Correre, voce del verbo andare. Ma anche avventurarsi, conoscere, conoscersi. Ecco come la presentazione di un libro puó diventare l’occasione per parlare di libertà e di senso della vita. Correre diventa una visione del mondo, storia di tante storie, da Jesse Owens a Mandela. Passando per il formicaio di persone che ti ritrovi al fianco quando prendi il via della Maratona di New York o di Corri per il verde. Si è parlato anche di Uisp e della corsa romana che ha formato, e forma, generazioni di runners alla presentazione del libro “La filosofia della corsa”, di Stefano Boldrini, giornalista giramondo, partito alla fine degli anni ‘80 da Paese Sera e dall’Unità per approdare poi alla Gazzetta dello sport. Per parlare del libro Boldrini ha chiamato a raccolta a Roma, alla Casa del Jazz, tanti amici e amiche scrittori e runner.
“La corsa mi ha permesso di conoscere il mondo - dice Stefano Boldrini - Corri per il verde fece scoprire la corsa e l’atletica a tanti ragazzi. Permise a Roma di recuperare molte zone abbandonate. Grazie a Giuliano Prasca: Corri per il Verde fu come l’estate romana inventata da Renato Nicolini. Fece toccare l’importanza della lotta per l’ambiente. Se questa città ha ancora molti spazi verdi lo deve a Corri per il verde e a Prasca”.
“Capisco quello che puó rappresentare la corsa - dice Gabriella Stramaccioni - mi ha fatto conoscere il mondo sociale. Sono stata fortunata perchè per un periodo della mia vita è stato anche il mio impegno principale e il mio lavoro nell’Uisp, con Corri per il verde e l’Uisp Roma e poi con Vivicittà, che è stata la corsa che ha parlato di più di pace e di ambiente. Penso alla corsa e a Vivicittà che è stata messaggera di pace a Sarajevo e contro l’embargo a Baghdad, nel 1998”.
“La corsa è come la livella di Totò, rende tutti uguali - prosegue Stramaccioni - Quando si corre ci si dà del tu, non ci sono differenze di rango nè di genere, in maniera naturale si infrangono tabù”.
“Una storia - riprende Boldrini - è dedicata a Nelson Mandela che nella sua prigionia di dieci anni, ogni mattina, quando si alzava, correva sul posto per 45 minuti”.
“Correre fa bene: sembra scontato ma questa è la piccola grande verità da cui tutti noi partiamo - dice Valerio Piccioni, giornalista - la corsa è tutto e il suo contrario. È il momento massimo in cui interroghi te stesso, fai i conti con gli automobilisti, hai la sensazione che questo dialogo con te stesso produce qualcosa. Al tempo stesso la corsa è un modo per stare con gli altri, è il massimo della socializzazione, ci si saluta sempre anche se non ci si conosce. E ognuno ha sempre qualcosa da raccontare. L’esempio è Corri per il verde e per noi ragazzi degli anni 70 ha rapprentato la riappropriazione della città nella quale vivevo. Il nostro desiderio, in questo nostro modo di vivere, ci fa scoprire un ritmo diverso che ci fa riconciliare con una sorta di lentezza. La necessità di un ritmo diverso. Anche se ti ritrovi al centro di una massa che sta partecipando ad una maratona, hai sempre la possibilità di appartarti con te stesso. Senza smettere di condividere con gli altri quella situazione”.
Roberto Di Sante, autore del testo autobiografico “Corri-Dall’inferno al Central Park: ” E’ un libro scritto col cuore, c’è il gusto per la corsa. La corsa è luce, scrive Boldrini, capisci che la vera ricchezza è avere tanti amici sparsi in tutto il mondo. Ancor prima di correre l’abbraccio prima di partire, tra i gazebo per le iscrizioni, anche se intorno a te piove e fa freddo. Parti che sei morto e arrivi che sei vivo”. La corsa puó guarirti da molte malattie, ti permette di aggrapparti ad un sogno impossibile. “A me - dice Di Sante - è capitato nel mezzo di un periodo della mia vita in cui ero vittima di depressione, dodici anni fa. Ho conosciuto la scorsa per caso, ero afflosciato su una panchina in un parco comunale, ho visto alcune persone correre, dal giorno dopo ho cercato di imitarle e di unirmi a loro. Undici mesi dopo ero al via della Maratona di New York. Si passa da essere comparse ad essere protagonisti”.
«Non importa cosa trovi alla fine di una corsa: l’importante è quello che provi mentre stai correndo. Il miracolo non è essere giunto al traguardo, ma aver avuto il coraggio di partire». A dirlo è probabilmente il più grande corridore di tutti i tempi, Jesse Owens. Non per tempi, non per record, ma per ciò che questo sport deve essere: cuore, passione, anima. Ecco, questa è la direzione del libro: correre a testa alta, con la propensione all’avventura con gli altri e con te stesso. Alla tua velocità. (di I.M.)