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"A Ugo Ristori e ai nostri pensieri": il ricordo di Luigi Martini

Riceviamo e pubblichiamo un articolo firmato da Luigi Martini, segretario generale Uisp negli anni '70, dedicato a Ugo Ristori, recentemente scomparso

 

"Caro amico e compagno, ho pensato in questi giorni come posso onorare il tempo che tu hai ben speso nell’Uisp e nello sport italiano, nella vita politica e culturale, e non trovo altra forma che raccontare le verità sul nostro lavoro, secondo una versione personale, ma documentata. Individualmente e insieme abbiamo dato il meglio di noi, con rispetto reciproco, con convergenze e dissensi, non sempre esplicitati, ma dei quali eravamo consapevoli. Dopo avere salutato Giorgio Mingardi e Mario Gulinelli, e prima ancora Arrigo e tanti altri, mi accingo a condensare in queste righe i miei pensieri su di te, dovrei dire su di noi, perché ho avuto la fortuna di essere chiamato a dirigere l’Unione Italiana Sport Popolare quando tu eri già presidente, e stavano scorrendo gli ultimi anni della “Vecchia era della storia”, quella iniziata con la rivoluzione industriale e la Rivoluzione francese. Noi due siamo figli di quell’era. Tra il 1975 e il 1982, gli anni vissuti insieme, non ci stavamo accorgendo che stava per emettere i suoi primi vagiti una “Nuova era della storia” che avrebbe rivoluzionato tutto con le nuove tecnologie: i sistemi produttivi, economici e finanziari; la comunicazione e le relazioni umane, la democrazia politica e altro ancora. Un nuovo uomo stava per nascere, che a quarant’anni di distanza è ancora un infante, un po’ sperduto e più informato, ma non ancora in grado di determinare i sistemi generali che possono guidare la società secondo criteri di convivenza condivisa e di assunzione individuale delle proprie responsabilità. Possiamo però dire che è per quel nuovo uomo che abbiamo lavorato, secondo idee umanistiche che venivano da quell’era che stava completando la sua parabola.

Caro Ugo, come faccio a dire di te se non contestualizzo la tua, la nostra, vita. Cara Uispress, che porti una data di nascita e un nome forgiato proprio in quegli anni, perdonami se sforo, ma non mi va di ridurre eccessivamente il senso di un ricordo vivo, di un pezzo di storia – perché Ugo è un pezzo essenziale della storia dell’Uisp – seppure poco trattata e, a volte, anche ingenerosamente.

I nostri sentimenti di uomini ce li teniamo per noi, non interessano in questa sede, ma si deve sapere che non ci siamo mai completamente lasciati, pur avendo imboccato sentieri molto diversi nella vita.

Della tua essenza porto anche un ricordo che volli raccogliere, ora a disposizione degli studiosi seri di storia [1], quando mi misi a lavorare al libro sui primi anni dell’Uisp [2]. In quella occasione mi parlasti del III congresso nazionale, svoltosi nel 1957, della scelta che di costituire le Leghe di specialità: "Ero appena arrivato e capii che in quella scelta stava il futuro dell’Uisp, la sua possibilità di sviluppo, la creazione di un’attività autonoma, separata da quella federale, di un tesseramento proprio, corrispondente alle attività promesse dall’Unione, il rafforzamento dei propri campionati nazionali, in modo da avere una forza associativa capace di portare avanti il proprio disegno strategico nello sport" [3].

Quando uscì il libro mi chiedesti di dedicarmi ai decenni seguenti dell’Uisp, dopo le Olimpiadi di Roma, temevi che nessuno se ne sarebbe occupato, e non avevi del tutto torto. Ti risposi che in quel momento non potevo, aggiunsi che non avrei voluto scrivere degli anni che mi riguardavano direttamente, dei quali ero testimone, auspicando che altri lo facessero e ai quali potevamo offrire le nostre riflessioni. Poi venne il 60° dell’Uisp e preferirono scrivere della nostra esperienza senza ascoltare le nostre riflessioni. Ci provo ora, per quel che posso, sperando di offrire precisazioni utili a coloro che ne vorranno scrivere e a chi legge, di aiutare a capire quale è stato il tuo e il nostro lavoro, la preziosità della tua vita politico associativa in quegli anni.

Nel corso degli anni Sessanta, mentre la società italiana diventava sempre meno agricola e sempre più industriale e urbanizzata, tu facesti esperienze sempre più impegnative all’interno del gruppo dirigente nazionale, che riuscì a portare l’Uisp fuori da una pesante crisi, al limite della sopravvivenza, e da una logica tutta interna alla sinistra storica. Si comprese che la sua funzione era quella di cogliere e dare risposte ai bisogni di attività motoria che il benessere economico e l’urbanizzazione stavano facendo maturare tra le masse – adulti e giovanissimi – per niente soddisfatte dal Coni e dalla scuola italiana. È in questo contesto che nasce la proposta e poi l’esperienza organizzativa dei Centri di formazione fisico sportiva; fosti tu a lanciarla nel corso nel corso del Convegno indetto dall’Uisp sul tema “Sport, tempo libero e cultura di massa”, nel 1962. Sul piano politico sportivo l’Uisp combatteva il ritardo che marcava la cultura sportiva nazionale e, in tale contesto, le linee didattiche della scuola italiana, la mancanza di impiantistica sportiva nei plessi scolastici e sul territorio. All’interno di questo progetto sportivo, l’Uisp manteneva viva la critica alla linea perseguita dal Coni e dalle Federazioni sportive, che incarnavano il mondo “ufficiale” dello sport, al quale erano delegati poteri praticamente assoluti.

