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Addio a Eduardo Hughes Galeano

A quattro giorni dalla scomparsa dello scrittore uruguaiano pubblichiamo il ricordo dello storico Sergio Giuntini
Cinque vittorie il Brasile (1958, ’62, ’70, ’94, ’02), due a testa Uruguay (1930, ’50) e Argentina (1978, ‘86): questo il palmarés collezionato dall’America latina nelle varie edizioni dei mondiali. Un primato che si riverbera pure sul terreno della letteratura calcistica. "Grazie agli argentini - osservava Manuel Vazquez Montalban - il calcio ha una sua letteratura e una sua filosofia, talvolta in collaborazione con grandi scrittori uruguaiani come Benedetti o Eduardo Galeano". Dunque, non sottovalutando neppure gli apporti brasiliani (su tutti Drummond De Andrade ed Edilberto Coutinho), qualora si disputasse una ipotetica Coppa del mondo tra narratori del calcio ne uscirebbe senz’altro vincitore il continente sudamericano, terra d’inarrivabili poeti e prosatori del fùtbol all’argentina o futebol alla brasiliana. Tra questi, non potendo che concordare col padre di Pepe Carvalho, Galeano è stato fra i più grandi. Lo scrittore di Montevideo con l’amico argentino Osvaldo Sorianooltre all’amore per il calcio, condividerà anche la difficile condizione di esule politico, avendo dovuto abbandonare l’Uruguay dopo il golpe del 1973. Galeano, il quale ebbe a consegnare questo “insano” innamoramento ad un volume ormai divenuto un classico: Splendori e miserie del calcio (1997). Confessandosi con i lettori, egli spiegava così la sua voluttuosa passione: 
 
Come tutti gli uruguagi, avrei voluto essere un calciatore. Giocavo benissimo, ero un fenomeno, ma soltanto di notte, mentre dormivo; durante il giorno ero il peggiore scarpone che sia comparso nei campetti del mio Paese. Anche come tifoso lasciavo molto a desiderare. Juan Alberto Schiaffino e Julio César Abbadie giocavano nel “Penarol”, la squadra nemica. Da buon tifoso del “Nacional” facevo tutto il possibile per riuscire ad odiarli. Ma Pepe (Beppe) Schiaffino con i suoi passaggi magistrali orchestrava il gioco della squadra come se stesse osservando il campo dal punto più alto della torre dello stadio, ed “el Pardo” (il bruno) Abbadie faceva scorrere la palla sulla linea bianca laterale e si lanciava con gli stivali delle sette leghe distendendosi senza sfiorare il pallone né toccare i propri avversari: e io non avevo altro rimedio che ammirarli, avevo addirittura voglia di applaudirli. Sono passati gli anni, e col tempo ho finito per assumere la mia identità: non sono altro che un mendicante di buon calcio. Vado per il mondo col cappello in mano, e negli stadi supplico: "Una bella giocata, per amor di Dio".

Molte pagine di Splendori e miserie del gioco del calcio rivelano i meccanismi del rapporto perverso instauratosi in America Latina tra sistema calcistico e dittature militari (“I generali e il calcio”, “Il Mondiale del 1978” ecc.), tuttavia le più convincenti risultano senz’altro quelle relative agli eroi eponimi di quel football: Friendenreich, Andrade, Nasazzi, Leonidas, Da Guia, Moreno, Pedernera, Varela, Zizinho, Di Stefano, Didì, Nilton Santos, Pelè, Jairzinho, Rocha, Maradona, Hugo Sanchez, Zico, Romario e tanti altri ancora. Impossibile elencarli tutti, nel loro “spreco vistoso”. Ciò nonostante, all’interno di questa infinita galleria Galeano non riuscì mai a nascondere il suo debole per Garrincha. Quello che fu il campione maggiormente fragile e indifeso: "Non c’è mai stata un’ala destra come lui - scriveva - Nel Mondiale del 1958 fu il migliore del suo ruolo. Nel 1962 fu il migliore giocatore del campionato. Ma nel corso degli anni che ha trascorso in campo Garrincha è stato di più: è stato l’uomo che ha regalato più allegria in tutta la storia del football". Così Galeano raccontava e viveva il calcio. E oggi che ci ha lasciato, non ci resta che salutarlo al modo di uno che, al pari suo (il nostro Gianni Brera), di pallone se ne intendeva eccome: “Che la terra ti sia lieve”.

