Nazionale

"I custodi della bellezza" del nostro Paese siamo tutti noi

Gregorio Arena ha dato alle stampe il suo nuovo libro, in cui si parla di beni comuni, e anche lo sport trova la sua parte. Il commento di T. Iori

 

"I custodi della bellezza" è il nuovo libro di Gregorio Arena, presidente di Labsus-Laboratorio per la sussidiarietà, che invita a riflettere sul significato delle tante esperienze di cittadini che si prendono carico dei beni comuni e, mettendosi in rete in un disegno condiviso, possono diventare il perno di un Patto nazionale per la ripartenza.

Nel volume si parla delle realtà sviluppatesi nel nostro paese, che vedono i cittadini prendersi cura “di parchi, scuole, piazze, beni culturali, teatri, sentieri, spiagge, boschi, aree abbandonate e tanti altri beni pubblici sia materiali, come quelli appena citati, sia immateriali, come la legalità, la memoria collettiva, i canti popolari o i dialetti”. Non si tratta di una mera operazione di supplenza a compiti delle istituzioni, ma, secondo le parole dell’autore, di orgogliosa espressione di cittadinanza, di sovranità e di assunzione di responsabilità verso il Paese e al tempo stesso di creatività trasformativa, in grado, soprattutto quando inserita in una visione consapevole e condivisa, di cambiare il volto delle nostre città.

"Nel libro di Gregorio Arena si parla di beni comuni: anche lo sport trova la sua parte - dice Tommaso Iori, responsabile politiche per l'impiantistica e i beni comuni Uisp - e questo è molto importante. Lo sport è un’attività sociale, anche quando praticata individualmente, tanto più quando svolta in contesti collettivi ed è frutto della libera auto-organizzazione dei cittadini: e saranno soprattutto gli spazi pubblici, inevitabilmente, i luoghi che i cittadini cercheranno e rivendicheranno per praticarlo. Molti luoghi tradizionali dello sport, come le palestre scolastiche, diventeranno spazi preziosi per i bisogni didattici delle scuole, e quindi sempre meno a disposizione delle associazioni sportive. In ambito sportivo, un ruolo fondamentale lo svolgeranno le aree pubbliche attrezzate per lo svolgimento dello sport in forma libera, sempre più diffuse nelle città italiane (per quanto ancora insufficienti, soprattutto nei centri urbani del Sud Italia): campi di basket, pallavolo, calcetto, skate park… Ad oggi, solo in pochissimi casi queste aree sono state oggetto di un processo di condivisione tra amministrazione, associazionismo e cittadinanza: in generale, il Rapporto 2019 di Labsus ci dice che solo il 3% dei Patti di collaborazione sottoscritti l’anno scorso riguarda lo sport". 

Il patto di collaborazione è lo strumento con cui il comune ed i cittadini attivi concordano tutto ciò che è necessario ai fini della realizzazione degli interventi di cura, rigenerazione e gestione dei beni comuni in forma condivisa. "Prima del lockdown - spiega Iori - alcune città avevano cominciato a riflettere sulla possibilità di utilizzare i Patti di collaborazione come strumento per coinvolgere le associazioni sportive nella cura di questi veri e propri beni comuni, per dare risposta alle loro esigenze di spazi per l’attività, garantendo al contempo la libertà di fruizione gratuita per tutti i cittadini e la tutela dei beni stessi. Non un modo fraudolento per aggirare le norme sulle concessioni, ma l’avvio di un processo virtuoso di valorizzazione del capitale umano e sociale dell’associazionismo sportivo per aumentare le opportunità di sport per tutti i cittadini, con un occhio di riguardo alla qualità dello spazio pubblico e alla concreta universalità del suo utilizzo. Che «la palestra dei patti», ponendo istituzioni e cittadini su un più avanzato livello di confronto, possa contribuire a trovare una nuova, inclusiva ed efficace definizione di sport?". 

Secondo Arena, quindi, i custodi sono i cittadini che, singolarmente o entro forme associate, scelgono di prendersi cura dei beni comuni affiancando le istituzioni; la bellezza è l’Italia, paese ricco di storie, culture, paesaggi da tramandare alle generazioni future e oggi da sostenere nello sforzo di ripartenza successivo all’emergenza sanitaria. E il fatto di prendersi cura di beni comuni genera di per sé comunità: “Con il “pretesto” di prendersi cura dei beni comuni del proprio paese o del proprio quartiere gli abitanti di un borgo o di una città escono di casa, scendono in strada, si incontrano, discutono, si organizzano, lavorano insieme con gli altri cittadini e con l’amministrazione producendo senso di appartenenza, senso civico e coesione sociale, liberando le infinite energie positive nascoste nelle nostre comunità”

 

L’auspicio che emerge è che, in questa particolare e delicata fase, sia possibile, a partire da queste esperienze, dare vita ad un Patto nazionale per la ripartenza fra cittadini e istituzioni, fondato sulla cura dei beni comuni. Ciò può poggiare da una parte sul capitale di cittadinanza attiva presente e potenziale, dall’altra su un quadro giuridico che – il riferimento è all’art. 55 del Codice del Terzo settore e ai Regolamenti per l’amministrazione condivisa – offre utili strumenti tecnico giuridici; ma deve ora organizzarsi adeguatamente per collegare le migliaia di esperienze di presa in carico dei beni comuni, comprese quelle che si sviluppano nell’informalità, in una grande rete a scala nazionale che “consenta lo scambio di esperienze, informazioni e competenze fra tutti coloro che, per loro libera scelta, desiderano prendersi cura dei beni pubblici materiali e immateriali”; il sogno è quello di un intero Paese che si prende cura di sé stesso e dei suoi beni pubblici, liberando le infinite energie nascoste nelle nostre comunità per vivere meglio tutti.


Il libro di Gregorio Arena “I custodi della bellezza. Prendersi cura dei beni comuni. Un patto tra cittadini e istituzioni per far ripartire l’Italia” è scaricabile dal sito di Labsus in formato elettronico con una spesa di 5 euro, destinati al sostegno delle attività di Labsus.

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