Comitato Territoriale

Sassari

Cinque domande a Loredana Barra, Responsabile della formazione per "Sporting Minds"

"Sporting Minds" è un progetto di ampio respiro, che sta impegnando il Comitato Territoriale di Sassari in una serie di iniziative volte a favorire uno scambio di competenze ed esperienze, in materia di sviluppo inclusivo per bambini e ragazzi con disabilità.

Il Libano, una delle zone più critiche tra i paesi del Vicino Oriente, è un paese attraversato da profonde tensioni, che porta sulle spalle il peso derivante da anni di guerre civili che ne hanno saccheggiato l'anima.

E' lì che l'UISP  sta accendendo i riflettori sulla condizione dei disabili e sulle potenzialità di miglioramento delle loro condizioni di vita.

Loredana Barra, lo scorso Maggio, si è recata in Libano con il collega Alessandro Dessì, per un training formativo sulle strategie di intervento e inclusione attraverso l’attività fisica in relazione all’autismo, rivolto agli operatori della Fondazione Ghassan Kanafani di Beirut.

-Loredana, che messaggio ti piacerebbe trasmettere sull'approccio UISP e sulle buone pratiche applicate ad un progetto di cooperazione internazionale?

Le attività della Fondazione  Kanafani, con cui il Comitato di Sassari sta lavorando a stretto contatto, sono rivolte a gruppi svantaggiati di bambini e giovani, anche disabili: ragazzi di strada, orfani, bambini e giovani che, per motivi di disadattamento sociale o mancanza di mezzi finanziari, non hanno potuto continuare la scuola. E’ fondamentale nel raggio delle nostre azioni, implementare la  formazione di operatori che possano sposare il modello metodologico d’intervento dello Sportpertutti, utilizzando l’attività sportiva come strumento per promuovere crescita e integrazione nei processi educativi.

La Fondazione sviluppa programmi educativi con un approccio multidisciplinare per lo sviluppo del bambino e adotta politiche d’inclusione per bambini con moderata disabilità, di primaria assistenza estesa per i disabili più gravi, e di “tutoring” per l’alfabetizzazione dei più bisognosi.

-Quali criticità sono state incontrate nella gestione concreta degli interventi, in un contesto sociale e culturale di grave condizione di isolamento e di esclusione sociale delle persone con disabilità psichica e mentale?

Il Libano è un paese nel quale convivono, con tutte le contraddizioni del caso, religioni e culture differenti, un paese duramente segnato da anni di guerre e di tensioni sociali.

Mi hanno colpita le parole di Lara Daoo, collaboratrice locale: “Non esiste una parola araba che traduce integrazione”, una frase che ci dà la misura di quanto occorra lavorare con impegno per favorire una nuova percezione della disabilità ed eliminare lo stigma che ancora l’accompagna.

Le difficoltà di comunicazione e di condivisione di spazi comuni e tempo, sono state le criticità più significative di questo percorso.

-Quali strategie sono state adottate per superarle e per favorire una visione positiva della disabilità attraverso lo sport?

Il gioco e lo sport mettono le emozioni in movimento ed attraverso essi è più facile trovare occasioni di condivisione ed integrazione. È stato semplice far capire, ad esempio, quanto i bambini autistici non sopportino il contatto con gli altri, perché in Libano per cultura non si toccano soprattutto le persone di sesso diverso.

Il gioco è la prima forma di integrazione sociale, uno strumento dalla forte valenza educativa e formativa, che ha la capacità di abbattere le diversità e aumenta il potenziale inclusivo,  nel rispetto delle regole e degli altri individui. E‘ quanto ritroviamo nella testimonianza di uno dei nostri ragazzi libanesi: “Giocare con voi ha fatto andare via i brutti pensieri“.

-Rispetto alla fase iniziale del progetto, qual è stato il più significativo rilascio di competenze?

Durante il primo anno abbiamo affrontato, durante i nostri incontri, le tematiche relative al linguaggio del corpo e comunicazione non formale; gioco, sport e movimento per la condivisione di un sistema di comportamenti positivi per sani stili di vita.

Nel corso del secondo anno si coinvolgeranno  educatrici e almeno 30 genitori e altrettanti bambini, in ogni centro di attività individuato (Campi profughi di Mar Elias, Burj Barajneh e Rashidieh) , sul tema dell’alimentazione e benessere psicofisico, finalizzato ad acquisire un corretto stile di vita.  Il programma proseguirà nel terzo anno con l’organizzazione di  attività motorie, di primo ambientamento in acqua in piscina, ricreative e giochi tradizionali ed un grande evento finale di carattere ludico-motorio.

-In che modo ritieni che, a fine delle attività, gli operatori locali possano  avere un impatto positivo sulla crescita inclusiva in Libano?

Nel 2007 il Libano ha firmato la  Convenzione ONU a favore dell’integrazione delle persone disabili. Al termine delle attività  gli operatori di Al Fanar e Kanafani ci hanno salutato dicendoci: “Siamo molto lontani da un modello valido di integrazione … ma abbiamo tutti voglia di arrivarci, aiutateci!”.

Non manca da parte degli operatori locali la volontà e la capacità di accoglimento delle buone pratiche dello sport come strumento di educazione ed aggregazione. Il successivo accompagnamento metodologico agli operatori formati e la realizzazione di attività sportive organizzate in maniera costante e continuativa, potranno favorire lo sviluppo di strategie a lungo termine  come risorsa di sviluppo sociale del territorio, sostenibili grazie a queste lodevoli iniziative nell’ambito della cooperazione internazionale.



 

 

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