Nazionale

L'Uisp aderisce all'appello di Amnesty e USIGRai sulla Supercoppa

In vista della Supercoppa che si giocheranno Juventus e Lazio l'appello ai presidenti dei due club calcistici a non giocare la partita in Arabia Saudita

 

In vista dell'incontro di Supercoppa Juventus-Lazio, tra le squadre vincitrici dello scudetto e della Coppa Italia 2018-2019, Amnesty International Italia e UsigRai (il sindacato dei giornalisti dell’informazione pubblica) hanno scritto ai presidenti dei due club calcistici chiedendo di non giocare la partita in Arabia Saudita. Nella lettera, le due organizzazioni chiedono a Juventus e Lazio “una precisa e benvenuta assunzione di responsabilità” e di dare “il segnale che lo sport, il calcio in particolare, possono essere un veicolo straordinario di valori e un esempio virtuoso di grande importanza per il pubblico e per i tifosi più sensibili, i giovani”.

L'Uisp sostiene l'appello delle due realtà, perchè promuove da sempre i diritti di tutte le persone e ritiene che lo sport sia uno strumento per sensibilizzare l'opinione pubblica su questi temi. “Nonostante la grande campagna di comunicazione messa in campo dal governo saudita per accreditare un paese impegnato nelle riforme – si legge nella lettera inviata ad Agnelli e Lotito – la situazione dei diritti umani rimane estremamente preoccupante. Se è stato abolito il divieto di guida per le donne ed è stato riformato l’istituto del ‘guardiano maschile’ da cui dipendeva ogni scelta riguardo alla vita personale e pubblica delle donne, le attiviste che avevano promosso le campagne su quei temi languono in carcere”.

“Già in occasione dell’ultima edizione della Supercoppa tra Juventus e Milan, disputata nel gennaio di quest’anno – prosegue la lettera – le nostre organizzazioni avevano espresso profondo disaccordo per una scelta che avrebbe rafforzato il cosiddetto sportwashing, la strategia adottata da molte nazioni del Golfo, prima tra tutte l’Arabia Saudita, di utilizzare lo sport, ospitando eventi di rilevanza internazionale, per distogliere l’attenzione dalla situazione dei diritti umani”.

La lettera ricorda la vicenda del blogger Raif Badawi, arrestato nel 2012 e condannato nel 2014 a 10 anni di carcere e a 1000 frustate (50 delle quali eseguite nel 2015 proprio a Gedda, sede della prima Supercoppa), che resta tuttora in prigione. Vengono poi segnalate la repressione dell’intera comunità dei diritti umani, ridotta al silenzio attraverso dure condanne emesse al termine di processi profondamente irregolari, e le centinaia di condanne a morte eseguite negli ultimi anni, che fanno dell’Arabia Saudita il terzo stato al mondo per numero di esecuzioni.

Alla vigilia della precedente Supercoppa, il presidente della Lega Calcio di Serie A, Gaetano Miccichè, affermò che se il contratto con l’Arabia Saudita gli fosse stato sottoposto dopo l’omicidio di Jamal Khashoggi, non l’avrebbe sottoscritto. E allora perché, si chiedono Amnesty International Italia e UsigRai, si vuole insistere a giocare in Arabia Saudita “anche dopo che una Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite ha confermato i sospetti sul coinvolgimento del principe ereditario saudita Mohamed Bin Salman nell’uccisione del giornalista e dissidente, barbaramente trucidato in Turchia, all’interno del consolato saudita di Istanbul”?

In un’intervista di fine luglio, il neo amministratore delegato della Lega, Luigi De Siervo, ha detto: “C’è solo una possibilità: le sole squadre di calcio, in questo caso Juventus e Lazio, possono addurre legittimi argomenti per non rispettare il contratto”. Peraltro, precisano Amnesty International Italia e UsigRai, il contratto siglato dalla Lega prevede lo svolgimento di tre partite di Supercoppa in cinque anni, una delle quali si è già giocata. Decidere di non giocare quest’anno non sarebbe dunque una violazione contrattuale. Si tratterebbe piuttosto – conclude la lettera – di “subordinare un ritorno in Arabia Saudita solo a fronte di effettive, concrete e misurabili riforme nel campo dei diritti umani, prime tra tutte, la scarcerazione delle decine di uomini e donne in prigione solo a causa delle loro idee e l’introduzione della libertà di stampa”.

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