Nazionale

In un libro la storia dei portabandiera azzurri alle Olimpiadi

“Gli Alfieri Azzurri, storia dei portabandiera ai Giochi olimpici estivi”, è il nuovo libro del giornalista sportivo Federico Pasquali

 

Domenica 5 settembre, con la cerimonia di chiusura delle Paralimpiadi di Tokyo 2020, si concluderà questa entusiasmante estate di sport. Europei, Olimpiadi e Giochi paralimpici ci hanno accompagnato nelle lunghe giornate estive, regalando soddisfazioni e appassionandoci alle storie dei protagonisti. Tra tutti gli eroi di questi eventi planetari il giornalista sportivo Federico Pasquali ha scelto di raccontare la storia dei portabandiera delle Olimpiadi: “Gli alfieri azzurri, storia dei portabandiera ai Giochi olimpici estivi”, è il suo nuovo libro (Pg. 240, euro 18. Ed. Harpo. In libreria dal 5 agosto) che ricostruisce la nascita e l'evoluzione di questo ruolo e sopprattutto ci presenta gli atleti italiani che l'hanno ricoperto.

Infatti il portabandiera non è nato insieme ai Giochi moderni, nel 1896, ma è stato introdotto solo nel 1906, in quelli che furono definiti i Giochi intermedi: un'edizione dell'Olimpiade non riconosciuta ufficialmente. Infatti, dopo le prime edizioni, Atene 1986, Parigi 1900, St.Louis 1904, salvo la prima le restanti furono un fallimento sotto ogni aspetto, il massimo dirigente dell'organismo olimpico internazionale riuscì a convincere gli altri membri a determinare Atene quale sede permanente dei Giochi. Così non fu, perché dopo quell'edizione del 1906 la carovana olimpica tornò a girare il mondo ogni quattro anni e quei Giochi non vennero nemmeno riconosciuti come ufficiali, indicandoli in seguito come “intermedi”, ma al di là di questo fu un'edizione di successo. Le gare iniziarono il 22 aprile e quel giorno, per la prima volta nella breve storia olimpica moderna, scesero in campo i portabandiera. Fu in quell'occasione che, su idea e decisione dello stesso de Coubertin, venne introdotta la sfilata, bandiera in testa, delle rappresentative nazionali, in occasione della cerimonia inaugurale. Nella stessa occasione si svolse anche la parata finale, con l'ingresso delle bandiere in campo, tutte insieme, e gli atleti al seguito. Ogni rappresentativa nazionale scelse un atleta, un alfiere della propria nazione, che una volta entrato nello stadio olimpico portava il vessillo nazionale in testa al gruppo e, una volta transitato davanti al palco d'onore, chinava il capo e la bandiera in omaggio alle personalità presenti. Da quel giorno, il portabandiera è diventato un'istituzione, e l'atleta incaricato di ricoprirne il ruolo un simbolo eterno del proprio paese.


L'Italia, da quel 1906 ai Giochi di Tokyo di quest'anno, ha avuto venticinque alfieri. Il primo resta incerto, nel rapporto ufficiale di Atene 1906 non v'è traccia, così come sui quotidiani dell'epoca. Da una ricerca approfondita su altre fonti, sembra che il ruolo venne ricoperto dal ginnasta Manlio Pastorini, fiorentino, classe 1872. E' invece comprovato chi ricoprì il ruolo nell'edizione di Londra 1908. Toccò a un altro ginnasta, il ferrarese Pietro Bragaglia, all'epoca appena diciottenne, atleta junior della Palestra Ginnastica Ferrara. Sfilò in testa alla delegazione con il vessillo italico e poi si accomodò in panchina, perché non era iscritto ad alcuna gara. In sostanza, fu scelto come una sorta di mascotte. Quattro anni più tardi, a Stoccolma, la bandiera la portò la prima leggenda olimpica dello sport italiano, il ginnasta modenese Alberto Braglia.
Inaugurò così una tradizione, quella di assegnare il ruolo di portabandiera, da parte dei dirigenti del CONI, ad un atleta che aveva vinto in precedenza un oro olimpico, anche se nel tempo non mancheranno le eccezioni. Dopo i ginnasti, nel 1920, ad Anversa, fu la scherma ad avere l'alfiere, il primo di una lunga serie di schermidori e schermitrici. Si tratta di Nedo Nadi, al pari di Braglia una leggenda olimpica. Lo seguì quattro anni più tardi il marciatore Ugo Frigerio, primo
rappresentante dell'atletica e primo alfiere azzurro a ricoprire il ruolo due volte, la seconda nel 1932. Un onore che spetterà soltanto ad un altro atleta, l'inarrivabile schermidore Edoardo Mangiarotti nel 1956 a Melbourne e nel 1960 in occasione dell'edizione di Roma. Nel 1952, a Helsinki, fu la prima volta di una donna. Venne scelta la ginnasta Miranda Cicognani, appena sedicenne, anche lei senza nessun alloro internazionale alle spalle. Motivo della scelta? Era la più giovane della spedizione. Da quell'edizione fino ai giorni nostri, altre cinque donne furono insignite del ruolo: Sara Simeoni, Giovanna Trillini, Valentina Vezzali, Federica Pellegrini e Jessica Rossi. Nel 1972, a Monaco, fu il turno del primo “oriundo”, il marciatore fiumano Abdon Pamich, al quale seguì quattro anni più tardi un altro “oriundo”, il tuffatore Klaus Dibiasi, nato in Austria. Nel 1980, a Mosca, causa boicottaggio per la cosiddetta “Guerra fredda”, l'Italia non schierò il proprio alfiere. Nel 2000, per la prima volta fu scelto un alfiere di colore e di uno sport di squadra, il cestista Carlton Myers. Infine ai Giochi di Tokyo, le nazioni hanno avuto la possibilità di schierarne due, e le quattro mani che hanno portato la bandiera sono quelle della tiratrice Jessica Rossi e del ciclista Elia Viviani.


Il volume scritto dal giornalista Federico Pasquali è frutto di una lunga ricerca effettuata su fonti originali, che ripercorre attraverso le loro vicende la storia dei Giochi olimpici moderni. Impreziosisce il volume la prefazione curata dallo storico dello sport Augusto Frasca: "Di ognuno, anche per il meno esposto alla notorietà, l'autore tratteggia con  correttezza le imprese agonistiche - scrive Frasca - e, nella loro essenzialità, le vicende personali d'ognuno, consegnando alla pubblicistica nazionale un prodotto editoriale d'inequivocabile rilevanza. Dopo le aperture rivolte a Pastorini e a Bragaglia, l'elenco prosegue con i nomi giganteschi di Alberto Braglia, di Nedo Nadi e di Ugo Frigerio, abbattendo poi il muro delle disparità di genere consegnando nel 1952 il tricolore nelle mani di Miranda Cicognani, apripista di una filiera declinata al femminile che avrà il suo apice, in stagioni più ravvicinate, nelle figure di Sara Simeoni, di Giovanna Trillini, di Valentina Vezzali e di Federica Pellegrini, per concludersi, alla vigilia di Tokyo, vigilia la più difficile nella storia dei Giochi, abbinato ad Elia Viviani, con il nome di Jessica Rossi". (A cura di Elena Fiorani)

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