Nazionale

Razzismo nello sport: un Osservatorio contro le discriminazioni

Uisp, Unar e Rete FARE insieme per fare sistema e conoscere da vicino il fenomeno, nell'alto livello e nello sport amatoriale

 

Pubblichiamo il Comunicato stampa congiunto diffuso da Uisp e Unar-Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali

Lo sport e il calcio sono fenomeni globali e popolari, capaci di veicolare messaggi potenti: per questo non bisogna minimizzare di fronte al razzismo che affiora in campo, sugli spalti e fuori dagli stadi. E’ questo il messaggio emerso con forza nel corso della tavola rotonda promossa a Roma da Uisp, Unar e Rete Fare-Football contro il razzismo in Europa.
Che fare concretamente per contrastare il razzismo? Prima cosa occorre conoscere meglio il fenomeno, per monitorare il mondo oscuro delle violenze discriminatorie che riguardano lo sport, da quello di vertice a quello amatoriale, che, anche senza finire in prima pagina, rappresenta il risvolto più diffuso e meno esplorato del fenomeno. Per questo è stata lanciata la proposta di un Osservatorio nazionale contro le discriminazioni nello sport che possa fare sistema e coinvolgere il maggior numero di istituzioni e organismi pubblici, il mondo dello sport e del calcio, quello del terzo settore e dell'associazionismo sportivo. La proposta è stata sostenuta da tutti i partecipanti alla tavola rotonda.

Si tratterebbe di una novità anche in Europa, visto che, grazie al progetto internazionale Match-Sport, si è rilevato come il Continente sia sfornito di strumenti di questo tipo per monitorare e fornire dati precisi sul mondo sportivo amatoriale e dilettantistico. La creazione dell’Osservatorio consentirebbe al nostro Paese di proporre strategie efficaci e all’avanguardia in Europa per contrastare i fenomeni di razzismo, anche dopo i recenti richiami dell’Uefa. Un’occasione per promuovere un vero spirito di squadra e aprire una nuova stagione di “rispetto”, con assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti coinvolti, pubblici e privati.

Alla tavola rotonda, dal titolo "Strategie, strumenti e buone pratiche per sconfiggere il razzismo. Dai grandi stadi ai campetti di periferia, nella società", che si è svolta lunedi 7 ottobre a Roma, nella sede Unar presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in largo Chigi, hanno partecipato: Triantafillos Loukarelis, direttore Ufficio Nazionale Anti discriminazioni; Vincenzo Manco, presidente nazionale Uisp; John Oliveira, portavoce della Rete Fare; Giuseppe Caridi, vice presidente Lega Nazionale Dilettanti; Fabio Appetiti, responsabile relazioni istituzionali Aic-Associazione Italiana Calciatori; Benedetto Zacchiroli, presidente ECCAR-European Coalition of Cities Against Racism; Manuela Moy, UNHCR; Raffaella Chiodo Karpinsky, membro del board della Rete FARE e Carlo Balestri, responsabile Politiche Internazionali, Cooperazione e Interculturalità Uisp.
Durante l’incontro, nel quale sono state richiamate alcune buone pratiche di sport per l’inclusione come Mondiali Antirazzisti Uisp e Balon Mondial di Torino, è intervenuto anche Alberto Urbinati, dirigente della squadra Liberi Nantes di Roma, con rifugiati e richiedenti asilo.

Per il video della diretta Facebook della tavola rotonda clicca qui

Al termine dell'incontro Raffaela Chiodo Karpinsky, membro del board della Rete Fare, ha tracciato un bilancio dell'iniziativa delineando azioni da intraprendere nel presente e prospettive future:  questa Tavola rotonda ha rappresentato una tappa importante nel percorso che ci vede impegnati da sempre nella lotta al razzismo nello sport, nel calcio e nella società. Ribadire che la lotta al razzismo dev’essere senza se e senza ma non è formale, nel calcio come ovunque nella nostra società. In uno stadio come su un bus. Per sconfiggere il razzismo e ogni forma di discriminazione non bastano le regole e le leggi, che devono essere ferme e devono essere applicate e rispettate. Purtroppo sappiamo che queste sono indispensabili ma anche che da sole non bastano. Abbiamo sotto gli occhi quante volte vengono ignorate e che troppo dipende dalla sensibilità dell’arbitro o delle autorità di turno. Perché le regole siano efficaci, serve che siano applicate e rispettate senza riserve e giustificazioni per nessuno.

Da questo incontro è emerso un messaggio fondamentale: Serve un fronte unito, univoco, che veda istituzioni governative, politiche, del mondo dello sport, la società, civile che non lasci mai alcuno spazio a minimizzazioni di episodi razzisti , esprimendo una condanna netta. Ma anche la condanna non basta. Per quella che è la situazione sociale in Italia abbiamo sicuramente da tempo chiaro che il razzismo è stato troppo spesso “sdoganato”, ha trovato spazio in troppe pieghe. E’ stato il nostro caso fino a pochi mesi fa. Quando un comportamento razzista ha trovato comprensione e legittimazione in figure che rappresentavano alte cariche istituzionali, abbiamo raggiunto il livello di pericolo più serio. Perché invertire una deriva pericolosa non è facile, richiede un impegno ancora più importante. La storia dell’Europa ce lo ha insegnato drammaticamente. In uno stadio come su un bus è possibile sentire cose che non avremmo potuto immaginare qualche tempo fa. E allora per fermare questa deriva serve un vero e proprio processo culturale che agisca nel profondo e deve coinvolgere tutti i settori della società.

L’osservatorio lanciato lunedì in occasione della nostra iniziativa è un tassello importante in questo percorso di ricostruzione civile e antirazzista. Per due ragioni. La prima perché per agire in modo efficace contro un fenomeno bisogna conoscerlo, analizzarlo e la raccolta dei dati permetterebbe la raccolta di quantità e qualità degli episodi. In secondo luogo perché offrire l’opportunità di trovare ascolto per la denuncia di episodi di razzismo, sotto una sponda istituzionale autorevole come l’UNAR significa dare un messaggio netto senza possibili interpretazioni. Questo permette di perseguire un obiettivo importantissimo, soprattutto per chi come noi ci occupiamo di sport di base e sappiamo quanto il razzismo si sia purtroppo diffuso anche a livello amatoriale. I liberi Nantes hanno raccontato bene la loro storia ed esperienza sul campo, nel vero senso della parola. Abbiamo bisogno di lavorare affinché chi subisce razzismo nella serie A così come a livello amatoriale, nei campetti di periferia da pubblico, genitori, calciatori o perfino di chi dovrebbe fare rispettare."

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