Comitato Territoriale

Parma

Il viaggio fra i Saharawi, l'esperienza di Lisa.

Il racconto del viaggio nei campi profughi nel deserto del Sahara attraverso gli occhi di Lisa, uno dei membri del gruppo Peace Games Uisp che è stato fra i Saharawi ad inizio febbraio.

Sono stata 11 giorni in Sahara, con la spedizione organizzata da PeaceGames Uisp, completamente autofinanziata dai partecipanti. Eravamo 13, da 4 Regioni diverse: Emilia Romagna, Lazio, Toscana, Piemonte. Siamo tornati giusto una settimana fa. Io sono partita per curiosità, per vedere cosa accade laggiù e per portare 10 di questi palloni “indistruttibili”, che stiamo acquistando con la Lega Calcio Piemonte per portarli ai giovani delle zone più povere del mondo, dove uno dei nostri palloni di cuoio di ultima generazione non dura più di poche ore.

 

Vorrei raccontarvi la mia esperienza, cosa è stato questo viaggio per me, ma ora francamente mi trovo un po’ in imbarazzo. Qualcuno francamente penserà che un gruppo di 13 persone in mezzo al deserto sia andato a fare un po’ di turismo. Ma non è così. Quello che si vede lascia profondamente attoniti. Per quanto ci si possa documentare prima della partenza, per quanto si possa parlare con chi ci è già stato, per quanto si possa leggere di storie analoghe, non si riesce veramente a capire cosa accade, come si vive in un posto come quello. Fino a pochi mesi fa non sapevo nemmeno che esistessero dei campi profughi laggiù. Non conoscevo la storia dei Saharawi, vittime di un gioco di potere fra Spagna, Marocco e Mauritania, iniziato quasi 40 anni fa. Io non ero ancora nata.

 

In seguito alla politica di decolonizzazione messa in atto dalla Spagna dopo la morte di Franco, il Marocco e la Mauritania prendono possesso del territorio del Sahara Occidentale, ricco di fosfati e con un mare particolarmente pescoso. L’accordo stretto fra le tre nazioni non rispettava le risoluzioni dell’ONU, che accoglievano il diritto all’indipendenza e all’autodeterminazione del popolo Saharawi, autoctono. Da allora inizia una lunga odissea, fatta di morti e feriti, guerriglia, pestaggi, desaparecidos, bombardamenti e fughe in mezzo al nulla. I Saharawi sono oggi un popolo diviso. La maggior parte di loro vive profugo in territorio algerino, in una zona desertica molto arida. Non ha un’economia, il 70% della popolazione ha meno di 40 anni, i tassi di disoccupazione sono altissimi e si vive di aiuti umanitari. Dalle loro terre, e dai loro familiari, li separa un muro, lungo 2700 km e minato. Non hanno notizie gli uni degli altri, se non sporadiche, per mediazioni dell’ONU. Men che meno la possibilità di rivedersi o ricongiungersi. Nei territori occupati dal Marocco, i Saharawi che manifestano pacificamente per l’autodeterminazione del proprio popolo vengono pestati, uomini e donne e anziani indistintamente, sotto gli occhi dei soldati dell’ONU, che non intervengono. Incarcerati senza processo, poi se ne perde definitivamente le tracce, desaparecidos.

 

I Saharawi, nelle zone occupate ma anche nei campi profughi, vivono una sistematica violazione dei diritti umani fondamentali, vivono profughi in terra straniera, senza la possibilità di insediarsi liberamente nella loro terra natia, di lavorare per il benessere e lo sviluppo, proprio e dei proprio figli. Vivono privi della libertà, prigionieri dell’avidità e del potere economico, vittime della legge del più forte.

 

Far la spesa in uno dei negozi del mercato del campo profughi di Al LayounNoi, in questo viaggio, abbiamo incontrato i loro occhi. Abbiamo parlato con ministri, governatori, responsabili nazionali e locali dell’attività sportiva, ma anche con tante persone comuni, senza istruzione, che vivono le loro giornate nell’attesa. Nell’attesa che il domani sia diverso, nell’attesa che la comunità internazionale si accorga di loro, che racconti la loro storia. Io mi sono stupita, parecchio, nel constatare la richiesta ricorrente di tutte queste persone, seppur così diverse. Prima di partire mi sarei aspettata indistintamente ti chiedono di tornare a casa e parlare di loro, di far conoscere la loro storia, di sfatare la propaganda marocchina che, per legittimare il sopruso, li dipinge come pericolosi terroristi. Per questo vi sto parlando di loro.