Nei primi anni, la proposta organizzativa dei Centri di formazione fisico sportiva si sviluppò con molta lentezza, mentre le attività di disciplina marcavano il passo. Gli insufficienti impianti esistenti erano destinati alle attività agonistiche, e per questa ragione l’Uisp spinse in direzione degli enti locali affinché venissero realizzati. Il sud era dimenticato. La carenza di istruttori preparati a questo fine rendeva ancor più difficile l’affermazione del progetto, mentre le distorsioni prodotte in ampie zone del paese da una crescita urbanistica selvaggia, illegale, dalla distruzione dell’ambiente, produceva danni allo sviluppo equilibrato e corretto del corpo tra i giovanissimi, ma anche tra gli adulti.

In tale situazione, sul finire del decennio, nascono analisi e culture di contestazione dei modelli borghesi, critiche radicali ai principi e ai modelli capitalistici in ogni settore della vita, compresa quella sportiva. Sono le masse giovanili a farle proprie, diventando protagoniste di un immenso movimento di contestazione. L’Italia ne è attraversata, le scuole e le università ne diventano la punta di diamante, e immediatamente dopo giungono le lotte operaie per la conquista di migliori salari e per ottenere il riconoscimento dei loro diritti all’interno dei luoghi di lavoro e nella società. La sociologia e la filosofia di matrice europea fornisce alla cultura politica e all’uomo strumenti analitici e critiche radicali alla società del tempo, non esclusi i modelli sportivi dominanti. Sul finire del decennio, l’Uisp e il suo gruppo dirigente nazionale si fanno portatori di questo processo di contestazione nel campo dello sport, diventano un’avanguardia alla quale guardare e, contro la quale, difendersi da parte delle organizzazioni sportive istituzionali, compresa la stampa sportiva. L’aggettivo “alternativo” caratterizza quel tempo di contestazione, mentre tu hai assunto l’incarico di presidente nazionale aggiunto, già testimoniando il tuo invidiabile aplomb anche in quella fase tumultuosa, ereditata dalla tua natura e, probabilmente, dallo stile di Arrigo Morandi.

Tra il 1968 e il 1974, l’Uisp radicalizza le proprie analisi e posizioni in ambito sportivo. La critica al Coni e allo sport federale diventa aspra, la denuncia delle distorsioni maturate nello sport ad alto livello e professionistico, accompagnate dal debole impegno dell’organizzazione olimpica verso la diffusione della formazione sportiva di base, diventano il perno dell’azione politico associativa dell’Unione, e portano al punto di rottura i rapporti tra i due mondi: Coni e Uisp. Nel corso di tale processo si affermano posizioni “alternativiste”, seppur temperate da gran parte del gruppo dirigente dell’Unione che opera sul territorio. Non va dimenticato che, in questa fase, l’Uisp e gli altri enti di promozione non godono di alcun riconoscimento, neanche da parte del Coni, che continua a usare diversi pesi e misure nei contributi che destina agli enti di promozione sportiva.

Tu sei diventato presidente nazionale, l’idea che mi sono fatto e che non sia entusiasta della china “estremista” che sta assumendo l’Unione, ma sei in minoranza, particolarmente all’interno dell’apparato nazionale, formato da giovani motivati, che pur non avendo mai diretto un’organizzazione territoriale sono attratti da questa linea, guidati alla lotta da un segretario generale, Luciano Senatori, molto convinto, abituato a scendere nel confronto politico e ideologico senza nutrire dubbi. D’altra parte, va anche detto che in determinati frangenti storici, certe forzature sono necessarie se si vuole mettere in discussione una cultura insediata nei punti alti del potere, in questo caso l’organizzazione olimpica e di alto livello nazionale, che non intendono rivedere le proprie posizioni conservatrici. A mio modo di vedere, in questo frangente dimostri alcune delle tue migliori capacità; mantieni la calma, per quanto è possibile riesci a mediare, cerchi di contenere gli effetti delle rotture che la linea alternativista produce con il mondo sportivo di alto livello e con il mondo politico e sociale dal quale ha avuto origine l’esperienza dell’Uisp.

Ma soffermiamoci anche su altre due questioni dirimenti per l’Uisp degli anni a seguire. L’Arci, organizzazione “sorella” dell’Uisp nei campi della politica culturale e ricreativa, è co-protagonista di omologhe esperienze: nella lotta alla censura; nella contestazione del teatro istituzionale e allo statuto in vigore dall’epoca fascista della Biennale di Venezia, nella promozione del circuito teatrale alternativo e altro ancora; non trascurando le battaglie sui temi dell’ambiente di vita e di lavoro, sul distorto sviluppo della città e sulla carenza di aree verdi.

