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Uisp Piacenza: parte "Il tavolo delle differenze"

Lunedì 11 giugno si è tenuta la prima giornata di formazione di Differenze in gioco, con educatori, psicologi e Telefono Rosa

 

L'Uisp da sempre si distingue per l'impegno verso una società più solidale e inclusiva, in questo solco rientra il progetto Differenze in gioco, sviluppato sulla scorta della legge 6 del 27 giugno 2014 della Regione Emilia-Romagna, un contributo importante nel campo della parità di genere e del contrasto alle discriminazioni e alla violenza. È una legge che incentiva l'attivazione di politiche pubbliche per ridurre le disuguaglianze legate al genere, affinché le donne abbiano pari opportunità nel raggiungere posizioni sociali solitamente riservate agli uomini. Lunedì 11 giugno si è tenuto alla Uisp Piacenza il primo incontro di questo progetto, per formare dirigenti e operatori del territorio e individuare nuove possibilità di collaborazione tra i diversi soggetti che vi operano. Dopo questo meeting iniziale ne seguiranno altri per definire le attività da sviluppare, al fine di sensibilizzare ed educare il maggior numero di persone sul tema della parità di genere. Partendo da alcuni dati e confrontando le esperienze dei partecipanti si sono evidenziate diverse tematiche.

È importante sapere che le discriminazioni avvengono tanto nei luoghi di lavoro quanto nella vita pubblica, ma soprattutto è all'interno delle mura domestiche che si consolidano alcune dinamiche ingiuste: la gestione della casa, la cura dei familiari, i lavori di ordine e igiene spesso ricadono interamente sulla donna, sulla base di alcune "prerogative" legate al genere, spesso assegnate in modo non condiviso.

Le discriminazioni avvengono anche in famiglie ricche e istruite, come hanno spiegato Maria Sapone e Maria Teresa Bertè, due psicologhe operatrici del Telefono rosa di Piacenza. La loro associazione, che si occupa di fornire aiuto e diverse soluzioni alle donne vittima di violenza, assiste centinaia di donne ogni anno, che arrivano da famiglie anche agiate. 

La distanza che viene marcata tra mondo maschile e femminile si riflette sui campi sportivi: dopo l'adolescenza c'è un drastico calo nella partecipazione sportiva femminile. Questo perché le femmine sono "invitate" ad occuparsi solo del loro aspetto esteriore, scoraggiate a sviluppare forza muscolare, procurarsi lividi, sudare e sporcarsi. Dunque, nella complicata fase dello sviluppo puberale, le ragazze finiscono per considerarsi inadatte allo sport, rinunciando a una possibilità di crescita, confronto e divertimento. Fino ai dodici anni maschi e femmine partecipano allo sport in maniera equa ma dopo quell'età il tasso di abbandono delle ragazze è molto elevato. Inoltre è molto alto anche il numero di donne che non hanno mai praticato attività sportiva, spesso per una frustrante concezione di inefficacia del proprio fisico, dovuta a una visione dello sport tutta incentrata sulla prestazione.

Un altro aspetto del quale si è discusso sono i corsi di auto-difesa: sono un metodo efficace di contrasto alla violenza? In alcuni casi sì, tuttavia devono essere condotti con la giusta impostazione. Il maestro Marco Mazzoni, della palestra Fudojin, racconta l'esperienza delle sue allieve, secondo cui è più importante curare la sicurezza di sé, la prontezza di riflessi e la lucidità mentale nelle situazioni di pericolo. Viene messa in dubbio l'efficacia di quei corsi che insegnano alcune tecniche di corpo a corpo per neutralizzare un aggressore, in quanto l'applicazione spontanea di quei gesti tecnici richiede anni di pratica e perfezionamento.

Infine per superare la violenza di genere è fondamentale aprire un dialogo con gli uomini, affinché siano consapevoli del problema e possano essere sensibilizzati verso una mentalità più comprensiva. Riconoscere dignità alla questione, rendendosi conto che è un problema che trascende l'essere uomo o donna, senza banalizzare o minimizzarne l'importanza, è un passo importante che deve essere ancora compiuto.

Alcune realtà sono già attive, come i centri d'ascolto per uomini maltrattanti, che aiutano chi ha avuto comportamenti violenti a comprenderne la cause e, per quanto possibile, a rimediare ai danni. In nessun modo la comprensione deve essere un modo per giustificare le azioni compiute, tuttavia più questi temi riusciranno a creare dibattiti e confronto, maggiori saranno le possibilità di un cambiamento reale. (di Lorenzo Bedussi, redazione Uisp Emilia Romagna)

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