Nazionale

Donne e sport: nel '68 il calcio era sinonimo di libertà

Maura Fabbri, allenatrice genovese di una squadra femminile Uisp, si è raccontata nella trasmissione di Rai Tre "Le ragazze del '68"

 

“Nel ‘68 ero a Genova, la mia città, ed ero veramente una brigante: per me è stato il periodo più bello perché, mentre le donne contestavano e si battevano per le loro idee, io ero in campo e mi battevo perché le donne calciatrici venissero accettate per quello che erano”. A parlare è Maura Fabbri, una delle due protagoniste della puntata di domenica 11 febbraio de “Le ragazze del ‘68”, la serie trasmessa da RaiTre, che tratteggia ritratti di donne che hanno vissuto il 1968, in diverse città, contesti sociali, situazioni familiari.

Così Maura Fabbri, 66 anni, genovese, vincitrice del primo scudetto di calcio femminile nel 1968 con la società A.C.F. Genova e giocatrice della prima Nazionale italiana in rosa, e ora allenatrice della formazione genovese del Bavari Hills, iscritta al campionato di calcio femminile Uisp, si è raccontata in tv. “Il ‘68 è stato l'anno in cui abbiamo coronato il sogno di vincere il primo scudetto di calcio femminile in Italia, il mio ruolo era centrocampista, mezzala sinistra, e mi piaceva perché correvo tantissimo. Le donne del 68 erano in piazza a fare le loro battaglie politiche per la libertà, noi la nostra battaglia la facevamo per la libertà di dimostrare che eravamo donne che sapevamo giocare ed eravamo femmine”.

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“Ero piccolina e un amico di mio padre è venuto a casa e ci ha parlato di un signore che stava facendo una squadra di calcio femminile, ho provato: c'era tantissima gente a vedere questa partita, ero emozionata. Dopo questo primo incontro sono cominciati gli allenamenti con la squadra dell'AFC Genova ed è cominciata la mia avventura col calcio femminile. All’inizio era strano vedere una ragazzina che gioca a calcio, specialmente intorno ai 12-13 anni. Ci allenavamo notte e giorno, la domenica mattina, le squadre maschili non ci lasciavano molto spazio, facevamo fatica a trovare i campi liberi e ad allenarci però andavamo avanti. Stare insieme era bello, ognuna aveva la sua vita, la sua famiglia, il suo ragazzo, i nostri amici ci seguivano. Mi sentivo libera di fare quello che volevo, libera di pensare, di muovermi, di essere me stessa”.

“Oggi faccio la pensionata, alleno le ragazze della squadra del Bavari Hills: quasi nessuna giocava a calcio, hanno iniziato per passione e ora sono diventate brave e hanno vinto l’A1 del campionato Uisp di calcio femminile. La mia più grande soddisfazione è quella di essere riuscita a fare qualcosa di positivo nel calcio femminile, e di aver coniugato sport e lavoro”.

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