L’insieme di tali processi portano, sia l’Arci che l’Uisp, alla convinzione che sia necessario combattere insieme l’impianto economico e culturale della società capitalistica che ha portato all’affermazione di una visione e di una pratica parcellizzante, distorcente e settorialistica in molti ambiti della cultura. Le due organizzazioni puntano a unirsi anche per battersi più efficacemente contro le idee e le prassi che tendono a mantenere separato lo sport dall’insieme dei processi culturali che incidono sulla formazione dell’uomo. Le due organizzazioni, infatti, sostengono che la società deve garantire una corretta e armoniosa crescita dell’essere umano, e che per ottenere ciò è indispensabile il concorso di tutte le discipline della cultura – cinema, teatro, sport, ecc. –. Per perseguire l’obiettivo e essere efficaci nella lotta all’impianto culturale capitalista, è necessaria la creazione di un’unica organizzazione capace di elaborare un adeguato progetto, culturalmente unitario. Se si trascura questa premessa teorica non si comprende cosa sta per avvenire. Da questi presupposti prende corpo l’idea di giungere a un’integrazione tra le esperienze associative dell’Uisp e dell’Arci, già protagoniste di una politica “culturale” sganciata da un qualsivoglia collateralismo, specialmente in molte aree del nord del paese. 

Non bisogna dimenticare che sono anche anni minacciosi. La strategia della tensione è iniziata, le stragi accompagnate o condotte dai servizi segreti deviati stanno insanguinando il paese per contrastare, insieme alla crescita dei movimenti di contestazione e delle lotte operaie, un sempre più forte partito comunista. In tale contesto, nuove formazioni fasciste eversive entrano in gioco; inoltre si registrano i primi segni di affermazione, tra frange non irrilevanti del movimento di contestazione collocatosi sulla sinistra estrema, di teorie che includono l’uso della violenza nella lotta politica. Nello stesso tempo, in Cile, viene schiantata da un colpo di Stato, perpetrato dalle forze reazionarie e dall’esercito, con l’appoggio del servizi segreti statunitensi, l’esperienza del primo governo delle sinistre unite uscito vincitore in occidente nel corso di una battaglia elettorale. È un bagno di sangue, le torture e gli assassinii si contano a migliaia, e anche i campi sportivi diventano luogo di prigionia e martirio. Il colpo di Stato cileno ferisce il mondo della sinistra, in particolare quella italiana che ha visto nell’esperienza di Unidad Popular un esempio di evoluzione democratica verso il socialismo anche per il nostro paese. L’Arci e l’Uisp sono parte attiva della lotta contro il colpo di Stato, le iniziative culturali a sostegno della democrazia cilena assassinata vedono le due organizzazioni in prima fila.

Torniamo però all’insieme dei processi sociali e associativi in atto. Grazie alla vitalità in atto nelle due organizzazioni, e alla consapevolezza sempre più diffusa tra i cittadini che l’attività motoria è indispensabile per una corretta crescita dell’uomo, decollano due diversi settori dell’Uisp: la formazione fisico sportiva di base per i ragazzi – i Centri di formazione –, e le attività sportive non competitive tra gli adulti – Corri per la salute, Corri per il verde, Pedala per la salute, ecc. –. Tali attività registrano un’espansione rilevante, specialmente nelle aree più industrializzate e urbanizzate, e portano l’Uisp a diventare, concretamente, protagonista e punto di riferimento di una cittadinanza sempre più numerosa. Lo sviluppo accennato è importante, pur non producendo una pari crescita di basi associative, specialmente tra quelle dedite allo sport di competizione. Le società sportive “tradizionali” si sentono anche trascurate, in qualche caso addirittura in “concorrenza” con i comitati territoriali dell’Unione che stanno prendendo in gestione impianti sportivi o spazi orari per promuovere e organizzare i Centri di formazione. La base societaria fatica a passare da un’attività sportiva di prestazione a una che contemperi le due attività: formazione fisica di base e preparazione volta alla competizione; inoltre, le loro capacità organizzative e di intervento non sono adeguate alle necessità richieste per la promozione e gestione dei Centri; persino gli istruttori destinati a questo lavoro formativo fanno riferimento direttamente ai comitati territoriali dell’Unione.

È questo il contesto culturale e teorico nel quale matura e avanza il processo di unificazione progettuale tra Arci e Uisp, seppure con qualche resistenza all’interno dell’Unione sportiva, specialmente tra coloro che provengono dalle attività tradizionali, che ricordano la sottovalutazione che il “mondo della cultura” ha sempre manifestato verso lo sport.

