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Sport Welcomes Refugees: il video animato con i sottotitoli in italiano  

Ecco il video animato del progetto Sport Welcomes Refugees, che promuove la partecipazione dei rifugiati alle attività sportive di base, sottotitolato in italiano

 

“Ciao, sono Ralph. Amo il mio lavoro da allenatore di calcio. Durante gli anni ho avuto il privilegio di vedere l’impatto positivo che lo sport ha sulla vita delle persone e dei rifugiati...”. Con questa frase inizia il video animato del progetto “Sport welcome Refugees”  che in pochi minuti, illustra, alcune delle problematiche che un’associazione sportiva può incontrare nel lavoro con i rifugiati arrivati da poco nel paese e le possibili soluzioni.

Il progetto “Sport Welcomes Refugees”, finanziato attraverso il programma Erasmus Plus della Commissione Europea e realizzato dai partner della rete Spin - Sportinclusion, ha come obiettivo quello di promuovere la partecipazione dei rifugiati alle attività sportive di base, e di aiutare i club e associazioni che vogliano “aprire le porte” a persone di altre culture.

 Vi presentiamo la versione con i sottotitoli in italiano GUARDA IL VIDEO

I temi individuati dal video sono stati rilevati attraverso l’analisi di otto focus group nei paesi partner del progetto: Italia, Austria, Finlandia, Germania, Grecia, Irlanda, Portogallo e Ungheria. Il video è frutto della stretta collaborazione tra Uisp nazionale e FAI – Football Association of Ireland.

La traduzione dello script video e i sottotitoli sono stati realizzati grazie alla collaborazione tra l’Ufficio progetti nazionale Uisp e l’ufficio comunicazione e stampa nazionale Uisp, che insieme hanno tradotto e adattato al video i consigli e le indicazioni pratiche, per renderle più facilmente fruibili e quindi “per tutti”.

Il video è pensato per essere diffuso attraverso i social media ma soprattutto per essere utilizzato durante momenti formativi. E’ diviso idealmente per “argomenti” in modo che sia possibile fermarlo, approfondire uno o più punti, e ripartire. Il video è stato tradotto nelle altre lingue dei paesi partner del progetto. 

 

Qui di seguito il testo del video in italiano:

“Ciao, sono Ralph. Amo il mio lavoro da allenatore di calcio. Durante gli anni ho avuto il privilegio di vedere l’impatto positivo che lo sport ha sulla vita delle persone e dei rifugiati. Devo ammettere che quando ho cominciato a incontrare dei rifugiati c’era  ancora tanto che non sapevo.”

Sapevate che i migranti forzati nel mondo sono 68.5 milioni e che 25.4 milioni di loro sono rifugiati? Il paese che accoglie il maggior numero di rifugiati è la Turchia con 3.5 milioni, seguito dal Pakistan, dall’Uganda e dal Libano. L’Europa intera accoglie circa il 14% dei rifugiati e migranti forzati di tutto il mondo.

“Per me lo sport offre un linguaggio universale. Ho visto la sua capacità di farci stare insieme e ciò mi dà grande fiducia per il futuro. Nel mio lavoro con i rifugiati ho realmente appreso alcune lezioni e alcuni approcci che reputo siano  utili da condividere.

Mi ricordo quando un nuovo ragazzo, Jamal, arrivò nel nostro club. Aveva un gran sorriso sul volto e io ero così entusiasta di parlargli del nostro club e di coinvolgerlo nelle nostre attività, ma quando ho iniziato a parlare il suo sorriso è stato velocemente rimpiazzato da uno sguardo triste e confuso. Ho capito che vi era uno problema linguistico e ho quindi chiamato il mio amico Ibrahim che conosceva la lingua di Jamal e insieme abbiamo tradotto le mie parole. Il sorriso è presto tornato sul suo volto e Jamal è partito alla grande.

Avere qualcuno disponibile a tradurre non è sempre così facile, quindi ho imparato è che può essere molto d’aiuto avere con sé una penna e un foglio. Se non puoi dire qualcosa, puoi fare molta strada disegnandola. Un piccolo investimento nella comunicazione può avere un impatto molto positivo.

Mi ricordo quella volta che un bambino venne a giocare, il suo nome era Dinka. Provò a giocare a calcio ma stava solo cominciando ad imparare e a sviluppare le sue capacità. Cominciai quindi a mostrargli alcune tecniche per dargli alcune nozioni di base. Si impegnò a fondo e si divertì moltissimo. Come sanno molti allenatori è molto importante adattare la propria sessione al livello dei partecipanti.

Una volta mentre stavamo festeggiando, ho visto Sadika, una ragazza con l’hijab, che sembrava molto delusa. Mi disse che non poteva mangiare quei cibi perché era musulmana. Le ho mostrato che c’erano anche dei sandwich halal e che nella struttura del nostro club vi era un luogo tranquillo dove avrebbe potuto pregare senza essere disturbata. È importante pensare alle persone che fanno parte del tuo ambiente sportivo.

A volte, io ero talmente curioso riguardo alla storia delle persone che ponevo moltissime domande personali. Le persone a volte non amano parlare o pensare alle loro passate esperienze ed è meglio comunicare in un modo differente. Ho preso una palla e ho cominciato a giocare con loro. La nostra connessione è aumentata immediatamente.

Mentre giocavamo a calcio, notai un gruppo di ragazze con dei bambini che stavano semplicemente guardando. Capii che dovevo aiutarle e chiamai le mie amiche Laura e Yasmin. Laura cominciò ad organizzare un gruppo sportivo esclusivamente per donne, mentre Yasmin creò un progetto parallelo dedicato alle attività per i bambini.

Come sportivi non possiamo fare tutto, ma possiamo aiutare col supporto di esperti. Una volta vidi un ragazzo che piangeva in un angolo. Accorsi da lui per dargli una mano ma capii istantaneamente che non era quello il mio ruolo. Binta è una psicologia e un’esperta nella sindrome da stress post-traumatico ed è riuscita ad aiutarlo.

A volte possono esserci delle differenze che influenzano l’allenamento o la costruzione di una squadra. Per esempio non tutti sono abituati a rispettare gli orari degli allenamenti o ad ascoltare gli allenatori. Spesso queste sfide e queste differenze possono essere risolte parlando di ciò che ci si aspetta.

Per alcuni rifugiati, arrivare all’impianto sportivo può essere molto complicato e per le ragazze può essere poco sicuro camminare da sole di notte, dato che i centri per rifugiati sono spesso molto lontani dal centro della città. A volte i centri per i rifugiati o le ONG possono organizzare degli spostamenti di gruppo, che possono rilevarsi più comodi.

Ora, il mio sogno è che invecchiando, qualcuno di questi ragazzi prenda il mio posto. Lei è Ines e lo farà, ne sono sicuro". (articolo realizzato da Francesca Spanò con il contributo di Luca Lollobrigida che ha curato la traduzione del video)

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