[Fonte: UISP Nazionale]

 

Alcune opere dello scrittore

Eduardo Hughes Galeano è nato a Montevideo (Uruguay) il 3 settembre 1940 e quì vi è morto il 13 aprile 2015, è stato un giornalista, uno scrittore e un saggista.

Tra le sue opere più significative si ricordano Le vene aperte dell'America Latina, che accusava lo sfruttamento dell'America Latina da parte di poteri stranieri a partire dal XV secolo ai giorni nostri, e Memoria del fuocoun racconto in tre parti: Genesi, Facce e maschere, Il secolo del vento, della storia dell'America del Nord e del Sud.

Galeano è stato anche un appassionato tifoso di calcio: "Splendori e miserie del gioco del calcio" (1997) è un'analisi della storia di questo sport. Galeano lo paragona a una recita teatrale e a una guerra; critica il patto scellerato con le multinazionali e attacca gli intellettuali che rifiutano, per ragioni ideologiche, il gioco e il suo fascino nei confronti delle masse.

È stata una delle personalità più autorevoli e stimate della letteratura latinoamericana. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 20 lingue e combinano documentazione, narrazione, giornalismo, analisi politica e storia, sebbene l'autore stesso non si riconoscesse quale storico.

Eduardo Galeano, come ogni sudamericano, sognava da bambino di diventare un grande calciatore e l'essere divenuto uno scrittore di fama, non l'ha guarito dal rimpianto di esser stato il peggiore giocatore mai comparso nei campetti del suo paese. Questi racconti sono la celebrazione del sogno che il calcio rappresenta nell'immaginario della gente e del mondo che gira intorno al pallone. Un mondo in cui si incontrano i tifosi in pellegrinaggio verso lo stadio; il gol, "orgasmo" del calcio; il portiere, giocatore che con un errore può far perdere un campionato; il rigore che Meazza tirò al Brasile nei Mondiali del '38; Pelè che segna il suo millesimo gol al Maracanà; Eusebio, l'africano destinato a lustrare scarpe e diventato invece la "Pantera" della Coppa del Mondo del '66, e Maradona, che da bambino dormiva con un pallone. Galeano non ignora gli aspetti meno luminosi di uno sport che è anche un lucroso affare.

Ma, come accade agli innamorati, le inevitabili miserie non diminuiscono lo splendore di questo gioco, che è festa per gli occhi di chi lo guarda e allegria delle gambe che sfidano la palla.

Ci sono alcuni paesi e villaggi del Brasile che non hanno una chiesa, ma non ne esiste neanche uno senza un campo di calcio.
Eduardo Galeano, Splendori e miserie del gioco del calcio, 1997

Alcune citazioni famose dello scrittore

Un giornalista chiese alla teologa tedesca Dorothee Solle: “Come spiegherebbe a un bambino che cosa è la felicità?”. “Non glielo spiegherei” rispose. “Gli darei un pallone per farlo giocare”.
(Eduardo Galeano)

"Il gol, anche se è un golletto, risulta sempre un goooooooooooool nella gola dei radiocronisti, un “do di petto” capace di lasciare Caruso muto per sempre, e la folla delira, e lo stadio dimentica di essere di cemento e si stacca dalla terra librandosi nell’aria."
(Eduardo Galeano)

La storia del calcio è un triste viaggio dal piacere al dovere. A mano a mano che lo sport si è fatto industria, è andato perdendo la bellezza che nasce dall'allegria di giocare per giocare. 
(Eduardo Galeano)

Quando il buon calcio si manifesta, rendo grazie per il miracolo e non mi importa un fico secco di quale sia il club o il paese che me lo offre. 
(Eduardo Galeano)

Oggi, il calcio professionistico condanna ciò che è inutile, ed è inutile ciò che non rende. 
(Eduardo Galeano)

Quando il buon calcio si manifesta, rendo grazie per il miracolo e non mi importa un fico secco di quale sia il club o il paese che me lo offre. 
(Eduardo Galeano)

Come tutti gli uruguagi, avrei voluto essere un calciatore. Giocavo benissimo, ero un fenomeno, ma soltanto di notte, mentre dormivo; durante il giorno ero il peggior scarpone che sia comparso nei campetti del mio paese. 
(Eduardo Galeano)

 

[Fonte: Settore Comunicazione UISP Nazionale Lega Calcio]

 

 

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