Sergio Giuntini, nel numero precedente di Uispress, sostiene che si tratta di un passaggio estremamente delicato, che tu avresti vissuto "con coerenza e ammirevole onestà intellettuale", senza condividerlo sino in fondo, "avvertendone una certa artificiosità, la perdita di dirigenti di valore e, soprattutto, l’oggettivo “dissanguamento” economico che esso comportava per l’Uisp". L’autore in questione giunge alla conclusione che quella operazione avrebbe i connotati di "Una “rivoluzione copernicana” fallita per i principi astratti su cui si fondava"; contro la quale avresti messo in atto una resistenza elastica.

Giuntini non sbaglia nell’affermare che non hai condiviso con particolare entusiasmo tale processo di unificazione, anche se, per la verità, non ti sei mai opposto in prima persona; semmai tenevi stretti rapporti e contatti con gli oppositori. È vero, inoltre, che la costruzione dell’Arci-Uisp ha implicato la messa a disposizione di una parte consistente dei migliori e più sperimentati quadri territoriali dell’Uisp, e di Luciano Senatori, per rafforzare l’organizzazione unificata, Non sbaglia a segnalare che una parte delle risorse economiche di provenienza uispina vengono destinate al raggiungimento dell’obiettivo e dei servizi unificati. Sul resto, però, è opportuno andare per gradi.

Noi ci incontriamo nel corso di tale processo, a cominciare dal 1972, quando assumo l’incarico di segretario provinciale dell’Uisp di Ravenna, ed entro negli organismi dirigenti nazionali fin da dicembre dello stesso anno, in occasione del VII congresso. Dopo tre anni, all’inizio del 1975 – mentre sto facendo anche l’esperienza di segretario regionale dell’Arci-Uisp Emilia Romagna –, mi viene chiesto di venire a Roma per assumere l’incarico di segretario generale dell’Uisp, proprio in sostituzione di Luciano Senatori, diventato membro della segreteria Arci-Uisp.

In giugno le elezioni amministrative danno ai due partiti della sinistra il 46% dei voti, un risultato mai ottenuto e mai più ripetuto, con la conquista della maggioranza in tre regioni e in una miriade di comuni italiani ad ogni latitudine del paese. Un risultato influente, anche per l’Arci-Uisp, che apre nuovi spazi alla sua azione politico associativa. Un mese dopo viene approvata della legge 382, sui nuovi poteri da assegnare alle Regioni, quindi si aprono altre possibilità di azione politica per la definizione delle deleghe conseguenti, anche nel campo dello sport. Sul «Contemporaneo», di «Rinascita», esce lo speciale dedicato al tema “Sport e società”, comprendente brevi saggi anche dei maggiori dirigenti dell’Unione – in febbraio il gruppo comunista aveva presentato al Senato della Repubblica un progetto di legge di riforma sportiva basato su principi condivisi anche dall’Uisp: "La pratica dello sport dilettantistico e l’esercizio delle attività motorie sono un diritto del cittadino; alla loro diffusione, che è interesse della collettività, provvedono, ai sensi del terzo comma dell’articolo 118 della Costituzione, le regioni, le provincie e i comuni. Il complesso delle attività e delle strutture destinate alla diffusione dello sport e delle attività motorie costituisce il servizio nazionale dello sport"[4] –. Chi volesse approfondire la conoscenza del pensiero di quel tempo, dovrebbe leggere il libro “Sport e società” e avrebbe chiara percezione di come gli anni precedenti abbiano cambiato il volto del pensiero politico sullo sport. Il progetto di legge comunista prevede che i diversi livelli istituzionali dello Stato riprendano funzioni centrali nella promozione dello sport e dell’attività motoria come servizio sociale, riconducendo il Coni alle sue funzioni istituzionali olimpiche, ma anche gli altri partiti, seppure con documenti e non con progetti di legge, si misurano in modo completamente nuovo con tale materia.

Il mio arrivo a Roma risale proprio alla fine di settembre, accolto da te. Insieme a Giorgio Mingardi avevate trovato per la mia famiglia una casa in affitto, nella stessa zona dove abitavate da anni. Tutti e tre, insieme alle nostre rispettive mogli, ceniamo in un ristorante storico di Trastevere, l’Antica Pesa; l’occasione l’avete preparata con cura, e si conclude con un sontuoso “Trionfo di frutta”, irrorata da schegge di ghiaccio.

Già mi avevi consegnato il grande ufficio che dava su Villa Torlonia, esagerato come il salone delle feste di una nave, aperto da più parti, usato anche per le riunioni della segreteria e della Giunta esecutiva nazionale. Se per te si tratta di continuare nella funzione di dirigente di riferimento, per me iniziava una nuova esperienza; tu maturo ed esperto politicamente, molto elegante, “Presidente” nell’animo e nello stile; io diretto, più dedito all’azione, sicuramente un po’ provinciale.

Questo è il contesto; gli anni che seguono provo a ricostruirli sforzandomi di restare all’essenziale. Secondo Giuntini e gli autori che raccontano un’altra storia [5], da questa fase in poi, tu ed io, diventiamo i principali protagonisti di un processo di normalizzazione dell’Uisp, finendo col riportarla "nel suo alveo tradizionale di riferimento, quello della sinistra storica, con un rientro disciplinato nel bacino dell’antico collateralismo" [6].

