Nazionale

Prende forma il progetto nazionale Uisp sulle palestre popolari

Simone Sallusti è il coordinatore del progetto nazionale dell’Uisp sulle palestre popolari, oltre che istruttore di pugilato in tre palestre popolari di Roma, lo abbiamo interpellato per farci illustrare la realtà di queste strutture e gli scopi del progetto.
“Quello delle palestre popolari è un fenomeno che nasce anni negli ’90, - ci spiega Sallusti - sono associazioni sportive costituite all’interno di spazi sociali, prevalentemente centri sociali e luoghi occupati, e nascono quindi come filiazioni di realtà non sportive ma sorte su temi socio-politici. Quando hanno deciso di aprirsi all’attività sportiva alcune di queste strutture si sono affiliate all’Uisp”.

Quali sono le caratteristiche distintive di queste realtà?
“Le palestre popolari nascono in contesti diversi e da storie eterogenee, quindi non è facile trovare elementi caratterizzanti, spesso variano da città in città o all’interno della stessa città, ma alcuni elementi distintivi possono essere:
- la filiazione da esperienze precedenti non di carattere sportivo: collettivi metropolitani, centri sociali, quasi sempre luoghi occupati ma anche associazioni culturali con evoluzioni legittime;
- la localizzazione in aree metropolitane: ne abbiamo censite circa 40 in Italia, quasi tutte all’interno di città medio-grandi, elemento che evidenzia la necessità di luoghi per praticare lo sport, gap colmato in parte dalle palestre popolari;
- la sostenibilità economica: fin dall’inizio hanno rivolto attenzione particolare alle quote associative, che si è cercato di mantenere al di sotto dei livelli di mercato, per rendere più leggero il carico;
- assenza di spazi per attività libere al loro interno: tutti i corsi vengono tenuti da uno o più docenti, con durata di un'ora o un'ora e mezzo e c’è sempre l’istruttore che segue gli iscritti;
- discipline influenzate dalle origini metropolitane: c’è una predilezione per il mondo delle arti marziali e le varie discipline da combattimento, dal karate al kunfu, dal pugilato alla difesa personale, legato alla propensione del pubblico a cercare sicurezza nell’autodifesa.
Su tutto il territorio nazionale abbiamo rilevato una quarantina di realtà esistenti, la città con maggiore concentrazione è Roma ma uno sviluppo notevole si verifica anche al nord, mentre troviamo più difficoltà al sud, sia per carenze di spazi che per le difficoltà nel relazionarsi con gli enti locali”.

Qual è l’obiettivo del progetto dell’Uisp?
“Il mio lavoro consiste nel mettere in relazione queste esperienze: il fatto che siano filiazioni di esperienze sociopolitiche, fa in modo che parlino tra loro solo quando c’è compatibilità politica, arrivando ad opporsi in mancanza di condivisione. Vogliamo arrivare alla costituzione di un network, per dare valore a ciò che è stato fatto e creare supporto sia di risorse che di promozione all’interno dell’universo sportivo. La difficoltà è che spesso siamo visti semplicemente come opportunità di avere un’assicurazione a buon mercato, invece noi cerchiamo di fare un passo avanti e di inserire l’esperienza all’interno del sistema sportivo Uisp. Stiamo cercando di arrivare ad un appuntamento nazionale di confronto, per fare il punto su quello che è stato e darci scadenze a medio termine per impostare un lavoro che sia in prospettiva. Inoltre, stiamo realizzando un video inchiesta focalizzato sull’esperienza di Roma, che verrà presentato in anteprima durante l’Assemblea nazionale di settembre a Rimini”.
(E.F.)