Nazionale

Segnali di nuovo sport, specchio di un’Italia che cambia

Dal buio della pandemia alla luce dei recenti successi sportivi: stili di vita attivi, nuova narrazione, relazioni. E se fosse l'alba di una nuova cultura sportiva?

 

Tante difficoltà per le Asd e le società sportive di base alla ripresa del nuovo anno sportivo: un anno e mezzo di Covid, una maledizione che si è abbattuta su di un tessuto sportivo e sociale, fortissimo ma fragilissimo. Per molte realtà associative del territorio che troveranno la forza di rialzarsi, significherà quasi ricominciare da capo. Una tenacia che può rinascere sotto una buona stella, e questa può essere la buona notizia: una nuova coscienza popolare che fa dello “sport” qualcosa che riguarda la vita di tutti, qualcosa di familiare e di amico. Che è a portata di mano per cambiarti la vita. Questa presa di coscenza, che significa libertà di movimento e di ricominciare a godere, con misura, del proprio corspo può generare una nuova cultura sportiva nel nostro Paese. C'è in giro più di un segnale.

Anche nel modo di vivere i tanti successi di quest’estate azzurra davvero magica, dal calcio alla pallavolo, dalle Olimpiadi alle Paralimpiadi. Un modo nuovo di viverli e di raccontarli da parte dei media: una narrazione più vicina alle storie di tutti i giorni, i nostri e quelli dei campioni sportivi. E siccome abbiamo tutti i piedi per terra e tutti siamo stati vittime del Covid-19, vuoi vedere che stavolta i campioni superstellari scendono dal piedistallo e si uniscono alla nostra foto di gruppo, nelle difficoltà e nei trionfi. Ecco, in questo modo lo sport di vertice e quello spettacolo possono essere un buon viatico ad una nuova cultura dello sport, qualcosa da vivere in prima persona, perché ognuno ha da guadagnarci, per sconfiggere sedentarietà e pigrizia.

Anche lo sport spettacolo sembra umanizzato dopo questa estate di medaglie: il racconto sportivo si è fatto più vario, più ad altezza d’uomo, di donne, di famiglie, per dirla tutta. Trasmissioni inedite nel format, come il Circolo degli anelli in prima serata nelle notti olimpiche di Tokyo, condotto da Aessandra De Stefano su Rai Due. Che ha chiuso il ciclo di trasmissioni olimpiche ricordando Patrick Zaky, detenuto ingiustamente nelle carceri egiziane. Così come le telecronache delle partite europee, commentate da Katia Serra, capaci di spaziare dagli aspetti tecnici a quelli di genere. O le dirette notturne di Sandro Fioravanti, che ha commentato le Paralimpiadi su Radio Uno Rai e sembrava “Tutto il calcio minuto per minuto”. Complimenti a loro ma non solo, anche sulla carta stampata e nel web abbiamo visto tracce di un racconto nuovo. Ricordo che ci sono stati, anche in passato, esempi importanti di comunicazione sociale attraverso lo sport: come non citare la rubrica settimanale realizzata da Carlo Paris in prima serata, incollata al Tg1 Rai? O l'esperimento della rubrica "Uno su mille ce la fa" su Rai Sport 1 nel periodo in cii lo stesso Paris era direttore della testata sportiva. C'è da chiedersi perchè siano stati cancellati e c'è da augurarsi che questa nuova via abbia continuità.

Registriamo anche attenzione ad un linguaggio più preciso, rispettoso, colorato (senza bisogno di essere "colorito" perchè tanto, in fondo, chi non è disposto all'indulgenza verso le cafonerie di certo gergo sportivo?).

Lo sport è lo specchio di una “società cambiata sotto i nostri occhi”: scrive proprio così il direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, in un editoriale di fine agosto. Da quanto tempo lo dice e lo scrive l’Uisp: lo sport è specchio della società, non è una realtà separata, empirea, d’avorio. Lo sport rispecchia una società in trasformazione continua, che cambia “più velocemente di quanto le istituzioni ed anche i media siano riusciti a comprendere e rappresentare nell’ultimo quarto di secolo”. Il titolo dell’articolo è un manifesto che fa da ombrello a molti spunti che abbiamo visto in giro: “L’Italia che vince è quella dei diritti”, perché le medaglie olimpiche e le vittorie europee sono il frutto soprattutto della seconda generazione: figlie e figli di migranti” o più semplicemente di stranieri che hanno deciso di vivere in Italia. Quindi: lo sport come “specchio”  di un’Italia multietnica che “è già una vibrante realtà”.

Lo sport è socialità e relazioni: l'Uisp lo dice e lo pratica da sempre. All'inizio ha prevalso la voglia di reagire, se si rompono le relazioni e il distanziamento impone le quattro mura domestiche l'Uisp inventa la campagna "La palestra è la nostra casa" e poi "Futuri Movimenti" con insegnanti, società sportive e Comitati protagonisti. Una campagna di comunicazione sociale capace di generare idee, energie con centinaia di video realizzati e oltre un milione di visualizzazioni. L'assenza di gravità di questo periodo ci ha resi vicini e lontani, digitalizzati e smartworkati, concentrati ad evitare il male, in ogni modo. Ma ci ha fatto scoprire anche l'essenzialità delle relazioni, senza le quali l'essere umano ingiallisce, come un legno secco.Ingialliscono muscoli e abitudini: "per esistere l'uomo ha bisogno della presenza di un altro uomo, di vederlo e sentirlo": non ci sono "altre forme di comunicazione e quindi altre possibilità di vita" (R.Kapuscinski, "In viaggio con Erodoto").

Per uscire dalla panedemia, per rimettere in moto il nostro Paese c’è bisogno di coesione sociale: ecco lo sport, ad esempio, semi di promettente futuro. Che per esprimere al meglio la sua carica vitale ha ancora bisogno di liberarsi dai pregiudizi e dalle satrapìe del passato, di affrancasi da un sistema sportivo che per decenni ne ha fatto lo “specchio” asfissiato di se stesso, di un ordinamento parallelo e separato. La forza dello sport sta rompendo gli argini. (Ivano Maiorella)

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