A parte la sgradevole e offensiva definizione – il termine normalizzazione era stato coniato pochi anni prima per definire il processo a cui era stato sottoposto il popolo cecoslovacco dopo la repressione militare della “Primavera di Praga” da parte dell’esercito sovietico –; mi preme anticipare che quel giudizio sul 1975/1982 dell’Uisp è infondato e falso. Il collateralismo era stato spazzato via dalla storia, grazie a due fattori determinanti: l’azione culturale autonoma prodotta sia dall’Uisp che dall’Arci, già da prima dell’unificazione, e dall’evoluzione sociale, culturale e politica del paese che non la prevedeva più. Inoltre, tu – e se mi è concesso, anch’io – come non avresti potuto permettere o perseguire “con coerenza e ammirevole onestà intellettuale” una linea di normalizzazione dell’Uisp? Solo un ricostruttore di parte, tifoso di qualcosa, ma non certamente storico, può sostenere tale idea.

Vediamo, allora, qual è la situazione dell’Uisp nella seconda metà del 1975. Conta circa 200.000 mila tesserati, se non incorro in errore, forse meno. A livello territoriale bisogna ricostituire i vertici dell’Unione, con nuovi dirigenti, perché i più esperti e consolidati hanno assunto incarichi di direzione apicali nell’Arci-Uisp, specialmente nelle città metropolitane e nelle aree rilevanti di insediamento dell’associazione; aggiungo che a quel tempo una sola donna riveste incarichi di direzione territoriale di primo piano. A livello nazionale, le Leghe di specialità funzionanti sono pochissime. La politica di affermazione dei Centri ha trasformato i comitati provinciali in organismi gestori diretti dell’attività, in qualche caso anche di impianti sportivi comunali, specialmente nell’area emiliana; un processo che ha rafforzato molti comitati territoriali, ma ha prodotto oggettive contraddizioni tra la funzione degli organismi di rappresentanza e il movimento associativo di base aderente all’Unione. Le società sportive, inoltre, non trovano adeguate risposte organizzative nella predisposizione dall’attività nazionale di specialità. I comitati regionali costituiti sono pochi, e spesso non all’altezza delle necessità.

L’apparato di direzione nazionale, oltre a noi due, è formato da quadri che mai hanno diretto un’organizzazione provinciale o una Lega di specialità; pur essendo intelligenti e protagonisti delle lotte radicali allo sport di alto livello tra il 1969 e il 1974. Escluso Mario Gulinelli, probabilmente il più forte intellettuale dello sport italiano e profondo conoscitore dell’organizzazione, nessuno di loro riesce a vantare un’autorevolezza adeguata sulla struttura organizzativa territoriale.

Con il mondo dello sport di alto livello vige una linea di scontro frontale, quindi i rapporti sono sostanzialmente inesistenti, fatto salvi quelli che tu intrattieni in qualche modo. Eppure, per condurre una battaglia politica, pur nelle divisioni anche accese, è indispensabile avere dei punti di contatto anche con gli avversari, solo così si può sperare di giungere a un qualche confronto. Con gli Enti di promozione sportiva esistono rapporti positivi, specialmente con Csi e US Acli, ma manca una strategia politica unitaria strutturata.

Infine, le relazioni con la politica e le forze parlamentari. Con il responsabile sport del partito comunista i rapporti sono conflittuali, mentre tu intrattieni buoni rapporti con la direzione del partito socialista. Nient’altro? Sì, i contatti con una parte delle amministrazioni locali e con i partiti della sinistra a livello locale sono buoni, anche se esigono di essere estesi e qualificati, specialmente dove l’Uisp è tradizionalmente più debole, cioè oltre i territori toscano e emiliano-romagnolo.

Il lavoro da compiere non manca, per cui ci mettiamo al lavoro in modo convergente sugli obiettivi necessari al consolidamento dell’Unione e della sua politica. Riassumo quelli principali: consapevoli che il progetto di riforma dello sport incontra difficoltà difficilmente superabili, è opportuno lavorare per obiettivi intermedi, quale il riconoscimento degli enti di promozione sportiva da parte del Coni, basato su criteri chiari e espliciti; ricostruire il quadro dirigente a livello provinciale e dar vita ai comitati regionali e provinciali dove non esistono, con particolare attenzione al sud del paese e alle aree bianche del nord dove siamo molto deboli; riflettere sulla linea complessiva dell’Unione per dotarla di una base culturale aggiornata; rafforzare e ampliare le leghe di specialità e tentare di collegare la politica dei Centri anche all’attività delle migliori società sportive; rafforzare la politica di formazione di quadri tecnici e politico-sportivi, dotando l’Unione di materiali di formazione adeguati; affrontare i temi legati alle deleghe alle Regioni e agire per l’approvazione di leggi regionali sullo sport che vadano incontro alla nostra idea di “sport servizio sociale”, ecc.

