Nazionale

Con lo sguardo del corpo: come comunicare lo sport sociale?

Come raccontare le infinite sfumature dell'espressione corporea: questa è la sfida della comunicazione sociale attraverso lo sport

 

Il 19 e 20 febbraio si è tenuta a Roma la due giorni di riunione nazionale di redazione Uisp: un appuntamento formativo in modalità mista, in presenza e online, con i responsabili della comunicazione dei Comitati e dei Settori di Attività, promosso da Uisp nazionale nell’ambito del progetto Attivati!, finanziato da Sport e Salute spa.

L’iniziativa, a cui ha partecipato un nutrito parterre di relatori di alto profilo, è stata l’occasione per mettere a punto strumenti e strategie di comunicazione condivise, “una cassetta degli attrezzi e ferri del mestiere” utile a raccontare la transizione sportiva di cui l’Uisp è protagonista, e a cavalcare la transizione digitale che coinvolge e/o sconvolge il mondo stesso della comunicazione.
Ascoltare quindi, precedere o anticipare, per non subire o arretrare.
Tante sono state le suggestioni di questo incontro nazionale, le chiavi di lettura fornite, gli spunti messi in campo per dare voce e comunicare il terzo settore e lo sport sociale e per tutti.

E in questo scritto “intimo e diaristico”, che non ha quindi la pretesa di informare o essere esaustivo, condivido le mie impressioni sulla prima giornata di lavori di cui ho ricucito e montato alcuni “frame” secondo un fil rouge, parziale e soggettivo, che ha dato vita a questo mio “personale film”, una metafora che parte dal corpo per approdare alla comunicazione di quello associativo.

Nell’intervento “Chiamatemi Ismale: conoscere e mediare, la nuova avventura”, Ivano Maiorella, responsabile dell’Ufficio stampa e comunicazione Uisp nazionale, ha sottolineato che il corpo è al centro, come lo è sempre stato, anche nel suo gesto atletico e sportivo, agli albori del cinema e  della fotografia. E da queste parole riparto come primo ciak. 
Un corpo fisico con i suoi bisogni e la sua quotidianità che è allo stesso tempo identità, origini, cultura, territorio, struttura valoriale e relazionale, ma anche corpo politico e associativo.
Un corpo che troppo spesso diamo per scontato, trascurandolo, dimenticandone le esigenze, il nostro corpo che sotto stress o presi dalle routine e dal lavoro quotidiano neanche più ascoltiamo o rispettiamo. 

Bisogna allora tornare ad essere riflessivi, come suggeriva il professor Andrea Volterrani dell’Università di Tor Vergata nel panel “Comunicazione sociale, mappe e tendenze in atto nel terzo settore e nel sistema sportivo”, capaci cioè di riscoprirlo, osservarlo e ascoltarlo, scoprendone limiti, potenzialità, punti di forza e debolezza, per disvelare prima a noi e poi agli altri, tutto il suo potenziale narrativo.
È quindi necessario tornare a percepirlo, ad abitarlo con consapevolezza, a rimetterlo al centro prendendone le distanze, al fine di osservarlo da diversi punti di vista, da angolazioni e prospettive sempre nuove e diverse: quello sguardo nuovo, capace di andare in profondità, di cui parlava anche la portavoce del Forum del Terzo Settore, Vanessa Pallucchi, nello stesso panel.

Lasciare quindi che questo corpo, finalmente interrogato, ci parli e suoni la sua musica jazz.
Sì perché una jam session altro non è che integrazione, unione, sovrapposizione “armonica” di più strumenti, nel nostro caso comunicativi, capaci di avvicendarsi e raccontare un tema prestabilito. Una storia personale come quella di Margherita, approfondita da Monica Matano, giornalista Rai Sport, e da Laura Bonasera, giornalista di La7 e responsabile comunicazione  “Giocare per diritto”, che è anche un faro acceso sulla storia e lo sforzo collettivo di un corpo e una rete nazionale chiamata Uisp.

Ma ogni corpo è nudo e tocca a noi vestirlo, “preparando un bel piatto”, come ha suggerito il giornalista sportivo Carlo Paris o il “formato giusto” citando la professoressa Gaia Peruzzi, dell’Università La Sapienza di Roma.
Un look che sia allo stesso tempo rappresentativo della propria storia, dei propri valori ma anche attento al sistema moda-media mainstream, alle regole del gioco di una cultura sempre più digitalizzata, un vestito al passo con i tempi e adeguato al contesto e ai mezzi usati.  Una “narrazione coinvolgente quindi e ben confezionata”, come ha detto Fabrizio Minnella, responsabile comunicazione Fondazione Con il Sud.
Perché si sa: “l'abito fa il monaco anche per i giornalisti”.

Solo un corpo capace di rimettersi al centro con uno sguardo riflessivo, visionario e curioso, può diventare terreno fertile per aprirsi alla straordinaria meraviglia del quotidiano e toccare con esso le corde emotive che hanno reso celebri le istantanee prima, e le pellicole poi, dei fratelli Lumiere.
Un treno a vapore o l'uscita da una fabbrica inchiodarono le persone a pagare per assistervi grazie al cinematografo, noi donne e uomini di sport, potremmo coinvolgere giornalisti, piattaforme e l'intera rete se solo riuscissimo ad alzare lo sguardo dell'orizzonte in cui siamo immersi e “consumandoci le suole”, sempre citando Carlo Paris, riscoprire quanta bellezza, forza e fascino c'è nel nostro mondo-costellazione sportiva.
Proprio quel quid che ci catturò all'inizio... quel qualcosa di indefinibile e magico che ci ha permesso di metterci in viaggio a fianco dell'Uisp.

Salire su un treno pieno di vita e di storie, che collega spazi e territori diversi e distanti, che pullula di sport, emozioni, vestiti e dialetti, questo no... non è da tutti.
È una scelta, è un'opportunità offerta e non un favore o una concessione: sta a noi individuare il formato giusto, comunicarla bene e lasciare poi che qualcuno, innamorato della verità, di un sogno, di una storia di inclusione e riscatto, conscio che il valore dello sport è ora riconosciuto anche in Costituzione, decida di salire a bordo con noi, pagando il biglietto di spazio e di tempo, per regalarsi e regalarci lo stesso viaggio. (A cura di Silvia Saccomanno, ufficio progetti Uisp)