Comitato Regionale

Emilia-Romagna

Obiettivo ripartenza

Creare una rete solidale e fare gioco di squadra: questo significa ripartire secondo Fabio Cornacchia, responsabile Nuoto Uisp Emilia-Romagna.

  

di Ginevra Langella

BOLOGNA - Il nuoto, come altre attività, sta aspettando di tornare a una situazione di normalità. Partendo anche dalla certezza delle piscine come uno dei luoghi più sicuri in termini di pulizia e sanificazioni. Ne abbiamo parlato con Fabio Cornacchia, responsabile del Nuoto Uisp in Emilia-Romagna.

Fabio, comincerei chiedendoti se è ripartito qualcosa nel settore di cui sei resposabile regionale e come state gestendo gli allenamenti.
«Ho parlato con alcuni dei miei collaboratori sul piano regionale, perché in questo momento mi piacerebbe far sì che la Uisp riuscisse a dare un segnale, mettendo in rete tutti i centri di nuoto per capire quali possono essere le strategie condivisibili tra i vari centri. Adesso tutti sono orientati alla ripartenza, poi dopo cercheremo di mettere le esperienze in rete e condivisione per far sì che tutto il sistema ne tragga giovamento. Le attività agonistiche del nuoto sono ripartite, le squadre stanno facendo allenamento rispettando le norme e i protocolli. L'attività della Uisp però è ferma, la Federazione ha iniziato a muoversi, ma noi dobbiamo capire come fare: dovremmo riuscire a mettere in fila ogni piano della Uisp, dal nazionale al regionale fino ai vari territoriali, anche se non è una cosa facile. Comunque in generale l'afflusso nelle piscine c'è stato, ovviamente la maggioranza era data dall'utenza libera e le attività organizzate sono ripartite con le restrizioni dovute al COVID-19».

C'erano alcuni eventi in programma tra maggio e giugno, come ad esempio i Campionati regionali di nuoto sincronizzato e il Campionato Esordienti: siete riusciti a portarli avanti? Come li avete gestiti e preparati?
«Dal lockdown in avanti non c'è stato più niente sostanzialmente. La ripartenza generale è un obiettivo più che un programma, perché quello ancora non c'è. La partita adesso non si gioca sul fronte delle attività agonistiche, ma più che altro sul fronte delle attività che ognuno deve svolgere a casa propria, sia a livello agonistico sia come corsistica».

Parliamo invece di solidarietà: una delle ultime manifestazioni dedicate a questa tematica si chiama "In Acqua per la salute". Quali sono stati gli obiettivi che hanno dato vita a questa manifestazione?
«È stata una manifestazione che si è svolta nella primavera del 2019. L'input iniziale non veniva dal nuoto, ma dalla volontà delle politiche su Salute e Inclusione che hanno cercato di mettere a disposizione gli impianti per far provare alle persone l'attività della piscina, con un'azione che aveva anche un risvolto benefico. Il tutto all'interno di un contesto non competitivo, perché si poteva partecipare anche facendo una sola vasca con il galleggiante, per intenderci. Alla fine, all'impianto che aveva raccolto il maggior numero di adesioni è stata consegnata una carrozzina per agevolare l'accesso in piscina delle persone con disabilità».

Dato che gli allenamenti sono ripresi, mi chiedo come affronterete le difficoltà specifiche che ci saranno nei corsi di nuoto, specialmente quelli dedicati ai più piccoli, principalmente legate al fatto che si richiede una presenza e una vicinanza con gli istruttori. Avete sviluppato delle strategie in merito?
«
Ti parlo principalmente dell'esperienza lughese, quindi di quello che ho visto io in prima persona. I corsi per i più piccoli non li abbiamo fatti, siamo partiti solamente con i corsi per i bambini che possono stare già nella vasca grande con l'istruttore fuori. Abbiamo selezionato un numero massimo di ragazzi per corsia, un criterio definito dai vari protocolli. Sulla base di questi criteri abbiamo lavorato anche a livello di iscrizioni, per poter prendere quel numero limitato di persone. Poi sai, ogni centro ha le sue diversità che derivano anche da quello che ti permette e ti concede la gestione. Non tutti magari hanno una gestione diretta di impianto e corsi, alcuni organizzano solo i corsi e non sono gestori dell'impianto e quindi c'è sempre questa cosa da considerare, perché le attenzioni variano da situazione a situazione. Oltretutto a tutti quelli che accedono all'impianto c'è da fare all'ingresso il triage, lasciando il nominativo e facendosi misurare la temperatura, con l'obbligo ovviamente di indossare la mascherina. L'impianto stesso, poi, è stato modificato per rispettare le varie norme».

Concluderei chiedendoti un po' della tua storia e del tuo percorso in Uisp: com'è nato e si è sviluppato? Cosa ti ha fatto appassionare a questa disciplina?
«Sostanzialmente io da ragazzo ho sempre fatto nuoto, fino al livello agnostico. I miei primi ricordi sono già legati alla piscina, ho cambiato diverse società sportive e ho avuto modo di vedere diverse realtà che considero un bagaglio esperienziale, soprattutto relazionale. Ho conosciuto tanta gente nel mondo delle piscine ed è una cosa che mi è tornata utile, perché poi dopo sono entrato in Uisp con la possibilità di creare una mia squadra di nuoto da allenare e il mio obbiettivo era sostanzialmente quello, diventare un allenatore. Un po' alla volta ho preso in mano altre situazioni, prima il corso di nuoto, poi la gestione degli istruttori e l'interfacciarsi con tutta l'utenza che faceva i corsi di nuoto. E da lì è partita tutta un'altra cosa, perché poi finché ho potuto ho mantenuto anche l'impegno della squadra di nuoto e quindi ho fatto il dirigente di questa società affiliata alla Uisp».

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