Nazionale

Pubblicati i dati del Dossier statistico sull’immigrazione Idos

Daniela Conti, responsabile Politiche per l’interculturalità e la cooperazione Uisp, illustrare con i numeri la vera dimensione del fenomeno

 

“Anghingò questa barca a chi la do…”, purtroppo non è un gioco perché sulle barche delle ONG ci sono esseri umani che a prescindere da quali siano le motivazioni che li hanno spinti a mettersi in viaggio, hanno il diritto ad un approdo sicuro, alla protezione e aiuto. Eppure, in questi giorni torniamo ad assistere a questo orribile balletto della ricerca di un porto dove far sbarcare “le merci”. La disumanizzazione della persona fragile, che diventa paccottiglia raccolta in mare e dislocata da qualche altra parte, perché non si vuole vedere. E ancora più irritante assistere a discussioni di lana caprina, in cui si dice che verranno accolti solo coloro che sono veri profughi in fuga dalla guerra, mentre gli altri “migranti economici” non meritano nulla, come se salire su quei barconi fosse stata una crociera di lusso.

Le motivazioni che vengono addotte per questi comportamenti e proposte di leggi (o adozione di vecchie e il rispolvero di terribili accordi) è sempre lo stesso: “sono troppi”, “non ce la facciamo ad accogliere tutti”, “vengono a rubarci il lavoro” e mi fermo con gli stereotipi che diventano sempre più offensivi. Eppure, se si leggessero i numeri e le statistiche, questi discorsi falsamente sicuritari e allarmistici si sgonfierebbero in un “flop!”.

E i numeri li troviamo nel nuovo Dossier Statistico Immigrazione 2022 realizzato dal Centro Studi e Ricerche Idos, che come ogni anno presenta una fotografia della presenza degli stranieri in Italia: i residenti stranieri sono circa il 9% della popolazione italiana e di questi oltre un quarto sono cittadini comunitari (27%), il 22% asiatici, il 22% africani, il 13% dei paesi mediterranei e il 7,5% americani. Con stranieri si identificano tutti quelli che non hanno la residenza italiana, quindi in queste statistiche ci finiscono gli ambasciatori come gli studenti Erasmus, i richiedenti asilo come i rifugiati. Ripeto il dato: 9% della popolazione italiana. La comunità straniera più grande che vive sul nostro territorio è quella di un paese comunitaria ed è quella dei rumeni (poco più di un milione), seguita da albanesi (443.000), marocchini (429.000), cinesi (330.000) e ucraini (236.000).

Se passiamo al tema sbarchi nel 2021 sono sbarcate in Italia 67.040 persone, ma ci sono altri numeri molto più preoccupanti: 1.553 sono morti o scomparsi in mare (e questa è solo una stima basata sui racconti di chi ce l’ha fatta, potrebbero essere molti di più) e 32.425 sono stati ricondotti forzatamente in Libia, dove vengono rinchiusi nei centri di detenzione, posti in cui vengono torturati e privati di ogni diritto. Ricordiamoci che il 16 dicembre 2021 la Cassazione ha dichiarato la Liba un luogo non sicuro. Nel 2021 le domande di asilo presentate sono state 53.609, di cui il 42% ha avuto una risposta positiva.

Numeri che, quindi, non dovrebbero fare così paura, numeri gestibili, come ci ha dimostrato la recente crisi della guerra in Ucraina con la conseguente accoglienza di circa 15.000 persone, che non ha inciso sul sistema di accoglienza italiano mandandolo in crisi, come qualcuno aveva predetto.

I numeri che dovrebbero spaventare sono altri e sono quelli dell’arrivo di minori stranieri non accompagnati che tra il 2020 e il 2021 hanno avuto un incremento del 42% (12.284 in totale), dato sicuramente incrementato dall’arrivo di molti bambini ucraini.

Il fenomeno della migrazione è nato con la nascita dell’essere umano, che per natura è nomade e si sposta alla ricerca delle migliori situazioni di vita. La distinzione fra migrante economico, per studio o forzato riporta ad una distinzione che non prende in considerazione le persone con la loro storia personale, con le loro scelte anche difficili. Ma se guardiamo i numeri, ancora una volta, ci rendiamo conto che nella nostra “Fortezza Europa”, che attualmente conta ben 16 muri, il numero di persone che accogliamo è davvero esiguo, rispetto a quello di altri paesi. I migranti nel mondo sono 281 milioni, di cui circa 53 milioni sono sfollati interni, 21 milioni rifugiati, 5,8 milioni rifugiati palestinesi del 1948 e loro discendenti, 4,6 milioni richiedenti asilo e 4,4 milioni di venezuelani, a cui va aggiunto un numero variabile di circa 14 milioni di ucraini (alcuni dei quali sono rientrati nel corso dell’anno). Nel 2020 l’Europa ha accolto circa 37 milioni di stranieri, di cui 13 milioni circa comunitari; rifugiati e richiedenti asilo incidono per lo 0,8% sulla popolazione totale. Il resto dei migranti (oltre 200 milioni) viene ospitato  da paesi poveri o in forte difficoltà economica.

È impossibile descrivere le ragioni che spingono ogni singola persona a lasciare la propria casa, affetti, terra e andare in un altro paese e ogni ragione è buona, perché migrare dovrebbe essere un diritto. Ma abbiamo anche qui alcuni dati che ci vengono in soccorso per capire cosa sta capitando al nostro mondo: nel 2021 ci sono stati 32 conflitti (di cui 17 ad alta intensità); 870 milioni di persone soffrono la fame; la crisi ambientale ha generato 24 milioni di sfollati interni, secondo la Banca Mondiale entro il 2050 i migranti ambientali in fuga dai disastri causati dal cambiamento climatico potrebbero arrivare a 220 milioni di persone.

Non sono una fanatica di numeri e statistiche, che spesso risultano essere estremamente freddi e c’è anche chi si diverte a manipolarli a piacimento, ma hanno un grande pregio, se letti nella loro semplicità ci rimandano una fotografia del tutto diversa da quella che viene fuori dai dibattiti in parlamento e, a volte purtroppo, anche da cattivi servizi televisivi o articoli di giornale.

Ma al di là dei numeri, quello su cui dovremo interrogarci è: quali politiche di accoglienza dobbiamo mettere in atto come in Italia e come Europa, che non siano sempre emergenziali, basate su falsi miti e tanti stereotipi. L’accoglienza è possibile, ce lo dimostrano i tanti progetti promossi dalle associazioni del terzo settore e anche dall'Uisp, che da sempre cerca modi di includere persone straniere nelle proprie attività sportive. (Daniela Conti, responsabile Politiche per l’interculturalità e la cooperazione Uisp)

Per leggere una sintesi del rapporto clicca qui

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