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Calcio e Resistenza: il nuovo libro di Sergio Giuntini

Lo storico dello sport ci fa conoscere la storia di “’O Cammello. Vita, morti e miracolosi gol di Antonio Bacchetti partigiano-calciatore”

 

E' disponibile, in formato e-book, il nuovo libro di Sergio Giuntini, “’O Cammello. Vita, morti e miracolosi gol di Antonio Bacchetti partigiano-calciatore”, edito da Mimesis Edizioni, 2020. In quesa ultima opera, lo storico dello sport ricostruisce le vicende del giocatore friulano di football degli anni ’40 e ‘50, Antonio Bacchetti. Nato a Codroipo il 17 marzo 1923, è rimasto sconosciuto ai più ma ha giocato nel Brescia, nell’Atalanta, nell’Inter, nel Napoli, nell’Udinese e nel Torino. Un calciatore atipico, partigiano, comunista e membro del Comitato centrale della federazione mondiale della gioventù democratica nel periodo in cui ne era presidente Enrico Berlinguer e l’Uisp partecipava ai suoi Festival organizzati nelle varie capitali europee dell’Europa dell’est (Berlino, Bucarest, Varsavia, Mosca, ecc.).

Un campione dalla storia unica, assolutamente straordinaria. Interprete d’una vita densa e intensa come di rado capita d’incrociarne. Difficile da ricostruire per le labili e frammentarie tracce rimaste del suo passato, apparentemente destinato a un’inesorabile damnatio memoriae. Partendo da qui, dalla volontà di non disperdere quel poco che ancora si poteva recuperare, ne è nato un volume, non certo per celebrarlo, lo stesso Bacchetti non avrebbe gradito l’innalzamento d’un “monumento retorico”, bensì per raccontare d’un uomo, di un calciatore dalle molte vite, tutte ugualmente difficili e vissute/pagate in prima persona. Senza risparmio. Non si tratta quindi né d’una vera e propria biografia né d’un lavoro sociologico, seppure i due piani talvolta inevitabilmente si sovrappongano. Di contro, senza rinunciare alla necessaria rigorosità degli avvenimenti, l’opera di Giuntini utilizza un tono storico-narrativo, anziché storico tout court, che sembra meglio corrispondere a una vita avventurosa, romanzesca, dura e violenta, con tanti colpi di scena, qual è stata quella, inimitabile, di Antonio Bacchetti. Una vita da ricavarci giusto un romanzo, da farne un film senza lieto fine. O perché no, in questa fase in cui gode di notevoli fortune, da realizzarne un’avvincente graphic novel.


Una storia a più dimensioni, che del calcio fa il collante che tiene insieme innumerevoli, diversi temi e piste lungo le quali inoltrarsi. Per alcuni versi tipicamente novecentesca, intrisa delle complesse logiche interne al “Secolo breve”, per altri legata alla dimensione del singolo, ai lati oscuri dell’animo umano. Nondimeno, il travagliato vissuto da Antonio Bacchetti ha consentito all’autore di “divagare” liberamente, rivisitando delle pagine in genere poco frequentate di storia della Resistenza. E se da un lato, attraverso queste digressioni,  riemerge il prezioso contributo recato da numerosi calciatori (e pure ciclisti) alla lotta di Liberazione nazionale, dall’altro la vicenda di Bacchetti riporta al clima di alcuni processi “restauratori” intessuti dai tribunali della nuova Repubblica - democratica e antifascista - a tanti partigiani, i quali, questa la contraddizione insopportabile, battutisi e sacrificati per costruirla su basi nuove si ritrovarono sul banco degli imputati. La sorte toccata segnatamente al nostro Bacchetti che, avendo combattuto da partigiano contro i nazifascisti in Friuli, nel 1951, mentre giocava con grande successo nel Napoli (i tifosi partenopei, di cui era divenuto un beniamino, lo avevano ribattezzato “’O Cammello”), fu processato in Corte d’assise a Udine per un episodio bellico di cui era stato protagonista. Venne chiamato a difendersi da delle accuse infamanti e amnistiato solo grazie alla legge Togliatti del ’46. Processo che, ovviamente, ne compromise la carriera, così come accaduto a un altro calciatore-partigiano sul quale il volume si diffonde altrettanto puntualmente: Guido Tieghi. Centravanti della Pro Vercelli, del Torino, Novara, Livorno, giovanissimo presidente dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia a Vercelli, che dal 1949 al 1951 subì una lunga detenzione preventiva, prima d’esser totalmente scagionato, in un altro processo intentato contro la Resistenza.

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