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Il vertice Onu di Rio+20 ha sancito la vittoria dell'economia

“Rio+20 conferma la supremazia dell’economia sulla politica. Il capitalismo si tinge di verde e la supremazia degli interessi economici mette da parte la ragionevolezza delle decisioni”. Questo il bilancio tratto da Santino Cannavò, responsabile settore ambiente Uisp, nel giorno di chiusura del vertice Onu sullo sviluppo sostenibile, che si era aperto a Rio de Janeiro, mercoledì 20 giugno. “Il documento conclusivo tradisce completamente le premesse, secondo cui bisognava cambiare e cambiare subito. In contemporanea alla conferenza si è svolto il People summit, sorta di vertice dei paesi meno industrializzati, che aveva presentato in apertura dei lavori una proposta per un fondo di 30 miliardi con cui finanziare azioni di sostenibilità che permettessero ai paesi più poveri di stare dentro un processo di progresso sostenibile. Proposta che è stata bocciata. Questa parte della società vede la globalizzazione come un elemento di maggiore consapevolezza del fatto che siamo tutti dentro un unico destino e che c’è bisogno di un’azione collettiva che parta dal livello locale per avere risultati globali”. 

“Il vertice di Rio afferma di puntare sulla green economy - continua Cannavò - ma vede come protagonisti principali i sostenitori della black economy. Il rischio è di perdersi in un contesto internazionale che dimentica l’importanza del locale: coltivazioni autoctone, microeconomia, produzione di energia da fonti sostenibili. Tornare a soddisfare i bisogni delle società evitando le grandi concentrazioni. Il documento finale del vertice è senza alcuna ambizione: si è parlato Rio -20, qualcuno dice che siamo tornati non a venti anni fa, ma ancora più indietro, una catastrofica inversione di tendenza. Il sistema economico riesce a condizionare l’oggi e pregiudicare il futuro”.

 

Cosa possiamo fare nel nostro piccolo, come associazione?

“La nostra azione deve essere informare e creare una coscienza sul tema ambientale: lo sport può fare moltissimo, perché è diffuso sul territorio e propone un sistema di educazione collettivo. Il punto di forza è, anche in questo caso, puntare sul locale, non omologare l’attività sportiva che deve, invece, radicarsi nelle culture in cui nasce. Infine, pensiamo uno sport che promuove socialità, diritti e sia il meno impattante possibile. Cittadini consapevoli del mondo, anche all’interno in un momento della nostra vita come può essere l’attività sportiva, perchè lo sport non è fuori da queste dinamiche di educazione globale”. (E.F.)

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