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Sport e comunicazione sociale, "errori creativi" per cambiare

Corriere della Sera-BN: ecco perchè spostare dal modello agonistico di prestazione il baricentro del sistema sportivo e della comunicazione

 

"Sport sociale e comunicazione sociale: due “errori creativi”. Caratteristica che li spinge a rompere continuamente gli schemi, a scoprire problemi dove altri vedono certezze. L’alfabeto della crescita passa da lì": parte così l'articolo di Ivano Maiorella, responsabile comunicazione Uisp, pubblicato ieri martedì 22 settembre da Corriere della Sera-Buone Notizie. Si tratta di una riflessione che cerca di leggere e spiegare l'attualità nella quale vivono il mondo dello sport sociale e per tutti (con la riforma dello sport a metà del guado) e quello della comunicazione sociale, componente necessaria non solo per raccontare ma anche per far affiorare il punto di vista e l'enorme quantità di "fatti" che produce tutto il mondo dello sport di base. Questo è un punto al centro della strategia di comunicazione Uisp da tempo: trasformare quei "fatti" in "notizie". E si chiede uno sforzo a tutti: sistema dei media, giornalisti, operatori della comunicazione, editori, legislatori, nazionali e regionali. E si parte dalla citazione di Gianni Rodari che parla di "errore creativo" nel cap. 9 del libro "La grammatica della fantasia" (Einaudi, 1973). Si parla di cambiamento che non è mai semplice, "soprattutto quello culturale".

"Partiamo dallo sport sociale, che chiede coraggio alle istituzioni - si legge nell'articolo - Così non va più bene, il baricentro del sistema va spostato dal Coni, lo sport è la terza agenzia educativa del nostro Paese, dopo famiglia e scuola, e la legge cardine di tutto il sistema risale al 1942. In un comunicato unitario sottoscritto dalla stragrande maggioranza degli Enti di promozione sportiva e diffuso il 4 agosto scorso, si individua nel Testo unico per lo sport un’occasione per riequilibrare il sistema, per riconoscere pari dignità al valore sociale dello sport rispetto a quello agonistico di prestazione, in termini di governance e di risorse. Il testo è ancora un cantiere aperto e il tempo stringe: scadenza, fine novembre. Le forze interessate alla conservazione puntano a far scadere i tempi. Serve una definizione legislativa di attività sportiva capace di abbracciare sia lo sport sociale e di base, sia quello agonistico di prestazione. Attribuendo ad ogni soggetto compiti definiti, dalle Federazioni agli Enti di promozione sportiva, dal Coni alle Regioni.

Non solo: occorre il riconoscimento della parità di genere nella governance sportiva; tutele per il lavoro sportivo, sia per quello delle donne-atlete, sia per quello degli istruttori, da inserire con gradualità e certezza nell’ordinamento; trasparenza, controlli e verifiche nell’assegnazione di risorse pubbliche; affermazione del principio di “libertà” nell’organizzazione dell’attività sportiva e sociale, con riferimento alla valorizzazione del territorio, alla formazione degli operatori e all’educazione dei giovani. Un testo unico che deve dare tante risposte, come annuncia il ministro Spadafora. Ma la complessità non diventi alibi. 

Serve equilibrio tra ripresa e riforma, come ripete Fabrizio Barca, Forum Disuguaglianze e Diversità. Che c’entra la comunicazione sociale,“errore creativo”? Per essere raccontato ed affermarsi, lo sport sociale ha bisogno di uno sforzo in più, non ci sono campioni, né record, né soldi. Allora bisogna inventare un nuovo modo, linguaggi più rispettosi e meno urlati, chiavi narrative con più sfumature. L’appello è ad editori e giornalisti, a tutto il sistema dei media. E alla Rai: quando avremo attenzione e spazi per il racconto dello sport sociale? E al legislatore: servono leggi a sostegno, incentivi alle start up di giovani giornalisti che vogliono raccontare lo sport in maniera nuova, partendo dai chiaroscuri sociali e non dalle unghie incarnite di Ronaldo. E non smetterò mai di ricordare che fu Candido Cannavò, lungimirante direttore della Gazzetta dello sport, ad immaginare un giornale di “Buone notizie”. Qualcuno lo considerava un errore creativo e il vostro giornale è qui a dimostrare il contrario. C’è bisogno di “Capovolgere il futuro” (e cito l’Uisp) per cambiare aria".

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