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"Il bambino, l'attività motoria e lo sport". Il 20 novembre a Roma

L'incontro della Società italiana di pediatria a cui prenderà parte anche l'Uisp con i suoi progetti contro il drop out sportivo

L’attività fisica e motoria deve essere percepita nella nostra società come un investimento per la salute delle generazioni future. Questo il messaggio che la Società italiana di pediatria lancia agli Stati generali della pediatria 2013 che si svolgono in contemporanea in varie regioni il 20 novembre, in concomitanza con la Giornata mondiale del bambino e dell’adolescente. “Il bambino, l’attività motoria e lo sport” è il tema comune a tutte le manifestazioni alle quali prenderanno parte rappresentanti del mondo delle istituzioni, della scuola, dei media, dello sport ecc. Nell’incontro di Roma sarà presente anche l’Uisp con la responsabile nazionale delle politiche per gli Stili di vita e la Salute, Daniela Rossi, che farà un intervento sull’abbandono dell’attività motoria e i rischi che comporta, dal titolo “Il drop out sportivo negli adolescenti”, nel quale presenta anche il progetto Uisp "Percorsi Indysciplinati".

“Oltre all’abbandono tout court della pratica sportiva – spiega Daniela Rossi nel suo intervento - l’aspetto che ci preoccupa particolarmente è che questa fuga silenziosa si traduce nell’acquisizione di uno stile di vita sedentario (senza stadi intermedi), e va ad ingrossare le fila di quel 40% di cittadini italiani che non accedono a occasioni di movimento e non praticano stili di vita attivi e sani. E a livello europeo (indagine Eurobarometer) l’Italia ha livelli di sedentarietà ben superiori alla media (15% Eu), che nella fascia di età 15/24 diventano più che tripli (7% Eu, 24,6% It). Analizzando i dati ISTAT 2012 sullo stile di vita degli italiani (19 milioni di praticanti sportivi – 32% della popolazione, 16 milioni che svolgono un’attività fisica – 28%, 23 milioni di sedentari – 40%), si possono trarre alcune riflessioni: le percentuali di non attivi aumentano in maniera progressiva a partire dagli 11 anni e hanno un deciso incremento dai 18/19. Per capire i motivi del drop out bisogna risalire alle molle iniziali che spingono i ragazzi a intraprendere un’attività sportiva e varie rilevazioni concordano su alcuni aspetti: il divertimento, la voglia di giocare, di fare parte di un gruppo, di conoscere nuovi amici, di stare bene e migliorare le proprie abilità. Se i giovani non trovano più soddisfatti questi loro bisogni primari, vivono lo sport come un obbligo e una fonte di insicurezza, non di gratificazione, e quindi lasciano, per riacquistare libertà”.

“Il modello proposto dagli adulti e costruito sui loro paradigmi spesso non prevede gioco, gioia, allegria – continua Rossi - al loro posto pressioni eccessive, agonismo esasperato fin da giovanissimi, il risultato e la vittoria a tutti i costi, l’illusione preclusa di diventare campioni, genitori e allenatori troppo esigenti e pressanti, che riversano sui ragazzi aspettative insostenibili, allenamenti noiosi, mancanza di supporto emotivo nei momenti delle sconfitte. E interroghiamoci anche se le radici di questo modello non affondino già nella fascia di età dell’infanzia, in una sorta di incubazione che porta poi i ragazzi a rifiutarlo quando hanno la possibilità di compiere questa scelta. Sia ben chiaro, la componente agonistica è innata, a nessuno piace perdere, ha anche una valenza positiva nella crescita psichica ed emotiva degli adolescenti; ma va assolutamente rifiutata come unico obiettivo, indispensabile per essere accettati e avere successo”.

“È necessario un approccio trasversale – conclude la responsabile stili di vita e salute Uisp - che preveda buone pratiche qualitativamente in grado di contrastare il fenomeno della sedentarietà, e da qui siamo partiti come Uisp, guardando alle nuove tendenze dei giovani rispetto all’attività sportiva e all’espressione corporea. Parliamo di attività destrutturate, postmoderne, come il parkour (che traccia percorsi nuovi nella città superando gli ostacoli), la street dance, l’hip hop, gli sport della glisse (scivolamento) praticati con gli skate, i monopattini, gli snowboard, le giocolerie (che esaltano la maestria e le abilità manuali). Il progetto Percorsi Indysciplinati, finanziato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso la legge 383, nelle nostre intenzioni vuole essere un’occasione per facilitare queste forme espressive degli adolescenti. Il primo elemento qualificante di questo progetto riguarda la partecipazione progettuale attiva degli adolescenti a tutti i momenti: dobbiamo evitare che si sentano interpellati come fruitori di un servizio programmato a monte, ascoltare le loro aspettative e i loro bisogni significa necessariamente renderli cittadini attivi protagonisti di tutte le scelte, da quelle nella scuola a quelle relative alla comunicazione, alla realizzazione degli eventi, alla produzione di un video finale che racconti le storie degli indysciplinati, al possibile ridisegno degli spazi urbani. Quest’ultimo è l’altro obiettivo ambizioso che ci siamo posti: coinvolgere le istituzioni locali nell’individuazione di aree pubbliche che possano essere riqualificate e riprogettate per ospitare queste attività, come luoghi di socializzazione autogestiti dai giovani che rappresentino un bene della comunità. Per misurare la coerenza tra obiettivi iniziali e risultati raggiunti, come prassi consolidata nei nostri progetti, è prevista un'azione di monitoraggio e controllo affidata ad un gruppo di ricerca del Dipartimento di scienze umane, sociali e della aalute dell’Università degli studi di Cassino e del Lazio meridionale”.

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