Per raggiungere questi e altri obiettivi necessitano alcuni punti di forza e di contatto. La battaglia per la riforma dello sport, ad esempio, per passare dalla propaganda alla pratica, può iniziare realmente solo se riusciamo a convincere anche qualche altro partito a presentare progetti di legge che corrispondano o si avvicinino alle posizioni dell’Uisp. Con il governo non abbiamo rapporti e il Coni vede come fumo negli occhi un progetto complessivo di riforma – gode di un sostanziale regime di monopolio in ambito sportivo, nei rapporti con la scuola e nella consulenza tecnica per l’impiantistica verso gli enti locali, quindi si guarda bene dall’aprire dei varchi –.

Per ottenere il riconoscimento degli enti di promozione sportiva è indispensabile aprire un confronto diretto con il Coni e tessere una più solida unità tra gli enti, cercando di schierare sullo stesso obiettivo anche le forze politiche più vicine, in modo di ridurre le resistenze nel gruppo dirigente olimpico.

Io manco di ogni esperienza nei rapporti con la direzione nazionale del Coni, mai ho incontrato i massimi dirigenti, per cui avverto il bisogno di rendermi conto personalmente dei margini di lavoro possibili in quella sede; penso che la cosa migliore sia di tentarla fuori dall’ufficialità, seguendo una via riservata, della quale, caro Ugo, non ti parlo. Grazie a un ex presidente del Coni di Ravenna, Paolo Borghi, diventato dirigente nazionale del Coni, e con il quale ho intessuto buoni rapporti nella mia città, organizzo una cena a tre, a casa mia, col segretario generale dell’organizzazione olimpica, Mario Pescante – Giulio Onesti è ancora presidente –. La conversazione si snoda cordiale, non riprendiamo le posizioni tenute dal Coni e dall’Uisp negli ultimi anni, per cui nessuno dei due è chiamato a difendere le proprie. Tutti e due desideriamo capire cosa si può fare per uscire dall’impasse relazionale. Il confronto avviene in modo franco, sia sui temi del riconoscimento degli enti di promozione sportiva che sulle leggi regionali, senza dimenticare di “annusarci” per potere valutare se esistono altri temi sui quali aprire margini di confronto. Pescante mi fa capire che sul riconoscimento degli enti di promozione sportiva è necessario che ci presentiamo unitariamente, su posizioni comuni. Oramai, il Coni vive con un certo imbarazzo le richieste separate provenienti dagli enti di promozione. Pescante conviene che, dopo avere risolto il problema del riconoscimento, sarebbe interessante trovare anche una sede di incontro e discussione comune, coinvolgente tutte le organizzazioni sportive, per ragionare sulle politiche sportive, e verificare se esistono margini di convergenza. D’altra parte, il successo delle sinistre, la possibile approvazione di leggi regionali più avanzate sullo sport, ecc., suggeriscono al Coni di preferire una nuova strada rispetto al passato.

Consapevole che sei l’unico della direzione nazionale dell’Uisp ad avere mantenuto cordiali rapporti con il Coni, non te ne parlo perché non serve, mi basta avere acquisito il livello di “temperatura” politica in quell’ambito per non rischiare di muovermi su posizioni controproducenti.

Con il partito comunista comincio a ritessere relazioni con Ignazio Pirastu, responsabile dello sport della direzione nazionale, che prova inutilmente a schierarmi contro gran parte del gruppo dirigente dell’Uisp. Nonostante capisca che non esistono margini di manovra in quella direzione, si impegna a rimettere in funzione la commissione sport del partito con un diverso coinvolgimento di quadri comunisti dell’Uisp impegnati ai diversi livelli di direzione; dell’esito dell’incontro ti informo con tempestività.

Iniziamo a intensificare gli incontri con la direzione del Csi, poi con l’US Acli, e in pochi mesi costruiamo le condizioni per la costituzione del “Comitato di coordinamento tra gli enti di promozione sportiva”, con l’obiettivo di concordare una proposta comune.

Nello stesso tempo cominciamo a colmare molte delle lacune di direzione nei punti più carenti del territorio nazionale. Iniziamo il consolidamento dell’attività di produzione di dispense e testi per la formazione dei quadri tecnici e politici, ma anche a sostenere l’edizione di pubblicazioni di approfondimento sul fenomeno sportivo e sulla formazione fisica, a intensificare le traduzioni di studi esteri; il tutto sotto la direzione di Mario Gulinelli.

Qualche difficoltà organizzativa e politica incontriamo nel lavoro di rafforzamento delle leghe di specialità, anche per divergenze che maturano a livello centrale con i dirigenti del settore, fin quando arriviamo all’organizzazione di un seminario di studio promosso in vista del congresso nazionale dell’Arci: “Per una teoria della cultura fisica in Italia”. Sappiamo che l’appuntamento è delicato, due relazioni ci espongono a possibili divergenze interne, specialmente a livello centrale: la prima, di carattere teorico, assegnata a Mario Gulinelli e l’ultima, che affronta anche risvolti di linea politica, sui problemi posti dallo sport di alto livello. La tengo io, ed è una decisione presa insieme; valutiamo che essendo la più spinosa, appunto per le implicazioni di linea politico-sportiva, è giusto che sia il nuovo segretario generale ad assumersene la responsabilità. Ai lavori che si tengono nel marzo del 1976, partecipa il meglio del quadro dirigente dell’Uisp, vecchio e nuovo, una importante delegazione dei quadri di maggior rilievo dell’Arci-Uisp, spesso ex dirigenti dell’Unione, e vari specialisti impegnati sulle problematiche collegate al fenomeno sportivo.

