismo)

(2-continua)

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