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Giochi olimpici e ambiente: l'incapacità di guardare oltre il profitto

Con Francesco Turrà, responsabile politiche ambientali Uisp, una riflessione sul modello promosso dai grandi eventi sportivi internazionali

 

A poco meno di due mesi dal taglio del nastro dei Giochi olimpici 2024 di Parigi il tema della sostenibilità ambientale di questo grande evento internazionale è finito del tutto in secondo piano. Il 26 luglio si aprono i Giochi estivi, annunciati dal comitato organizzatore francese come attenti all’ambiente e sostenibili: l’obiettivo era un’edizione carbon neutral, con emissioni notevolmente ridotte e la compensazione di quelle impossibili da evitare. Successivamente l’approccio è cambiato: in un’ottica più realistica e meno ambiziosa, i Giochi hanno puntato a dimezzare le emissioni di Co2 rispetto a Rio 2016 con l’obiettivo di non superare 1,5 milioni di tonnellate di CO2. Per raggiungerlo l’organizzazione ha scelto di costruire poco, utilizzando molte infrastrutture già esistenti e creandone poche nuove, eco-responsabili e riutilizzabili. Inoltre, verrà promosso l’utilizzo della bici, la sindaca di Parigi ha annunciato il progetto di rendere ogni sito olimpico accessibile in bicicletta: il piano prevede di creare una rete ciclabile di sessanta chilometri che colleghi le sedi delle varie competizioni, di implementare i parcheggi delle biciclette e di aumentare Vélib (il servizio si sharing di biciclette attivo nella capitale). Infine, le Olimpiadi parigine, insieme ad altri eventi sportivi quali il Tour de France o il Roland Garros, aderiscono alla Carta dei quindici impegni eco-responsabili, un documento scritto dal ministero dello Sport insieme al Wwf che serve a definire gli obiettivi che un evento deve raggiungere per potersi definire eco-responsabile. Gli obiettivi sono molto specifici e impediscono così a certi grandi eventi di potersi dire attenti all’ambiente facendo il minimo indispensabile.

Se i Giochi estivi stanno per iniziare e la fiaccola è già in viaggio verso Parigi, quelli invernali 2026, assegnati a Milano e Cortina, sono più lontani nel tempo ma più vicini a noi fisicamente, quindi sono già da mesi argomento di dibattito e analisi, da vari punti di vista, non ultimo quello della sostenibilità ambientale. “I Giochi invernali si svolgeranno in casa nostra ed è partita da subito la retorica sulla sostenibilità anche se i dati oggettivi ci dicono altro - specifica Francesco Turrà, responsabile Politiche ambientali Uisp - la criticità più lampante è stata quella del grande numero di larici abbattuti per realizzare la pista da bob. 500 piante secolari lasceranno spazio a una pista di cemento armato del costo di oltre 120 milioni di euro che verrà utilizzata da una manciata di atleti delle discipline bob, skeleton e slittino. Al netto di questo fatto specifico, quello che emerge, è che la questione ambientale è sempre ammantata da buone intenzioni ma in sostanza tutte le scelte vengono fatte in nome degli interessi economici, sicuramente è andata così per le Olimpiadi di Milano-Cortina”. 

A Giochi Olimpici finiti, inoltre, sarà impossibile convertire la pista da bob ad altro utilizzo, e ai costi ambientali vanno aggiunti quelli economici: serviranno centinaia di migliaia di euro all'anno per la refrigerazione dell'impianto e, secondo le stime del Club Alpino Italiano, per il funzionamento della pista andranno prelevati 3mila metri cubi d’acqua. L'alternativa esisteva ad Innsbruck, in Austria, a poco più di un'ora di auto, con una pista di bob già funzionante, ma si è scelto di non utilizzarla. 

“Queste scelte si scontrano con il fatto che il 19 maggio l’Italia ha raggiunto l'overshoot day (il giorno in cui un paese ha consumato più risorse naturali di quelle che il nostro pianeta è capace di rigenerare in quell’anno) in anticipo rispetto alla media mondiale mentre, ad esempio, la Francia fa un po’ meglio di noi, rimanendo in media - prosegue Turrà - Partendo da una situazione di questo tipo ci prendiamo anche il lusso di abbattere i larici e di continuare a costruire senza che ve ne sia necessità. Si tratta di scelte strategiche che vanno nella direzione opposta rispetto alla sostenibilità ambientale, che vogliono produrre valore economico attraverso l’appalto di nuove opere, anche inutili, come il Palazzetto del ghiaccio di Milano, invece di utilizzare strutture già esistenti. Investire milioni di euro in costruzioni ex novo vuol dire contribuire a inquinare di più, produrre più rifiuti, cementare di più, un circolo vizioso che ha al centro l'interesse economico”.

I singoli casi rientrano sotto un’unica matrice: non ci può essere sostenibilità se non è quello il principio che ispira l’attività, e infatti l’obiettivo è il guadagno economico. “A questo dato di fatto ogni volta si aggiunge qualche annuncio in chiave ambientale, un tocco di green washing per ripulire la facciata, mentre non viene usato nessun criterio di sostenibilità nella realizzazione degli eventi. Inoltre, va detto che pochissime realtà hanno sollevato la questione, ad oggi il tema dell’impatto ambientale è completamente sparito dai quotidiani, anche perchè all’attuale governo non interessa, quindi perde subito notiziabilità. Sta a noi, associazioni e società civile, tenere alta l’attenzione sul tema, con la critica ad un sistema che non mette la tutela ambientale e il benessere delle persone al primo posto. A Parigi qualcosa in più è stato fatto, attraverso azioni riconducibili a strategie e politiche già acquisite in Francia, che portano ad attuare scelte sicuramente più sostenibili anche per i grandi eventi". 

Nel 2024 sarebbe possibile pensare grandi eventi sportivi, e non solo, in un’ottica di sostenibilità ambientale?
“Oggi abbiamo gli strumenti tecnologici e pratici per progettare e realizzare pratiche sostenibili: le Olimpiadi si sarebbero potute fare con un bassissimo impatto ambientale, ma questo avrebbe comportato costi maggiori e guadagni minori. Le conoscenze ce le abbiamo, quello che manca è il coraggio, e la volontà di spostare l’attenzione dal solo guadagno economico”. (Elena Fiorani)