 

Ma veniamo all’aspetto più pratico, quello che ci riguarda davvero da vicino. Parliamo di Sport, lo sport che ci è caro, non uno sport qualsiasi: lo Sportpertutti. Cosa può fare Uisp in Saharawi? Cosa può fare Uisp tramite PeaceGames? Uisp può fare quello per cui è nata, sport sociale per rispondere a una chiara esigenza della popolazione e a un’esplicita richiesta dei funzionari della Repubblica Araba Democratica del Saharawi. PeaceGames attualmente dà lavoro alle donne Saharawi, forma delle operatrici che, per 30€ al mese (una paga importante da quelle parti), vanno nelle scuole a fare attività motoria ai bambini e, nell’extrascuola, occupano il tempo dei giovani organizzando attività nelle Case dello Sport. Attività che sembrano gocce d’acqua, ma che sono preziosissime per occupare il tempo dei giovani, per allontanarli dalla microcriminalità e dai comportamenti anti-sociali. Attività importanti per i Saharawi, perché fanno sentire la nostra solidarietà, non li fanno sentire abbandonati.

 

E qui viene la risposta all’altra domanda, che sicuramente molti di voi si stanno facendo e, per la verità, in molti mi hanno fatto. Perché andare a fare attività laggiù, quando qui siamo pieni di problemi? Perché? La risposta sta nei loro occhi.

 

Noi in Italia siamo pieni di problemi, è vero. Ma, forse, il nostro problema più grande è aver perso la capacità di ascoltare. I nostri giovani fanno fatica a ritrovare i valori che fanno parte della nostra cultura. Non ricordiamo cosa significa democrazia, libertà, solidarietà, cosa significa Resistenza. Persi in un sistema che, relativizzando ogni cosa, ci svuota dei valori. Aiutare i Saharawi, spendersi per la cooperazione internazionale, non significa disinteressarci dei problemi di casa nostra. Significa ricollocarli in una visione più ampia del mondo, significa capire che in un mondo globalizzato come il nostro non possiamo chiudere gli occhi e serrare le imposte, rispondendoci ingenuamente che dobbiamo pensare ai problemi di casa nostra. Una violazione sistematica dei diritti di un altro popolo ci riguarda molto da vicino, come le violazioni di cui siamo quotidianamente testimoni qui e a cui siamo quasi assuefatti. Per questo è importante non abbandonare progetti di solidarietà internazionale. Per questo è importante pensarne degli altri.

 

E così approfitto anche per pubblicizzare la campagna Pallastrada 2014. Forse non tutti sanno che, ormai da un anno, si organizzano in più parti d’Italia tornei di calcio nelle piazze e nelle strade, coinvolgendo i giovani bambini e bambine che vogliono partecipare. Sabato prossimo 1 marzo saremo al Carnevale di Viareggio, con pallastrada. Le offerte raccolte sono destinate ad acquistare palloni indistruttibili, per i ragazzini del Sud del mondo. Qualcuno è già stato consegnato in Libano e nel Saharawi. Qualche altro sarà consegnato prossimamente in Senegal. La campagna 2014 è dedicata interamente al Saharawi. Nel caso foste interessati, tutte le informazioni sono sul sito della Lega Calcio Uisp Piemonte.

 

 

 

Lisa Sella
Resp. settore calcio femminile e Media e Comunicazione
Lega Calcio UISP Piemonte e comitato Ciriè Settimo Chivasso

 

 NOTIZIE DA UISP NAZIONALE
Calcio

Accesso rapido alla Struttura Calcio

Ciclismo

Accesso rapido alla Struttura Ciclismo

Atletica

minisito atletica

Corsi in ambiente

Corsi in ambiente

Corsi e attività 2023-24

corsi 2020-21

Corsi in piscina

corsi in piscina

Corsi in palestra

corsi in palestra