A rileggere ora quelle relazioni non ci si capacita di come quella proposta possa essere stata interpretata come un mutamento sostanziale di linea politica; anzi, se si può fare un rilievo critico, bisognerebbe dire che si avverte una cultura politica ancora troppo chiusa nel recinto operaista. Nonostante ciò, alcuni protagonisti dell’apparato nazionale la vivono come una sorta di tradimento degli ideali di contestazione allo sport di alto livello, per cui fanno sorgere piccole turbolenze nelle acque interne, sostanzialmente in sede nazionale o poco più, pensando di potere interrompere la navigazione di una riflessione diventata troppo urgente. Come scriverai negli atti pubblicati a distanza di un anno, il risultato raggiunto in quella sede rappresenta "il punto di partenza per un approfondimento teorico dal quale derivare gli elementi di arricchimento della azione politica e del ruolo della associazione" [7]. Se la relazione teorica ha aperto spazi per un dibattito non ideologico sullo sport di alto livello, la mia relazione richiama la necessità di non fare di tutta l’erba un fascio, ma di distingue tra i valori insiti nella ricerca della prestazione e le distorsioni indotte dal professionismo, dello spettacolo sportivo, dalla sua commercializzazione, dall’errata o colpevole politica condotta dal Coni e dalle Federazioni, ecc. L’intenzione è di liberare la nostra azione da schematismi ideologici e aprire margini per un confronto anche all’interno del mondo sportivo di competizione, chiamandolo a misurarsi con l’evoluzione dei pensiero sportivo contemporaneo, con i nuovi bisogni dell’uomo e per fare avanzare, anche a quel livello e in quel mondo, una gestione democratica e partecipata dai diversi protagonisti.

La gran parte del quadro dirigente dell’Unione attende questa apertura che non implica alcun mutamento di attenzione e di azione sulle contraddizioni e sui ritardi dello sport e della politica. Tu ed io concordiamo nel portare avanti il confronto, che riteniamo necessario per uscire da un sostanziale isolamento elitario, che si considera custode e unico portatore di un presunto pensiero “rivoluzionario”, per conto di tutto lo sport e degli interessi del movimento dei lavoratori. Dopo il seminario, gli oppositori decidono di continuare la loro battaglia, almeno fino all’VIII congresso dell’Unione, previsto per il 1977. Nel frattempo ha preso corpo l’uscita del nuovo giornale dell’Uisp: "Uispress".

Il confronto unitario maturato tra gli Enti di promozione sportiva porta all’elaborazione di una proposta da sottoporre al Coni. In breve tempo l’organizzazione olimpica decide di accoglierla e, il 24 giugno 1976, ufficializza il riconoscimento degli Enti di promozione sportiva. In tal modo, la questione del finanziamento agli enti di promozione non è più appeso a trattative politiche o alle vicinanze culturali con determinati partiti, il che rafforza ulteriormente l’autonomia politico-culturale delle singole organizzazioni. in questo modo un altro passo è maturo, il 5 luglio viene istituito il Comitato Coni-Enti di promozione sportiva, per l’approfondimento di possibili obiettivi da concordare.

Tutto ciò avviene a cavallo delle elezioni politiche per il rinnovo del parlamento, quando l’elettorato consolida l’avanzata del partito comunista; mentre il partito socialista, pur confermando il risultato delle precedenti elezioni politiche, perde due punti rispetto alle elezioni regionali; un risultato che crea le condizioni per un passaggio di mano alla direzione del Psi e un mutamento di linea politica, con l’avvento di Craxi alla segreteria. Per la sinistra socialista è la sconfitta decisiva e, da quel momento, tra i due maggiori partiti della sinistra si apre una divisione senza soluzione di continuità, a volte anche aspra; da un lato la linea politica del Pci, imperniata sulla strategia del cosiddetto “Compromesso storico”, dall’altra la linea di Craxi e del gruppo dirigente che si è raccolto attorno a lui, che non prevede concessioni alla proposta comunista e alla sua idea di incontro tra la sinistra e il mondo cattolico nella direzione del paese. Craxi ha conquistato la segreteria del suo partito per ingaggiare una battaglia per l’egemonia socialista nella sinistra e una competizione al governo del paese con la Dc. Nonostante le divergenze appena accennate, per la prima volta nasce un governo, presieduto da Andreotti, che può avvalersi dell’astensione del Pci: è l’agosto del 1976.

È facile immaginare come queste nuove conflittualità politiche, e la novità del governo, definito di solidarietà democratica, provochino ripercussioni ad ogni livello e introducano novità rilevanti nel lavoro politico delle organizzazioni sindacali e delle associazioni che si sentono parte del movimento dei lavoratori: comprese quindi l’Uisp e l’Arci-Uisp.

Mi sto chiedendo, caro Ugo, che senso abbia questo mio racconto sull’Uisp e su di noi, questo ostinato tentativo di mettere ordine nei processi politici di quel tempo. Coloro che si sono succeduti alla direzione dell’Usip negli anni seguenti, mi pare lo considerino una sorta di “preistoria”, da citare qualche volta, semmai distrattamente, o ricordandolo in occasione di qualche decennale. Ho chiamato anche alcuni che hanno lavorato con noi, esternando questa sentore di inutilità che mi assale nello scrivere di cose ancora tenere per la passione che ci abbiamo riversato. Purtroppo non mi hanno assecondato, sia Mauro (Riccucci) che Giovanna (Gianvito) insistono perché continui; chissà, forse sei del loro stesso parere.

Ebbene proseguo. Il 1976 si conclude con il congresso nazionale dell’Arci-Uisp, la strategia approvata dal precedente congresso, la programmazione culturale sul territorio sta incontrando difficoltà ad affermarsi fuori dalle aree forti dell’Associazione di Cultura, Sport e Ricreazione, che da questo momento aggiusta il proprio nome in Arci. Non ce ne accorgiamo ma l’era della storia nella quale siamo nati tutti sta proprio per finire, gli impianti ideologici si rivelano inadeguati, sta per nascere un associazionismo nuovo, imperniando sui diritti della persona e non più prevalentemente delle classi sociali. Una parte di coloro che non colgono gli scricchiolii che stanno emettendo le ideologie portano alle estreme conseguenze le loro convinzioni, con chiusure schematiche o, ancor peggio, con la lotta armata, a destra e a sinistra.

Torniamo a casa da quel congresso con la convinzione di essere dentro la storia con il nostro bagaglio di esperienze e di strumentazioni analitiche e operative e, nelle stesse settimane, come Uisp, abbiamo ingaggiato una decisa battaglia per costruire un movimento di opinione che chiede alla squadra italiana di tennis di non partecipare alla finale di Coppa Davis, contro quella del Cile, oltretutto nello stadio utilizzato per imprigionare, seviziare e uccidere migliaia di donne e uomini. Siamo dalla parte giusta, ma a un certo punto il segretario in esilio del partito comunista cileno chiede alla sinistra italiana di lasciare che la squadra vada a Santiago, per gareggiare e sconfiggere la nazionale del loro paese, in modo da infliggere a Pinochet e alla dittatura militare una batosta mediatica. Dentro ognuno di noi si annidano dubbi se sia giusto rinunciare alla lotta ingaggiata, ma anche grazie a questa esperienza molti imparano a guardare gli avvenimenti della storia internazionale sollevando gli occhi dal proprio ombelico e dagli estremismi verbali.

Il nostro lavoro procede, le attività si estendono, non solo con i Centri e le iniziative non agonistiche, ma anche nello sport di competizione; organizziamo nuove discipline, le leghe di specialità si rafforzano. La base associativa cresce e nuove società sportive aderiscono all’Uisp, mentre cominciamo a gettare lo sguardo oltre il già noto. Giovani quadri dirigenti sono diventati presidenti o segretari dell’Unione ai vari livelli territoriali e anche regionali, nelle aree del sud iniziamo a porre basi più promettenti; ed è in questa condizione che nel giugno del 1977 arriviamo all’VIII congresso dell’Unione. I delegati rappresentano  310.000 associati, 100.000 associati in più di quelli che l’Unione aveva sul finire del 1975. Le riflessioni iniziate al seminario tenuto quindici mesi prima hanno cominciato a dare i loro frutti, il congresso approva le tesi elaborate sul quel solco, e alcuni lasciano l’apparato centrale; a loro subentrano giovani quadri dirigenti sperimentati sul territorio e qualcun altro in fase di formazione. Per la prima volta, ai vertici delle strutture territoriali dell’Uisp, si segnala la presenza di donne, e anche nella sede di direzione nazionale, dopo decenni di assenza, sta per entrare una giovane proveniente dall’atletica, che si insedierà all’ufficio stampa. (1-continua)


[1] La testimonianza di Ugo Ristori, come quella degli altri dirigenti storici dell’Uisp, è depositata e consultabile presso l’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi dello Stato.
[2] L. Martini, Nascita di un Movimento. I primi anni dell’Uisp, Edizioni Seam, Roma, 1998.
[3] Ivi, pp. 172-173.
[4] Sport e società, Editori Riuniti, Roma, 1976, pp. 184-185.
[5] B. Di Monte, S. Giuntini, I. Maiorella, di Sport, raccontano un’altra storia, Edizioni La Meridiana, Molfetta, 2008.
[6] Ivi, p. 196.
[7] Ugo Ristori, Premessa, in Per una teoria della cultura fisica in Italia, Documenti CE.S.FOR., Edizioni Arci, Roma, 1977, p. 5.

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